Adelfia

comune italiano
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Adelfia è un comune italiano di 16 457 abitanti[1] della città metropolitana di Bari in Puglia. Fu istituito nel 1927 dalla fusione dei comuni di Canneto di Bari e Montrone. Per suggellarne l'unione, al nuovo comune fu posto il nome Adelfia, ossia "fratellanza" (dal greco adelphòs).

Adelfia
comune
Adelfia – Stemma
Adelfia – Bandiera
Adelfia – Veduta
Adelfia – Veduta
Il Palazzo Marchesale dei Nicolai, Canneto
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Puglia
Città metropolitana Bari
Amministrazione
SindacoGiuseppe Cosola (lista civica) dal 20-6-2016 (2º mandato dall'11-10-2021)
Data di istituzione8 novembre 1927
Territorio
Coordinate41°00′N 16°52′E / 41°N 16.866667°E41; 16.866667 (Adelfia)
Altitudine154 m s.l.m.
Superficie33,81 km²
Abitanti16 457[1] (30-11-2023)
Densità486,75 ab./km²
Comuni confinantiAcquaviva delle Fonti, Bari, Bitritto, Casamassima, Cassano delle Murge, Sannicandro di Bari, Valenzano
Altre informazioni
Cod. postale70010
Prefisso080
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT072002
Cod. catastaleA055
TargaBA
Cl. sismicazona 3 (sismicità bassa)[2]
Cl. climaticazona D, 1 402 GG[3]
Nome abitantiadelfiesi
PatronoSan Trifone
San Vittoriano

Madonna della Pietà
Madonna della Stella

Giorno festivoLunedì dell'Angelo (Madonna della Stella)
Ultima domenica di luglio (San Vittoriano)

Prima domenica di settembre (Madonna della Pietà)
10 novembre (San Trifone)

Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Adelfia
Adelfia
Adelfia – Mappa
Adelfia – Mappa
Posizione del comune di Adelfia nella città metropolitana di Bari
Sito istituzionale

Geografia fisica modifica

Territorio modifica

Adelfia è situata a ridosso dei primi pendii delle Murge centrali a circa 13 km dal capoluogo, il territorio comunale ha una superficie di 29 km² raggiungendo l'altitudine massima di 231 m s.l.m. nei territori confinanti con Acquaviva delle fonti e minima di 103 m s.l.m. nei territori confinanti con Bari. Il territorio comunale confina a ovest con Sannicandro di Bari, a nord con Bitritto, Bari e Valenzano, ad est con Casamassima e a sud con Acquaviva delle fonti. Il panorama dominante è in assoluto composto da vigne, molto diffusi sono anche gli ulivi e i mandorli, nella propaggine di territorio che si incunea verso l'interno non è raro incontrare anche roverelle.

Clima modifica

Il clima di Adelfia è mediterraneo, con estati calde e secche, da ricordare nella storia recente l'estate 2007 quando in tutti e tre i mesi estivi ci furono ondate di calore proveniente dall'Africa sahariana in cui si superarono i 45°, e inverni moderatamente freddi grazie alla lontananza dal mare e quindi all'assenza della mitigazione marina nonché alla sua altitudine di bassa collina, ciò consente alla neve di fare la sua comparsa non raramente, con almeno un episodio all'anno, tra i più celebri della storia recente del paese si annovera il marzo 1987, gennaio-febbraio-marzo 1993 con ingenti accumuli che in totale superarono il metro causando molti danni ai tendoni d'uva, gennaio 1999, lo storico 8 aprile 2003 dove caddero più di 20 cm di neve, dicembre 2007, febbraio 2009, dicembre 2010 e, recentemente, primi di febbraio 2012. Le precipitazioni sono abbondanti in inverno e primavera con accumuli di circa 60–65 mm medi mensili, come anche in autunno seppur lievemente minori, molto scarse invece le precipitazioni in estate che si attestano sui 30 mm mensili, dai dati forniti dalla protezione civile è emerso che il 1970 è stato l'anno più siccitoso da quando si effettuano le registrazioni con soli 310 mm accumulati mentre il 1940 è stato l'anno più piovoso con 953 mm accumulati. Dopo una flessione iniziata dalla metà degli anni ottanta e protrattasi fino alla fine degli anni novanta, dagli anni duemila le piogge sono tornate abbondanti sul territorio risultando sempre sopra media.

