«La strada dell'eccesso porta al palazzo della saggezza.»

L'antinomismo (dal greco ἀντί, "contro" + νόμος, "legge"), in teologia e nell'etica in generale, è la dottrina secondo la quale i membri di una particolare comunità sono liberi di non osservare determinati precetti etici o morali. Antinomismo è l'esatto opposto di legalismo, la dottrina secondo cui l'obbedienza a un codice di precetti o di regole sia imprescindibile per la salvezza o per l'integrità della comunità stessa. Per gli antinomisti cristiani, in quanto seguaci di Gesù, essi sono salvi per grazia divina (vedi Sola gratia e doppia predestinazione). Esso è tipico delle chiese cristiane nate dalla riforma protestante e di gruppi gnostici (nicolaiti, Carpocrate), e di alcuni movimenti ereticali medievali (dolciniani, libertini spirituali), e nel cristianesimo eterodosso di William Blake.

Si ritrova inoltre in parte nel tantra induista e buddhista, nel buddhismo Nichiren[1], e nell'esoterismo occidentale/occultismo (via della mano sinistra, filosofia di Aleister Crowley: "fai ciò che vuoi sarà tutta la legge. Amore è la legge, amore sotto la volontà"), e infine in alcuni movimenti del neopaganesimo.

La locuzione latina sola fide (per sola fede) si riferisce all'originaria dottrina luterana della salvezza attraverso la sola fede, una dottrina propugnata intensamente da Martin Lutero, basandosi sul pensiero di san Paolo e sant'Agostino ("ama e fa' ciò che vuoi"), che tuttavia criticò il lassismo e l'antinomismo. Anche Lutero criticò vibrantemente l'antinomismo, come ad esempio nel suo trattato Contro gli Antinomisti (1539). L'associazione tra luterani e antinomismo viene dalla famosa lettera di Lutero a Filippo Melantone:

«Se sei un predicatore della grazia, predica una grazia non finta, ma vera; se è vera grazia sopporta un peccato vero, non finto. Dio non salva i peccatori per finta. Sii peccatore e pecca fortemente, ma ancora più fortemente credi e rallegrati [godi] in Cristo[2], che è vincitore del peccato, della morte e del mondo. Non si può che peccare, finché siamo qui; questa vita non è la dimora della giustizia, ma aspettiamo, dice Pietro, i nuovi cieli e la nuova terra in cui abiti la giustizia. È sufficiente che noi conosciamo per le ricchezze della gloria di Dio l'agnello che toglie il peccato del mondo; da questo non ci strappa il peccato, anche se fornicassimo o uccidessimo mille e mille volte in un solo giorno. Pensi che sia così piccolo il prezzo della redenzione per i nostri peccati offerto in un tale e tanto agnello? Prega fortemente, anche [essendo] un fortissimo peccatore.»

Note modifica

  1. ^ "La vera entità che si manifesta in tutti i fenomeni indica i due Buddha Shakyamuni e Taho (seduti insieme nella Torre Preziosa). Taho rappresenta tutti i fenomeni e Shakyamuni la realtà. I due Buddha indicano anche i due princìpi di oggetto (kyo) e soggetto (chi) o realtà (oggettiva) e saggezza (soggettiva). Il Buddha Taho rappresenta l'oggetto e Shakyamuni il soggetto. Benché siano due, si fondono in uno nell'Illuminazione. Questo è l'insegnamento più importante. È l'insegnamento che "i desideri terreni sono Illuminazione" e "le sofferenze di vita e morte sono nirvana". Se si recita Nam-myoho-renge-kyo durante il rapporto sessuale fra uomo e donna, i desideri terreni si trasformano in Illuminazione e le sofferenze di nascita e morte in nirvana. Le sofferenze diventano nirvana quando si comprende che l'entità della vita umana non viene né generata né distrutta nel suo ciclo di nascita e di morte. Il sutra Fugen afferma: «Anche senza annullare i desideri terreni o eliminare i cinque desideri, si possono purificare tutti i sensi e sradicare tutte le colpe». Nel Maka shikan si afferma che «le illusioni e i desideri terreni sono Illuminazione e le sofferenze di nascita e morte sono nirvana». Nel capitolo Juryo del Sutra del Loto si legge: «Questo è il mio pensiero costante: come posso far entrare tutti gli esseri viventi nella più alta Via affinché ottengano rapidamente la Buddhità». E il capitolo Hoben afferma: «Tutti i fenomeni sono manifestazione della Legge e sono eterni». L'entità di tutti i fenomeni non è altro che Nam-myoho-renge-kyo." (Nichiren Daishonin, La Legge originale di Myoho-renge-kyo
  2. ^ "Esto peccator et pecca fortiter, sed fortius fide et gaude in Christo", lettera del 1 agosto 1521, n. 424.
  3. ^ Da una lettera a del 1º agosto 1521; citato in Vittorio Subilia, La giustificazione per fede, Paideia, Brescia, 1976, pp. 165-166

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