Un anguipede è una creatura leggendaria della mitologia gallica il cui corpo termina con una coda di serpente.

Statua di Giove con anguipede, scoperta a Grand ed esposta al Museo della Lorena di Nancy
Anguipede Gigante. Statuetta romana in bronzo, fine del Duecento.
Colonna gallo-romana di Giove con anguipede, ad Arlon (Belgio).

Descrizione modifica

Equivalente al demone Abraxas, questo personaggio simboleggia le forme del male originatesi dalla Terra. Le cavalier à l'anguipède (« il cavaliere con l'anguipede ») rappresenta un gruppo scultoreo di epoca gallo-romana, tipico del pantheon gallico[1]. Raffigura uno strano guerriero divino (paragonabile anche al dio Taranis) ritto sul cavallo impennato che calpesta sotto gli zoccoli un gigante deforme le cui gambe atrofizzate terminano con la coda di un pesce o di un serpente[2].

Secondo un filologo italiano, il fu Giorgio Padoan (1933-1999): «figli di Gea, nati dal sangue di Urano (per vari mitografi dal sangue dei titani), i giganti furono generati per vendicare i titani rinchiusi da Zeus nel Tartaro. Mostri dalla forma umana, ma di statura straordinaria, e anguipedi.»[3].

Nel mondo gallico, prima dell'identificazione con Giove da parte dei Romani, Sucellos era la divinità barbuta dal maglio associata alla scena del cavaliere con l'anguipede, rappresentando quindi la vittoria della nobiltà celeste sulla morte oscura[4].

Luoghi di scoperte archeologiche modifica

Tali statue sono molto diffuse nell'est della Francia, come ad esempio a Grand, la colonna di Merten (vicino a Metz) e il sito di Donon (cinque cavalieri con anguipede, altri tre su colonne). Altre due colonne sono site a ciascuna estremità del collegamento terrestre tra la Saona e la Mosella, cioè a Corre[5] e a Portieux[6].

Altre statue sono state ritrovate a Corseul, Plouaret e Saint-Méloir-des-Bois (Côtes-d'Armor), a Neschers e Riom (Puy-de-Dôme)[7], a Briec, Landudal, Plobannalec e Plomelin (Finistère), e a Steinbourg (Basso Reno). È stato rinvenuto un recinto preposto per tale culto a Bavilliers, vicino a Belfort[8]. Questa rappresentazione compare anche sugli aurei di bottega di Iantinon (Meaux), che mostrano un Giove tonante (cavaliere con anguipede) ed Ercole seduto e che celebrano la vittoria di Massimiano Ercole contro i Bagaudi[9] nel 286.

 
L'anguipede posto sotto il portico della chiesa di Notre-Dame-de-la-Bonne-Nouvelle a Plouaret (disegno dallo storico bretone Henri Frotier de La Messelière, 1876-1965)

Scoperte generalmente durante gli scavi archeologici, queste strane sculture sono oggi conservate in musei che le tutelano e le presentano come preziose testimonianze artistiche di un antico patrimonio religioso scomparso. Alcuni di essi si trovano :

Origini antichissime modifica

 
Anguipede romano dalla testa di gallo, intaglio di diaspro, secolo I o II. (dal Metropolitan Museum of Art, N° inventario 95.15.1)

In un articolo del 1986[12], l'accademica belga Berthe Rantz ci spiega la lontananza, sia nel tempo che nella distanza, delle origini dell'anguipede:

(FR)

«Bien que le thème du géant anguipède soit fort répandu dans tous les domaines de l'art antique et par conséquent bien connu, ill ne nous paraît pas inutile de rappeler ses traits caractéristiques. Le personnage dont le buste est d'un homme et le corps finit en un serpent fait partie de ces images venues de l'Orient au début du premier millénaire avant J.-C.. D'après Contenau, c'est la représentation du grand dieu de la fertilité chez les Sumériens, Il remonte donc à la plus haute antiquité.»

(IT)

«Sebbene il tema dell'anguipede gigante sia assai diffuso in tutti gli ambiti dell'arte antica e quindi ben noto, non sembra inutile richiamarne i tratti caratteristici. Il personaggio il cui busto è di uomo e il cui corpo termina con un serpente è una delle immagini giunte dall'Oriente all'inizio del I° millennio a.C.. Secondo Contenau è la rappresentazione del grande dio della fertilità tra i Sumeri, risale quindi alla più alta antichità.»

I successori dell'anguipede modifica

Draghi medievali modifica

Con l'avvento della cultura cristiana che annunciava il Medioevo europeo, rappresentazioni cristiane, il drago avrebbe preso il posto della figura anguipede dell'Antichità. Così, come lo presenta l'accademico svizzero Emmanuel Abetel[13]:

(FR)

«Le dragon comme alternative aux anguipèdes - Une telle hypothèse n'est a priori pas aussi infondée qu'il y paraît, le dragon intervenant souvent dans des récits hagiographiques où le paganisme antique est encore présent : ainsi lorsque saint Philippe va dénicher un dragon sous un autel de Mars, ou quand saint Julien de Cilicie vainc une de ces créatures qui vivait dans les ruines d'un temple de Jupiter.»