Storia modifica

Il territorio dell’attuale Adelfia fu sicuramente abitato in epoca pre-romana, come dimostrano gli antichi sepolcri rinvenuti risalenti al VI-V secolo a.c. È anche sicuro che vi passarono gli invasori Goti, Bizantini, Longobardi, Franchi, Saraceni e Normanni, pur non essendoci rimasto nulla da menzionare per confermarlo.[4]

Storia di Montrone modifica

Secondo quanto asserito nel Settecento da don Cataldo de Nicolai, uomo religioso appartente alla famiglia marchesale di Canneto, Montrone sorse nel 982: il commerciante bizantino Roni Sensech, in fuga da Bari sotto l'incalzare delle truppe longobarde di Ottone II, si stabilì su un'altura poco vicina, che si presentava particolarmente adatta al pascolo e al commercio del bestiame. Nacque così il villaggio di Mons Roni (o Monteroni).[4]

Il primo nucleo di abitanti contava 31 persone, tra cui un sacerdote bizantino, che dipinse una Natività in una grotta locale. Su volere di Marco, figlio di Roni, nel 1086, in corrispondenza di quella grotta, fu edificata la cappella della Madonna del Principio, poi consacrata dall'arcivescovo di Bari, Ursone. A quel punto si contavano circa 250 abitanti, che nel 1156 aumentarono ulteriormente per via della distruzione di Bari da parte di Guglielmo I il Malo, re di Sicilia.[4]

Il 18 novembre 1167 il successore di Guglielmo I, re Guglielmo II il Buono, riconobbe Montrone come università (comune) e la diede in feudo ad un suo uomo fidato, Goffredo Tortomanni. Il primo documento storico in cui sono menzionati Canneto e Montrone è infatti la bolla di papa Alessandro III del 28 giugno 1172, in cui vengono indicati i paesi sotto l’autorità di Rainaldo, arcivescovo di Bari: “…Monteronum, Lositum, Cannitum…”. Da questo momento in poi, si può stabilire più o meno esattamente la serie dei feudatari di Montrone: a Goffredo Tortomanni succedette il ravennese Pasquale (o Pascazio) de Palma, avendo sposato la figlia Geronima.[4]

Nel 1266 re Carlo I d’Angiò donò il feudo ad un suo luogotenente, Rodolfo De Colant, venuto con lui dalla Francia per aiutarlo nella conquista del Regno di Sicilia. Nel 1276 il feudo fu assegnato a Sparano da Bari, per premiarlo dell’aiuto prestato contro Manfredi e Corradino di Svevia, pretendenti al trono Siciliano. Morto Sparano, il 28 Aprile 1294 re Carlo II di Napoli (figlio di Carlo I) investì il figlio di Sparano, che era già padrone di Altamura, anche di Montrone, Valenzano e Magliano. La famiglia di Sparano tenne il feudo fino al 1339, quando esso venne ceduto al nobile napoletano Gualtieri Galeoti. Nel 1380, i successori di questo lo vendettero al conte siciliano Gualtiero di Aspruch. Successivamente, re Carlo III di Napoli gli revocò il feudo per darlo al suo aiutante di campo, Riezio Clignetti. Nel 1390, Riezio vendette il possesso al nobile barese Nicolò Dottula, che dotò il borgo di un castello con torre, nucleo dell'attuale palazzo marchesale. Nel 1417 il feudo fu venduto a Nicolò Fusco di Ravello, già padrone di Valenzano. Nel 1423 Montrone divenne possesso del nocerino Niccolò Offieri. Nel 1444 il Codice Diplomatico Barese documenta la vendita del feudo ad un Guarino di Lecce.[4]

