Apofonia latina

fenomeno fonetico della lingua latina

Con l'impropria espressione di apofonia latina si intende un particolare fenomeno di indebolimento vocalico (fenomeno analogo, per certi versi, a quello della lenizione) riscontrabile nella lingua latina. Contrariamente ad altri fenomeni apofonici, come ad esempio l'apofonia indoeuropea (comune a tutte le lingue indoeuropee compresa la lingua latina medesima), caratterizzati da una natura funzionale (queste trasformazioni possiedono, cioè, sia un valore fonetico sia un valore morfologico-semantico), la cosiddetta apofonia latina è un fenomeno puramente meccanico (ossia ha un valore esclusivamente fonetico). Essa si verifica, infatti, ogniqualvolta una vocale breve si trova a cambiare posizione all'interno della parola; questa trasformazione dà vita a vari esiti a seconda dei suoni coinvolti.[1]

L'apofonia latina si è verificata in un'epoca anteriore al III secolo a.C. ed è stata probabilmente causata dall'accento protosillabico di epoca preletteraria.[2]

Descrizione modifica

L'apofonia latina consiste in "mutamenti del timbro vocalico, che hanno luogo quando una sillaba con vocale breve, originariamente in posizione iniziale o finale di parola, viene a trovarsi, per composizione o derivazione o flessione, in posizione interna".[3] Questi mutamenti si realizzano diversamente a seconda che la vocale colpita si trovi in sillaba aperta o in sillaba chiusa, cioè che sia seguita da una sola consonante o da più consonanti.

 
Schema dell'apofonia latina in sillaba interna aperta

In sillaba interna aperta[4], salvo davanti ad r e dopo i, le vocali brevi tendono a chiudersi in ĭ o in ŭ, più precisamente:

  • in ĭ davanti a d, t, n, g, c;
  • in ŭ davanti a l seguita da vocale diversa da i (l velare, [l]), ma in ĭ davanti a l seguita da i (l palatale, [ʟ])[5];
  • in ĭ o in ŭ indifferentemente davanti a b, p, f, m.

Davanti a r e dopo i le vocali brevi si chiudono in ĕ.

Tabella di esempi (sillaba interna aperta)
  esempio (originariamente a inizio parola) esempio (originariamente a fine parola)
esito ĭ
davanti a d, t, n, g, c
ĕ > ĭ tĕnĕo > abstĭnĕo flūmĕn > flūmĭnĭs
ă > ĭ dătus > ēdĭtus ĭtă > ĭtĭdem
ŏ > ĭ lŏcŭs > īlĭcō nŏvŏs > nŏvĭtas
ŭ > ĭ mănŭs > mănĭca
esito ĭ o ŭ
davanti a l palatale o velare
sē dŏlo > sēdŭlo, ma sălĭo > dēsĭlĭo exŭl > exŭlo, ma exĭlĭum
esito ĭ o ŭ
davanti a b, p, f, m
hăbĕo > prŏhĭbĕo, ma tăberna > contŭbernālis mănŭs > mănĭbus, ma aucĕps > aucŭpis
esito ĕ
davanti a r
ĭ > ĕ cĭnĭs > cĭnĕris
ă > ĕ dăre > reddĕre
ŭ > ĕ volnŭs > volnĕris
esito ĕ
dopo i
ŏ > ĕ piŏs > piĕtas
 
Schema dell'apofonia latina in sillaba interna chiusa

In sillaba interna chiusa[6], la chiusura delle vocali brevi è ostacolata dalla presenza della consonante di chiusura, che agisce da "scudo protettivo" contro la riduzione del timbro vocalico:

  • ă si chiude in ĕ, con successivo passaggio ad ĭ davanti a n seguita da consonante velare (n velare, [ŋ]) o ad ŭ davanti a l seguita da qualsiasi consonante (l velare, [ʟ]), o con chiusura del dittongo risultante (*ăi (>ae) > *ĕi > ī; ău > *ĕu > ū);
  • ŏ si chiude in ŭ a partire dalla fine del III secolo a.C., ma tale chiusura dopo u vocalica o consonantica avviene solo a partire dall'età augustea.
Tabella di esempi (sillaba interna chiusa)
  esempio (originariamente a inizio parola)
ă > ĕ ăptus > inĕptus
ă > ĭ
davanti a n velare
tăngo > attĭngo
ă > ŭ
davanti a l velare
sălsus > insŭlsus
*ăi (>ae) > *ĕi > ī *căido (>caedo) > *cĕcĕidi > cĕcīdi
ău > *ĕu > ū clăudo > *sēclĕudo > seclūdo
ŏ > ŭ mŏntem > prōmŭntŭrĭum
frŭŏr > frŭŭntur (ma frŭŏntur in età repubblicana)

Eccezioni modifica

Esistono verbi composti o sostantivi declinati completamente sottratti all'apofonia latina[7]: tipicamente si tratta di ricomposizioni analogiche (es. compăro < păro, ma impĕro) o di assimilazioni al vocalismo originario (es. Caesăris < Caesăr anziché *Caesĕris), oppure può trattarsi di giustapposti (es. il giustapposto cale-făcio < făcio, mentre confĭcio è un composto) o di composizioni tardive, posteriori al verificarsi dell'apofonia latina (es. perăgo < ăgo, ma exĭgo).

Note modifica

  1. ^ Traina-Perini, pp. 120 e 126-127.
  2. ^ Niedermann, pp. 14-15; Traina, pp. 127-128.
  3. ^ Traina-Perini, p. 121.
  4. ^ Niedermann, pp. 15-25; Traina-Perini, pp. 120-122.
  5. ^ Alfonso Traina e Giorgio Bernardi Perini, Propedeutica al latino universitario. Sesta edizione riveduta e aggiornata, a cura di Claudio Marangoni, 6ª ed., 2007 [1998], p. 122, ISBN 978-88-555-2454-4.
  6. ^ Niedermann, pp. 26-31; Traina-Perini, pp. 121-123.
  7. ^ Niedermann, pp. 29-30; Traina-Perini, pp. 123-125.

Bibliografia modifica

  • (FR) Max Niedermann, Évolution des voyelles latines, in Précis de phonétique historique du latin, 1ª ed., Paris, Klincksieck, 1906, pp. 14-31.
  • Alfonso Traina e Giorgio Bernardi Perini, IV: Problemi di fonetica, in Claudio Marangoni (a cura di), Propedeutica al latino universitario. Sesta edizione riveduta e aggiornata, 6ª ed., Bologna, Pàtron, 2007 [1998], pp. 120-128, ISBN 978-88-555-2454-4.
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