Anita Harding

neurologa

Anita Harding (17 settembre 195211 settembre 1995) è stata una neurologa irlandese britannica.

Professoressa di Neurologia Clinica presso l'Istituto di Neurologia dell'Università di Londra[1], è conosciuta per la scoperta, con Ian Holt e John Morgan-Hughes, della "prima identificazione di una mutazione del DNA mitocondriale in una malattia umana" e del "concetto di eteroplasmia tissutale del DNA mitocondriale mutato", pubblicata su Nature nel 1986[2].

Biografia modifica

Nata in Irlanda, Harding frequenta la King Edward VI High School for Girls e la the Royal Free Hospital Medical School, dove si abilita alla professione medica nel 1975[3]. Due anni dopo si sposa con il professore di neurologia P.K. Thomas, e intraprende gli studi di neurologia[1]. Muore di carcinoma del colon-retto sei giorni prima del suo quarantatreesimo compleanno, poco prima di assumere la cattedra di Neurologia Clinica all'Institute of Neurology in Queen Square a Londra. Venuta a conoscenza del suo stato terminale, avrebbe detto "Almeno non dovrò comprare Windows 95"[1]. Nel 1995, ha vinto la medaglia dell'Association of British Neurologists per i suoi contributi alla neurologia.

Attività scientifica modifica

Harding ha contribuito in modo significativo al campo delle malattie neurologiche ereditarie. I suoi maggiori risultati sono stati:

Inoltre, ha lavorato a lungo sulla genetica delle popolazioni di malattie con distribuzione etnica[1][3]. Ha pubblicato più di 200 articoli e curato tre libri[2].

Note modifica

  1. ^ a b c d J. Poulton e S. M. Huson, Anita Harding (1952-95): In Memoriam, in American Journal of Human Genetics, vol. 58, n. 1, January 1996, pp. 235–236. URL consultato il 19 febbraio 2018.
  2. ^ a b Alastair Compston, Anita Harding (1952-1995) (PDF), in Advances in Clinical Neuroscience and Rehabilitation, vol. 9, n. 4, 2009, pp. 28-30. URL consultato il 19 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 2 novembre 2011).
  3. ^ a b Victor Dubowitz, Anita Harding (1952 – 1995), in Neuromuscular Disorders, vol. 5, n. 6, pp. 519–520, DOI:10.1016/0960-8966(95)90017-9. URL consultato il 19 febbraio 2018.

Collegamenti esterni modifica

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