Nel 1481 il feudo fu venduto a Giulio Antonio Acquaviva, Duca di Atri e Conte di Conversano, che pose Montrone sotto il controllo di suo figlio Andrea Matteo Acquaviva. Secondo don Cataldo, gli Acquaviva furono impopolari fra la popolazione di Montrone perché volevano "mettere in evidenza nuove consuetudini". Un guardiano del duca venne ucciso, presumibilmente dal popolo, fra Montrone e Rutigliano; a quel punto, nel 1519, gli Acquaviva decisero di vendere il feudo al napoletano Giambattista Galeoti, che ne assunse il controllo il 15 giugno dello stesso anno. P. Natale (che scrive nel 1801) cita nel 1504, come feudatario, Tommaso Paleologo "il Greco", a cui sarebbe stato assegnato il feudo da Ferdinando II d'Aragona in seguito alla sua vittoria contro Luigi XII di Francia per il controllo del Regno di Napoli. Poiché favorevoli a Luigi, gli Acquaviva perserò dunque il feudo, ma lo riacquistarono e ebbero conferma del loro possedimento da parte di Carlo V d'Asburgo, per poi rivenderlo nel 1519 come già detto sopra.[4]

 
Pianta di Montrone nella metà del 1600

Don Cataldo elogia Giambattista Galeoti, poichè fu il primo a fissare dimora nel feudo e realizzò una serie di opere pubbliche per i cittadini (che all'epoca erano circa 500) a sue spese. Ci informa inoltre che i suoi successori, altrettanto graditi alla popolazioni, mantennero il feudo fino al 1629, anno in cui fu venduto ad Aurelio Furietti, principe di Valenzano. P. Natale invece sostiene che Galeoti aumentò le tasse dei cittadini e che con lui iniziò un'era infelice, finita nel 1617 con la vendita del feudo ad Antonia Gentile, vedova di Aurelio Furietti e madre di Francesco Furietti, principe di Valenzano. Ad ogni modo, i principi di Valenzano tennero il feudo fino al 1696, quando esso fu venduto ad Alessandro Bianchi, proveniente dalla famiglia bolognese De' Bianchi (il ramo montronese di Alessandro cambierà successivamente nome in Bianchi Dottula).[4]

Alessandro fu barone di Montrone dal 1696 al 1699, anno della sua morte. Lo succedette il fratello Giovanni de Bianchi. Nel 1706, dal registro dei battesimi, risulta affittuario di Montrone il nobile napoletano Giacomo Capece-Zurlo, probabilmente con Giovanni titolare del feudo. Giovanni fu barone fino al 1753, quando morì all'eta di settant'anni. Ereditò la baronia suo figlio Donato de Bianchi, che per accattivarsi il favore del popolo costruì un frantoio. Donato morì nel 1773 sessantottenne, e fu seguito da suo figlio Luigi. Luigi aveva sposato Francesca Dottula, appartenente alla nobile famiglia barese dei Dottula che tuttavia andava estinguendosi. Proprio per questo motivo nel 1790, su volere di Giordano Dottula, padre di Francesca, il barone Luigi de Bianchi unì al suo cognome quello dei Dottula e gli venne dato in riconoscenza il titolo di Marchese di Montrone. Figlio dei marchesi Luigi e Francesca fu Giordano de Bianchi Dottula, letterato e politico italiano noto per antonomasia come "Marchese di Montrone", che fu anche Intendente di Bari.[4][5]

Nel 1799, Montrone fu protagonista di una triste vicenda. Le truppe francesi di Napoleone avevano messo in fuga Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli, e stavano procedendo alla sottomissione del sud Italia. I cittadini di Montrone erano tuttavia rimasti fedeli al re e mantennero un atteggiamento ostile verso le truppe francesi; per questo, il generale Broussier, facente parte dell'Armata di Napoli, inviò sul luogo un'ambasciata di cinquecento soldati per consigliare ai montronesi di non opporsi al passaggio delle truppe francesi, che dovevano recarsi a Rutigliano. L'ambasciata arrivò a montrone il 5 aprile, e il comandante di questa mandò avanti un trombettiere per annunciare l'intenzione delle truppe di passare amichevolmente. Tuttavia, un tale Giuseppe Macchia fucilò e uccise il trombettiere, scatenando l'ira dei francesi. Infatti le truppe, per vendicarsi, uccisero 83 montronesi, fra cui il parroco Giovanni Battista Cacciapaglia, e saccheggiarono il palazzo marchesale dei Bianchi-Dottula. La confusione generale scatenò inoltre una rissa tra Cannetani e Montronesi fra le campagne, e alcuni cittadini ne approfittarono per aggiungersi al saccheggio del palazzo marchesale. Con il ritorno dei Borbone fu innalzata una croce a memoria dell'eccidio.[4][6]

