Albergo Nazionale

edificio di Torino
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L'Albergo Nazionale è un ex albergo di Torino situato in via Roma 254, angolo piazza C.L.N.[1], che era ospitato in un edificio che dal 2020 è chiamato Nuovo Palazzo San Carlo.

Albergo Nazionale
Veduta esterna ex Albergo Nazionale
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegionePiemonte
LocalitàTorino
IndirizzoPiazza C.L.N., 254
Coordinate45°03′59.49″N 7°40′52.35″E / 45.066524°N 7.681208°E45.066524; 7.681208
Informazioni generali
Condizioniin uso, residenziale
Costruzione1933
Stilerazionalista
Realizzazione
ArchitettoMarcello Piacentini

È un luogo storico tristemente noto nella storia del capoluogo piemontese per essere stato, durante l’occupazione tedesca della II Guerra Mondiale, la temuta sede del Comando della Gestapo, presieduto dal Maggiore delle SS, Hugo Kraas e dal comandante del servizio di Polizia di Sicurezza Tedesca Sipo-SD (Sicherheitspolizei), il tenente Alois Schmidt.

Progettazione e realizzazione modifica

La costruzione dell’Albergo Nazionale voluta dal piano di riprogettazione degli spazi tra piazza San Carlo e piazza Carlo Felice[2] richiesta dalla Municipalità torinese all'architetto Marcello Piacentini (1881–1960), vide l’intervento diretto del celebre architetto nella progettazione di alcuni isolati ossia i “retri delle chiese dell’attuale piazza C.L.N., i tre lotti compresi tra Via Roma e Piazza San Carlo”. Gli schemi di facciata sulla via e sulla piazza C.L.N., di carattere “classicista-novecentista”, sono con ogni probabilità proprio quelli proposti e progettati dall'architetto Piacentini.

Nel progetto originale, davanti all'Albergo Nazionale, nell'antistante piazza C.L.N. avrebbero dovuto essere poste, oltre alle due fontane dei fiumi Po e Dora, anche una statua del Re e una del Duce.

La notte fra il 12 e il 13 luglio del 1943 Torino fu bombardata dall'aviazione inglese. Tra i bersagli colpiti vi furono via Roma e piazza Castello, ma l'Albergo Nazionale non fu danneggiato[3].

Durante la Seconda guerra mondiale modifica

Il distaccamento di Torino faceva parte del gruppo Italia-Nord Ovest con sede a Milano, capeggiato dal comandante il colonnello Walter Rauff e aveva giurisdizione su tutto il Piemonte; diviso a sua volta in sezioni, ne prevedeva una, la quarta per l’esattezza, che rappresentava il controspionaggio della Gestapo diretta dal tenente Rudolf Albrecht. Il tenente Alois Schmidt, che di lì a poco sarebbe stato promosso al grado di capitano, fu inviato a Torino fra il 18 e il 19 settembre 1943; si stabilì poi con il suo distaccamento fino al 25 settembre del 1943 dapprima all’Albergo Imperia. Insieme a Schmidt, che presiedeva il servizio di Polizia di Sicurezza Tedesca Sipo-SD, il Tenente Colonnello Maggiore Hugo Kraas fu incaricato di assumere il comando delle truppe della Militärkommadatur 10 che occuparono Torino il 10 settembre del medesimo anno. Il 20 aprile 1944, Hugo Kraas fu nominato SS-Obersturmbannführer e presiedette il comando della Gestapo di Torino alloggiato presso l'Albergo Nazionale[4] con pugno di ferro, divenendo noto per la sua freddezza e crudeltà, tanto da costargli alcuni richiami da parte dei suoi stessi superiori.[4] A seguito della Liberazione Hugo Kraas, Alois Schmidt e le truppe tedesche abbandonarono l'albergo nella notte tra il 27 e il 28 aprile del 1945 alla volta dell'Austria, prima dell’arrivo della III Divisione Partigiana GL che lo trovò, infatti, abbandonato.