(IT)

«Il drago come alternativa agli anguipedi - Tale ipotesi non è a priori così infondata come sembra, il drago interviene spesso nei racconti agiografici dove è ancora presente l'antico paganesimo: così quando San Filippo dissotterra un drago sotto un altare di Marte, o quando San Giuliano di Cilicia sconfigge uno di questi creature che vivevano tra le rovine di un tempio di Giove.»

Giganti rinascimentali modifica

Le figure occupate dagli antichi anguipedi furono sostituite da draghi come allegorie medievali dell'antico paganesimo, poi da giganti durante il Rinascimento. Così il gigante anguipede cavalcando una gigantesca giumenta, ispirò lo scrittore del rinascimento francese, François Rabelais per la Grande Giumenta, cavalcatura del suo gigante Gargantua.

Note modifica

  1. ^ (FR) Le « dieu à l'anguipède » de Straubing, in Latomus, T. 11, Fasc. 4, Société d'Études Latines de Bruxelles, Bruxelles, ottobre-dicembre 1952, pp. 467-476.
  2. ^ Anguipede, definizione, su Treccani.
  3. ^ Giorgio Padoan, Enciclopedia dantesca, a cura di Umberto Bosco, collana Argonauti, Treccani 1970-76,1. 264., Roma, G. Petrocchi,, 1970.
  4. ^ (FR) Yann Brekilien, La mythologie celtique, [Nouvelle édition], Éd. du Rocher, impr. 2007, p. 136, ISBN 978-2-268-06299-0, OCLC 493701205. URL consultato il 16 novembre 2022.
  5. ^ (FR) Colonne au dieu cavalier, su corre.over-blog.com..
  6. ^ (FR) Jean-Marie Hanus, Le gué de Portieux, su verreriedeportieux.fr. URL consultato il 15 novembre 2022 (archiviato dall'url originale il 16 dicembre 2018)..
  7. ^ Philippe Bet, Bertrand, ... Dousteyssier e Impr. Chirat), Éclats arvernes : fragments archéologiques, Ier-Ve siècle apr. J.-C., Presses universitaires Blaise Pascal, DL 2014, ISBN 978-2-84516-665-3, OCLC 887560355. URL consultato il 15 novembre 2022.
  8. ^ (FR) Annaïg Martret (Le), L’enclos d’une colonne de Jupiter à Bavilliers (Territoire de Belfort) ?, Revue archéologique de l’Est, t. 62, 1º novembre 2013, pp. 187–210 (ISSN 1266-7706)
  9. ^ Lellia Cracco Ruggini, Bagaudi e Santi innocenti: un'avventura fra demonizzazione e martirio, Scritti in onore di Arnaldo Momigliano, New Pressª ed., Como, E. Gabba, 1983, pp. 121-142.
  10. ^ Cavalier à l’Anguipède, su Musée lorrain de Nancy.
  11. ^ Cavalier à l’anguipède, su Musée Grand Est.
  12. ^ (FR) Berthe Rantz, Un bas-relief surnommé « Semini », in L'Antiquité Classique, vol. 55, n. 1, 1986, pp. 245–282, DOI:10.3406/antiq.1986.2180. URL consultato il 15 novembre 2022.
  13. ^ (FR) Abetel Emmanuel, La gigantomachie de Lousonna-Vidy : suivie de considérations sur la transmission du motif de l'Anguipède. - Lausanne : Cahiers d'archéologie romande, 2007., 2009, p. 126, OCLC 888856988. URL consultato il 15 novembre 2022.

Bibliografia modifica

  • Pierre-François Fournier, Le dieu cavalier à l'anguipède dans la cité des Arvernes, Revue archéologique du Centre, 1962, vol. 1, no 2, pp. 105–127.
  • Bernard Sergent, Saints sauroctones et fêtes celtiques, Rôles des traditions populaires dans la construction de l'Europe. Saints et dragons, Cahiers internationaux du symbolisme, 1997.
  • Claude Sterckx, Le cavalier et l’anguipède, partie 1, Ollodagos, III, pp. 1‑107, Le cavalier et l’anguipède, partie 2 », Ollodagos, IV, pp. 1‑126, Le cavalier et l’anguipède, partie 3, Ollodagos, VI, pp. 1‑196, Le cavalier et l’anguipède, partie 4, Ollodagos, VII, pp. 231‑239, Le cavalier et l’anguipède, notes additionnelles, Ollodagos, VII, pp. 241‑248, coll. « Actes de la Société Belge d’Etudes Celtiques », Bruxelles.

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