Successivamente alla conquista francese, a Montrone cominciò a diffondersi il desiderio di liberarsi di alcune tasse imposte dalla famiglia feudataria. La questione si evolse a favore dei cittadini per via degli sviluppi storici in Italia, poiché nel 1806 Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, abolì la feudalità. Da questo momento in poi avrà inizio lo sviluppo edilizio del paese fuori dalle mura del vecchio borgo. Tra il 1815 e il 1820 il territorio di Bari soffrì il brigantaggio delle truppe, logorate dalla guerra. In questa occasione il Marchese di Montrone fu tra quelli ad aiutare maggiormente il comune di Bari, donando 1200 ducati.[4]

Diversi montronesi parteciparono e persero la vita nella prima guerra mondiale; i loro nomi sono ricordati nel Monumento ai Caduti in Corso Umberto I. Nel 1915 nel paese vennero inaugurati l'acquedotto e la luce elettrica.[4]

Storia di Canneto modifica

In antichità, il territorio di Canneto fu forse frazione e necropoli di Celia (odierna Ceglie), importante città della Peucezia. Lo attestano le diverse ceramiche ritrovate sul luogo che ad oggi siedono nei musei di Bari e Taranto[4]

Secondo don Cataldo, Canneto nacque nell'XI secolo. Roberto il Guiscardo d'Altavilla, Duca di Puglia normanno, condusse una campagna militare tra il 1067 e il 1071 finalizzata alla conquista di Bari, che al tempo era tenuta dai Bizantini. Siccome l'assedio si rivelò difficile, presto il duca dovette trovare un modo per riparare il suo esercito dalla stagione invernale. Si ricordò allora di un luogo che aveva attraversato per arrivare a Bari, ricco di canne da zucchero; i soldati normanni si accamparono dunque nelle campagne dell'odierna Canneto, dove furono in grado di costruire 265 capanne per difendersi dal freddo. Due cavalieri si interessarono al territorio, nel frattempo divenuto noto col nome di Cannitum, per via delle sue qualità; uno era di Milano e l'altro di Messina. Portata a termine la conquista di Bari, Roberto il Guiscardo diede il luogo in feudo al messinese dei due, Giosuè Galtieri, uno dei suoi cavalieri più fidati. Galtieri prese dimora nel luogo e sposò la tarantina Beatrice Curcelli. Morì nel 1095, "di dolore", poiché per via della sua vecchiaia non poté seguire Boemondo d'Altavilla, figlio del Guiscardo, nella prima crociata. Lasciò due figli: il primo, Domenico, lo succedette come feudatario, mentre il secondo, Giovenale, condusse una vita ecclesiastica e fece costruire a Canneto una chiesa dedicata a San Domenico.[4]

Nel 1141, quando a Canneto si contavano circa 100 abitanti, la figlia di Domenico Galtieri, Stella Beatrice, sposò il nobile napoletano Alfonso Balbiano, che si trasferì a Canneto. Egli, appartenente ad una famiglia ricca, fece costruire fin da subito delle strade e uno spiazzale. Nel 1146, come era solito nei borghi del luogo, Balbiano fece costruire un'alta torre in stile normanno che serviva ad allertare gli altri comuni in caso di scorrerie di ladri. Fece poi scavare un corridoio sotterraneo che dalla torre terminava verso Acquaviva, nel caso in cui ci fosse stato bisogno di scappare senza esser visti. La costruzione della torre fu utimata nel 1153, lo stesso anno in cui Canneto fu riconosciuto come comune da Ruggero II d'Altavilla, re di Sicilia. Il 21 Aprile 1169 Domenico Galtieri morì, e gli furono eredi Stella Beatrice e Balbiano; quest'ultimo fu dichiarato legittimo sigore di Canneto da Guglielmo II il Buono nel 1176. Nel 1185 Stella Beatrice si ammalò gravemente, e Balbiano pregò la Madonna affinché guarisse. Il giorno dopo quello di Pasqua, Stella Beatrice "da morta si vide nuovamente in vita". L'anno successivo Alfonso Balbiano fece costruire, in segno di riconoscimento, la cappella della Madonna della Stella, sullo stesso luogo in cui era stato sepolto Giosuè Galtieri.[4]