Divenuto quartier generale della Sipo SD, il Nazionale come lo chiamano nelle loro testimonianze i partigiani, divenne il luogo dove erano interrogati e barbaramente torturati, talora anche per diverse settimane, i prigionieri politici recidivi, ovvero uomini e donne impegnati nella lotta contro il nazismo, detenuti nelle carceri Le Nuove di Torino oppure fermati nella Caserma A. Lamarmora di via Asti.[5]

Il Nazionale appariva all'esterno recintato dal filo spinato dei cavalli di Frisia e aveva stanze adibite ad ospitare i soldati delle SS, con un costante funzionamento delle cucine come in un normale albergo; ma, nello stesso edificio, altre stanze erano utilizzate come uffici ma altre ancora come luoghi di interrogatori e torture feroci di cui ancora oggi si possono leggere le testimonianze (Archivio Della Deportazione Piemontese, noto con la sigla Adp[6], creato presso l'Istituto storico della Resistenza di Torino o ISTORETO)

Testimonianze modifica

Le testimonianze, fra i tanti antifascisti passati al Nazionale, di Anna Cherchi, Margherita Bergesio[7], Sergio Sarri[8], Giuseppe Berruto[9], Renato Zorgniotti[10], Ignazio De Paoli[11], rendono ragione della spietatezza degli interrogatori a cui vennero sottoposti.

Racconta Ignazio De Paoli, in una sua intervista rilasciata il 24 luglio 1982[12][13]:

«A Torino ci portarono all'Albergo Nazionale, ora piazza C.L.N , dove ci sono le statue della Dora e del Po, e lì era il comando delle SS […] E lì vi era il famoso - e tristemente famoso - capitano o maggiore Alois Schimdt, che a Torino… in Piemonte ne fece piangere molte famiglie… proprio molto famigerato. Comandante delle SS, della polizia. Nazista. E lì come si arrivò, altre botte, perché anche lì, volevano sapere! […] E allora botte: Tac! La testa contro il muro lì, eh… prima cosa… Ed era tutto recintato, fuori, tutto recintato, dai cavalletti di Frisia, in filo spinato. Dopo un paio d'ore ci portarono via. E di fuori vi erano le Brigate nere coi camion che ci aspettavano perché ci volevano portare alla caserma di via Asti […] E invece […] ci portarono alle Nuove»

Giuseppe Berruto, partigiano successivamente deportato, che allora aveva diciassette anni, ricorda così la sua esperienza al Nazionale in un’intervista del 22 maggio 1982[13][14]:

«Mi hanno consegnato subito agli SS tedeschi. Con verbale di consegna e quindi consegnato direttamente. Qui è cominciata la trafila. Quindi, ehm, tre ore in piedi, di fronte al muro, con le braccia alzate, e chi sta tre ore in piedi con le braccia alzate sembra una cretinata, ma, ti dico la verità io, sono state le prime sofferenze. Non riuscivo abbassare le mani perché c'era uno con in mano, un SS, con il mitra puntato, che stava sempre lì. Quando io cercavo di abbassare o di appoggiarle al muro subito un colpo di mitra nella schiena […] davanti ad una porta dove all'interno interrogavano altri, per cui tu sentivi le grida all'interno non sapevi cosa succedeva»

E Margherita Bergesio[15], partigiana ex-deportata, in un’intervista del 2 giugno 1982[13]:

«Entro al Nazionale. Lì mi hanno messa in una camera sola, così, spariscono tutti, ogni tanto vedevo la porta che si apriva, ragazzetti giovani, così […] Poi viene… non mi ricordo più il nome di questo comandante ma tutti lo conoscevano a quell'epoca lì, era un repubblicano che le mancava una gamba, aveva una gamba di legno, era ferocissimo, quell'uomo lì negli interrogatori, ferocissimo […] così due giorni di seguito di interrogatorio, io sempre a dire la solita cosa, e il terzo giorno è venuto il comandante che era tedesco, Schimdt ha assistito all'ultimo interrogatorio mio ecc., e poi ha detto "basta così" dice "una sola cosa vi voglio dire: imparate da questa donna. Guardi che le pinze qui alle unghie, che io le ho cambiate tutte dopo, perché erano nere e sono poi cadute»