La famiglia Balbiano detenne il feudo di Canneto fino al 1431, quando un Nicolò Balbiano vendette il feudo al napoletano Nicolò Antonio de Ofieri. L'anno dopo un Bernardo de Ofieri lo vendette a Giacomo Passarelli, sempre di Napoli. Nel 1463, poichè senza figli, Passarelli chiamò a suo erede il nipote Giovanni Gerundi, che nel suo arrivo a Canneto portò da Napoli un quadro della Vergine Maria. Nel 1473 si contarono a Canneto 496 abitanti. Gerundì ingrandì il palazzo baronale, ripulì la chiesa e fece fondere una nuova campana; nel 1478 il territorio di Canneto fu colpito dalla pestilenza, e Gerundi fece costruire al di fuori dalle mura del borgo la cappella di Maria Vergine di Costantinopoli, essendo lui devoto ad ella. Nel 1507 un Pietro Gerundi fu successore di Giovanni. Nel 1604 fu barone di Canneto un Alfonso Gerundi, nel 1635 un Francesco Gerundi e nel 1659 un altro Alfonso Gerundi, che sposò una Camilla Capece-Zurlo.[4]

I Gerundi (o Girondi) mantennero il feudo fino all'8 maggio 1719, quando un Giangiuseppe Girondi vendette il feudo a Carlo De Nicolai, famiglia dei baroni di Basville, per 7506 ducati. Carlo De Nicolai divenne il primo Marchese di Canneto. Giunto nel borgo trovò la popolazione demoralizzata, poichè da trent'anni i Girondi vivevano a Napoli. Nel 1730 morì, e gli succedette il figlio Domenico De Nicolai, fratello del Don Cataldo che scrisse le pergamene da cui ci pervergono queste informazioni. Alla morte di Domenico nel 1758 gli succedette Francesco Paolo, e alla morte di questo nel 1775 gli succedette Giambattista, che prese il titolo di Marchese l'anno successivo nel 1776. Nel 1799 a Canneto non si consumò lo stesso eccidio che ci fu a Montrone, e ci furono solo tre morti, uccisi mentre fuggivano impauriti. Nel 1840 fu Marchese di Canneto Carlo de Nicolai.[4]

Nel 1936 il carabiniere Vittoriano Cimmarusti, di Canneto, partecipò e morì nella guerra d'Etiopia, ottenendo per le sue gesta la medaglia d'oro al valor militare.[4]

Nascita di Adelfia modifica

I comuni di Montrone e Canneto, non distanti l'uno dall'altro, mantennero la propria autonomia amministrativa sino al 29 settembre 1927, quando il decreto n. 1903 firmato da Vittorio Emanuele III ne sancì l'unione sotto il nome di Adelfia dal greco "Adelphos" (Άδελφος) che significa "fratellanza". Nonostante la prossimità dei due centri, vi erano spiccate differenze nelle popolazioni - ad esempio sotto il profilo delle tradizioni e del dialetto - che per alcuni decenni si sono tradotte in un forte campanilismo che ha reso difficoltosa la nascita di un'identità cittadina unitaria. Ancora oggi ci sono due cimiteri (uno per Montrone e uno per Canneto), due Chiese Matrici distinte, due centri storici, due scuole elementari, due scuole medie, due centri postali, due feste patronali ecc.[6][7]

Simboli modifica

Lo stemma e il gonfalone del comune di Adelfia sono stati concessi con regio decreto del 31 gennaio 1929.[8]

«Stemma partito: nel primo d'azzurro, al monte di tre cime di verde, movente dalla punta, cimato da una croce latina di nero, accompagnata in capo da due crescenti di argento, quello di destra volto, ed accostata da due stelle dello stesso; nel secondo, pure d'azzurro, a tre leoni seduti, il centrale più in alto e più grande e due posti in basso affrontati, sopra un monte movente dalla punta e dal quale nasce un canneto, il tutto al naturale. Ornamenti esteriori da Comune.»

Lo stemma comunale è l'unione di quello delle due entità precedenti, con una croce su tre colline sormontata da due lune e due stelle per Montrone, e delle canne su una collina per Canneto. Il gonfalone è un drappo troncato di giallo e di azzurro.

Monumenti e luoghi d'interesse modifica

 
Casina Don Cataldo
 
Casina Don Cataldo
 
Palazzo Marchesale

Il patrimonio architettonico di Adelfia può vantare una singolare duplicità, a cominciare dall'esistenza di due diversi centri storici, sorti a pochissima distanza l'uno dall'altro e svilupparsi nel medesimo periodo (attorno all'anno Mille), ma rimasti fino agli inizi del XX secolo entità separate, ciascuno con propri palazzi nobiliari, con propria sede amministrativa, con proprie tradizioni religiose, con proprie chiese e santi protettori. La stele situata su corso Vittorio Veneto presso l'attuale municipio segnava gli antichi confini. Una volta alle spalle, nella proprietà Catella, era situato il cippo confinario.

Le principali testimonianze storico-architettoniche sono pertanto ascrivibili ora a Montrone ora a Canneto.

Architetture religiose modifica

  • Chiesa di Santa Maria del Principio a Montrone (1086).
  • Chiesa della Madonna della Stella a Canneto (1186).
  • Chiesa Madre di Montrone, intitolata a san Nicola di Bari, venne ricostruita attorno al 1711 e consacrata nel 1726; il campanile fu innalzato del 1744 al 1747. Nel 1833 il pittore molfettese Saverio Calò ne affrescò gli interni; nel 1926 il barese Bernardo Caprioli eseguì la decorazione in oro zecchino della parte superiore della chiesa. Vi è contenuta la statua del patrono di Montrone e compatrono di Adelfia, san Trifone martire, opera dell'andriese Riccardo Brudaglio (1783).
  • Chiesa Matrice di Canneto, dedicata all'Immacolata, fu costruita, consacrata e ampliata tra il 1761 e il 1763. Custodisce le reliquie di san Vittoriano martire, patrono di Canneto e compatrono di Adelfia.

Architetture civili modifica

  • Palazzo Marchesale di Montrone: costruito nel 1396 dal feudatario Niccolò Dottula, fu ampliato nel 1519 dal patrizio napoletano Giambattista Galeoti e decorato con affreschi di scuola napoletana, rifinito nella struttura attuale nel 1790 dal marchese di Montrone Luigi de Bianchi Dottula.[9]
  • Casina don Cataldo (Castello dei Fascina) a Canneto (XVII secolo), fu costruita dal Nicolai lungo la strada per Bitritto.
  • Palazzo Angiuli in via Valenzano a Montrone (fine XIX secolo). Nella cappella interna, dedicata all'Immacolata Concezione, si celebra annualmente un concerto ed una messa pro Terra Santa con il patrocinio dell'Ordine del Santo Sepolcro.
  • Palazzo Angiuli in corso Umberto a Montrone (inizio XX secolo), affrescato.
  • Palazzo Stangarone in corso Umberto a Montrone, affrescato (inizio XX secolo).
  • Villa Gigia (Villa Monteleone) a Canneto (XIX secolo).

Architetture militari modifica

  • Torre normanna di Canneto: costruita da Alfonso Balbiano negli anni dal 1147 al 1153, è alta 19 metri e composta di 4 piani; termina con un coronamento aggettante di archetti pensili su mensole. È stata dichiarata monumento nazionale nel 1920, insieme all'adiacente palazzo marchesale di Canneto.

Società modifica

Evoluzione demografica modifica

Abitanti censiti[10]

A lungo il fenomeno dell'emigrazione, prima oltreoceano e successivamente verso l'Europa del nord e il Settentrione, ha caratterizzato il saldo demografico di Adelfia. Ancora oggi il fenomeno è avvertito nelle fasce più giovani della popolazione. Tuttavia, recentemente Adelfia, grazie alla vicinanza e ai buoni collegamenti con la città di Bari, rispetto alla quale presenta un più basso costo della vita e una maggiore tranquillità, ha visto crescere significativamente la popolazione, risultando attrattiva per gli abitanti dei comuni attigui.