Anche Anna Cherchi fu torturata al Nazionale: "Dopo un mese, consecutivi tutti i giorni, che anche all'albergo Nazionale, non creda che mi avessero trattato con i guanti […] E lì c'era una sedia, mi han dato la corrente elettrica"[13] (Cherchi, Adp, p. 47, intervista del 12 novembre 1982). Sergio Sarri[16], partigiano interrogato al Nazionale e successivamente deportato a Bolzano, Flossenbürg e Dachau, ci racconta, in un suo libro[17], del permanere della funzione di albergo e luogo di ristorazione del Nazionale, accanto a quella di luogo di interrogatori e torture. Sarri infatti riferisce[13]:

«Chi doveva accompagnarmi alle Nuove aveva ancora da cenare. Mi portò con sé alla mensa del Nazionale e ci sedemmo con degli ufficiali tedeschi che si alzarono accennando a presentarsi: il mio accompagnatore disse loro qualcosa e si risiedettero ritirando la mano già tesa. Mangiai uova e spinaci, squisiti. Pensavo alla mia cella, alle mie scarpe senza lacci, alla mia barba lunga. La sala era illuminata bene. La tovaglia pulita, i camerieri in giacca bianca. Il mio accompagnatore mi parlava di Benedetto Croce, credo che lo considerasse dalla loro parte»

Dell’avvocato Renato Martorelli[18], socialista e forte oppositore del Fascismo, non rimane oggi testimonianza alcuna a causa del decesso a seguito delle torture subite al Nazionale. Esponente di spicco di area socialista nel Comitato di Liberazione, venne catturato il 30 luglio 1944 a Niella Tanaro e condotto nell'Albergo Nazionale di via Roma 254, dove appunto trovò la morte nell’agosto 1944 (oppure tra il 20 e il 21 - tre versioni 20 agosto Museo Torino- 21 agosto Lapide; Agosto nel santino di ricordo) per le torture subite. Il suo corpo straziato non fu mai restituito alla famiglia. Oggi ricordano Martorelli e la sua abnegazione nella lotta contro il fascismo due lapidi poste l’una in Corso Palestro 10 del capoluogo Piemontese, ex-sede del Partito Socialista, e l’altra posta dal Comune di Torino, per volontà dell'Anpi[19] proprio davanti al portone dell’attuale Palazzo San Carlo dell’ ex Albergo Nazionale.

Il capitano Alois Schmidt, che la partigiana Anna Cherchi nella sua intervista non esita a definire “ferocissimo”, sarà processato dal tribunale territoriale di Napoli nel 1950 con l’imputazione di reato continuato di violenza consistente in omicidio e in percosse e maltrattamenti contro privati nemici; sarà tuttavia assolto da molti capi di imputazione, fra cui proprio il concorso nel reato di violenza, percosse e maltrattamenti ai danni di molti partigiani (Anna Cherchi, Nicola Gioacchino, Giuseppe Carrà Mario Bellone; Pungo Gigante, Gustavo Meltzeid, Giuseppe Monfrino) per mancanza di prove; a danno di Giuseppe Garbagnati e del dottor Jacopo Lombardini, per non avere commesso il fatto. Il capitano Schmidt sarà condannato a otto anni di reclusione.[13]

Epoca moderna modifica

Dopo la Liberazione l'Albergo divenne sede del comando americano di Torino[20].

 
Interno ex Albergo Nazionale

L’edificio ha continuato a fasi alterne ad essere ancora un albergo fino al 2008, anno in cui è stato fatto oggetto di una ristrutturazione finalizzata alla realizzazione di appartamenti di lusso. La residenza che mantiene due entrate, una da piazza C.L.N. 254 e l’altra da via Arcivescovado 2, prevede cinque piani di residenze extra-lusso[21] ed è stata realizzata con materiali all’avanguardia e tecniche edilizie compatibili con l’ambiente, curate da ingegneri affiancati dal Politecnico di Torino.