Etnie e minoranze straniere modifica

Gli stranieri residenti ad Adelfia al 31 dicembre 2019 erano 446, pari al 2,64% della popolazione complessiva. Le comunità più numerose sono:[11]

Cultura modifica

Eventi modifica

Festa di san Trifone martire modifica

La festa più conosciuta di Adelfia è la venerazione di San Trifone, patrono di Montrone che secondo la tradizione protesse il paese durante l'epidemia di peste del 1691 e scacciò un'invasione di cavallette. L'evento è ricordato nell'iconografia del santo, che presenta sempre una cavalletta sulla lancia.

La festa si celebra ogni anno dal 1º novembre all'11 novembre e in particolare nei giorni conclusivi, per la sua celebre gara di giochi pirotecnici, fa convergere nella città molti turisti provenienti da tutta Italia. In particolare il cuore della festa è il 10 novembre, giorno in cui sfila la processione patronale.

Sin dal primo giorno, la Bassa Musica di Adelfia, localmente nota come u Tammorre (il Tamburo), percorre giorno e notte il centro abitato suonando instancabilmente pezzi popolari, tra i quali l'intramontabile Marcie du ciuccie (Marcia dell'asino). La sera del 9 novembre il quadro del santo viene portato in processione fino in piazza e si procede al lancio della mongolfiera. Da quel momento la serata si anima con i concerti di diverse bande giunte ad Adelfia per l'occasione, i quali si protraggono fino a notte inoltrata.

Il giorno successivo, alle 4 di notte, un colpo secco sparato da un mortaio di 12 cm di diametro sancisce l'inizio della giornata clou: molti fedeli raggiungono quindi la chiesa di San Nicola di Bari per assistere alla prima messa, alle 4:30.

I concerti bandistici, dalle 10, e la riffa, ossia un susseguirsi di offerte dei fedeli che desiderano portare a spalla la statua del santo, precedono la processione. Questa percorre le vie cittadine accompagnata - tra gli altri - da molti bambini che per devozione familiare indossano abiti analoghi a quelli del santo. Alcuni dei bambini accompagnano la processione su cavalli bardati a festa. La consegna delle chiavi della città da parte del sindaco chiude la processione. Nel pomeriggio ha luogo la celebre gara pirotecnica, della durata di circa tre ore.

A conclusione dei festeggiamenti, l'11 novembre la processione percorre nuovamente il paese, e la statua del santo è portata a spalla dagli emigranti tornati ad Adelfia. La domenica successiva alla festa, detta San Trefon 'iinde a ua' 'nnicchie (San Trifone nella nicchia) gli adelfiesi festeggiano la posa della statua del santo patrono nella nicchia della chiesa di San Nicola, dove resterà per l'anno a venire.

Dal punto di vista gastronomico, nel giorno di san Trifone l'avventore si trova coinvolto in una sorta di "sagra dell'agnello" ove si possono degustare presso le rosticcerie allestite per strada, delle "costatine scottadito" e delle frattaglie alla brace ('nghimmiredde), accompagnate da costine di sedano e fette di provolone oltre che dal vino locale.

Altre manifestazioni modifica

  • Festa della Madonna della Stella (compatrona di Canneto, il lunedì dell'Angelo)
  • Festa di San Vittoriano (festa patronale del rione di Canneto - l'ultima domenica di luglio)
  • Festa della Madonna della Pietà (compatrona di Montrone, la prima domenica di settembre)
  • Giornata dell'Emigrante (fine agosto) con il ricordo, in due giorni di festeggiamenti, della rilevante emigrazione che ha caratterizzato il comune di Adelfia.
  • Festa dell'Uva (verso la metà di settembre, risale dal fascismo)
  • San Vittorianicchio (la domenica successiva a quella di San Vittoriano)
  • A canigghj (particolare sfida tra i due rioni)

negli ultimi anni le rassegne dedicate ai vini sono spesso presenti in associazione a musicisti jazz o spettacoli culturali (periodo estivo e vendemmia).

Economia modifica

La principale attività economica adelfiese è la coltivazione di uve da tavola tradizionali, grazie alla vocazione del territorio e soprattutto alle caratteristiche del terreno. L'antica uva Regina (presente in due diverse varietà locali dette Mennavacca e Pizzutella per la forma più o meno allungata degli acini) e l'uva baresana sono i prodotti che contraddistinguono il comune di Adelfia e che spesso conferiscono maggior redditività rispetto a prodotti commerciali a più larga diffusione. Ci sono anche altre uve, come Primus e Moscato nero, comunque destinate a mercati di nicchia. Negli ultimi anni è la produzione di vino primitivo a valorizzare il territorio, diversi premi nazionali ed internazionali stanno rivalutando il vino prodotto puntando alla qualità, ma nello stesso tempo nel rispetto della tradizione, celebre è la convinzione che solo grazie alla valorizzazione del territorio scaturirà un amore per le proprie origini e prodotti della terra. Altra voce rilevante nell'economia cittadina, sebbene in misura minore rispetto agli anni che hanno preceduto l'introduzione della moderna viticoltura, è la produzione olivicola e olearia. Le attività produttive non legate all'agricoltura sono limitate a poche piccole e medie imprese operanti nel settore manifatturiero.

Infrastrutture e trasporti modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Strade provinciali della città metropolitana di Bari.

Adelfia è sita a sud di Bari. Il principale asse di collegamento viario è la strada statale 100 Bari-Taranto, che corre a est del centro abitato. Il casello autostradale più vicino è quello di Bari Sud, di accesso alla autostrada A14 Bologna-Taranto.

I rioni di Canneto e Montrone sono fisicamente separati dalla linea ferroviaria Bari-Putignano in concessione alle Ferrovie del Sud Est. Nel 2010 è stato completato l'interramento del tratto ferroviario urbano finalizzato all'eliminazione del passaggio a livello tra i due rioni ed è stata aperta al pubblico la nuova stazione.

Amministrazione modifica

Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.

Periodo Primo cittadino Partito Carica Note
28 luglio 1988 7 giugno 1993 Antonio Mastrogiacomo Partito Socialista Italiano Sindaco [12]
14 giugno 1993 8 novembre 1995 Francesco Pirolo centro, Democrazia Cristiana Sindaco [12]
10 novembre 1995 10 giugno 1996 Giuseppe Guetta Comm. straordinario [12]
10 giugno 1996 10 gennaio 1997 Emanuela Clotilde Angiuli centro-sinistra Sindaco [12]
10 gennaio 1997 28 aprile 1997 Erminia Cicoria Comm. pref. [12]
28 aprile 1997 14 maggio 2001 Ermanno Maria Nino Macchia sinistra Sindaco [12]
14 maggio 2001 30 maggio 2006 Francesco Nicassio centro-destra Sindaco [12]
13 giugno 2006 12 maggio 2010 Francesco Nicassio centro-destra Sindaco [12]
12 maggio 2010 10 giugno 2011 Vittorio Lapolla Comm. straordinario [12]
19 maggio 2011 20 giugno 2016 Vito Antonio Antonacci lista civica Antonacci il sindaco che vogliamo Sindaco [12]
20 giugno 2016 in carica Giuseppe Cosola lista civica Sindaco [12]

Note modifica

  1. ^ a b Bilancio demografico mensile anno 2023 (dati provvisori), su demo.istat.it, ISTAT.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q Luigi Stangarone, Adelfia, Cenni Storici.
  5. ^ Luigi Stangarone, Adelfia, stemmi e feudatari.
  6. ^ a b Consultazione Archivio Comuni e Stati Esteri, su sister.agenziaentrate.gov.it. URL consultato l'8 aprile 2019.
  7. ^ Consultazione Archivio Comuni e Stati Esteri, su sister.agenziaentrate.gov.it. URL consultato l'8 aprile 2019.
  8. ^ Adelfia, decreto 1929-01-31 RD, concessione di stemma e gonfalone, su Archivio Centrale dello Stato. URL consultato il 31 maggio 2022.
  9. ^ PALAZZO MARCHESALE DEI BIANCHI - DOTTULA | I Luoghi del Cuore - FAI, su fondoambiente.it. URL consultato il 10 agosto 2021.
  10. ^ Statistiche I.Stat ISTAT URL consultato in data 28 dicembre 2012.
  11. ^ Residenti stranieri: popolazione residente e bilancio demografico al 31 dicembre 2019, su demo.istat.it, ISTAT.
  12. ^ a b c d e f g h i j k http://amministratori.interno.it/

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