Nulla ricorda il suo tragico passato, tranne la lapide posta dal Comune in memoria dell'avvocato Renato Martorelli che qui trovò la morte per percosse e sevizie.

Note modifica

  1. ^ All'epoca nota come piazza delle Fontane o piazza delle Chiese.
  2. ^   Risanamento Via Roma, a Torino, su YouTube.
  3. ^ Bombardamento 13 luglio 1943, su museotorino.it.
  4. ^ a b AA. VV. Torino 1938/45 - Una guida per la memoria, Città di Torino, Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea "Giorgio Agosti", Blu Edizioni, Torino 2010, pp. 61-62, 82-84.
  5. ^ Caserma Alessandro La Marmora, su istoreto.it.
  6. ^ Archivio della deportazione piemontese - Istoreto, su intranet.istoreto.it.
  7. ^ Profilo biografico: Margherita Bergesio in Coccalotto, su Archos Biografie [IT BP246].
  8. ^ Profilo biografico: Sergio Sarri, su Archos Biografie [IT BP389].
  9. ^ Profilo biografico: Giuseppe Berruto, su Archos Biografie [IT BP247].
  10. ^ Anna Bravo e Davide Jalla, La vita offesa. Storia e memoria dei lager nazisti nei racconti di duecento sopravvissuti, Franco Angeli, p. 438, ISBN 9788820423933.
  11. ^ Profilo biografico: Ignazio Depaoli, su Archos Biografie [IT BP427.
  12. ^ Depaoli, Ignazio in Archos Biografie [IT BP427]. Trascrizione intervista a Ignazio Depaoli, su Archivio Istoreto, fondo Archivio della deportazione piemontese [IT C00 FD9621].
  13. ^ a b c d e f Albergo Nazionale. Via Roma, 254 (oggi Piazza CLN) (tram: 4-15 bus: 12-63), su istoreto.it (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2008).
  14. ^ Trascrizione intervista a Giuseppe Berruto, su Archivio Istoreto, fondo Archivio della deportazione piemontese [IT C00 FD8880], pp. 21-22.
  15. ^ Trascrizione intervista a Margherita Bergesio, su Archivio Istoreto, fondo Archivio della deportazione piemontese [IT C00 FD439].
  16. ^ Sarri, Sergio in Archos Biografie [IT BP389], su intranet.istoreto.it.
  17. ^ La scatola degli spaghi troppo corti, Cuneo, L'Arciere, 1999, p. 46.
  18. ^ Banca dati del Partigianato piemontese, su intranet.istoreto.it.
  19. ^ Le figure della Resistenza cuneese, su cuneo.anpi.it.
  20. ^ Albergo Nazionale, su museotorino.it.
  21. ^ Emanuela Minucci, Palazzo superlusso, tutto venduto in soli tre giorni, su lastampa.it, 29 marzo 2010.

Bibliografia modifica

  • Fusi, Valdo, Fiori rossi al Martinetto. Il processo di Torino: aprile 1944, Mursia, Milano 1968
  • Bravo, Anna; Jalla, Daniele (a cura di), La vita offesa. Storia e memoria dei lager nazisti nei racconti di duecento sopravvissuti, Franco Angeli, Milano 1988
  • Boccalatte, Luciano - De Luna, Giovanni - Maida, Bruno (a cura di), Torino in guerra: 1940-1945. Catalogo della mostra, Torino, 5 aprile - 28 maggio 1995, Gribaudo, Torino 1995
  • Cipolla, Ruggero, I miei condannati a morte. Lettere e testimonianze, Il Punto, Torino 1998
  • Sarri, Sergio, La scatola degli spaghi troppo corti, L'Arciere, Cuneo 1999
  • Maruffi, Ferruccio, Codice Sirio: i racconti del lager, Stamperia Ramolfo, Carrù 2003
  • Torino 1938-45. Una guida per la memoria, Città di Torino - Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea "Giorgio Agosti" - Blu, Torino 2010, pp. 82–84

Voci correlate modifica

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