Apologia di Socrate (Senofonte)

opera di Senofonte

L'Apologia di Socrate (titolo completo: Apologia di Socrate davanti alla giuria, in greco antico: Ἀπολογία Σωκράτους πρὸς τοὺς Δικαστάς?) è un'opera di Senofonte che descrive lo stato d'animo di Socrate al processo.

Apologia di Socrate davanti alla giuria
Titolo originaleἈπολογία Σωκράτους πρὸς τοὺς Δικαστάς
Busto di Socrate (Musei Vaticani)
AutoreSenofonte
1ª ed. originaleV-IV secolo a.C.
Generesaggio
Lingua originalegreco antico

Le parti relative a Socrate raccolgono le testimonianze ed i ricordi di Senofonte dell'insegnamento del maestro. Esse si propongono, principalmente nell'apologia, la difesa del maestro contro i suoi detrattori.

Dal confronto con l'opera platonica si ritiene che Senofonte tramandi la parte più esoterica degli insegnamenti socratici.

Il processo modifica

Il filosofo Socrate viene citato in giudizio da alcuni politici di Atene con l'accusa di corruzione dell'animo dei giovani mediante falsi insegnamenti e di non credere nell'esistenza degli Dei. Rispetto al carattere combattivo, persuasivo e contraddittorio del personaggio del dialogo di Platone, questo Socrate appare pronto ad accettare il verdetto dei giudici.

Senofonte infatti scrive:

«Già altri hanno scritto sull'argomento e tutti hanno notato la baldanza del suo parlare - prova, questa, che egli veramente si espresse in quel tono: ma che per sé ritenesse ormai preferibile la morte alla vita, non l'hanno rivelato, sicché la sua baldanza appare un po' sciocca. [...] "Per Zeus", disse Socrate, "sono già due volte che ho messo mano a trovare argomenti per la difesa e il segno divino mi si è opposto". E poiché quello aggiunse: "Strane davvero le tue parole!", Socrate riprese: "Trovi strano che il dio giudichi che è meglio per me morir subito? Non sai che fino a questo momento io non concederei a nessuno d'esser vissuto meglio di me? E ciò che mi dà maggiore soddisfazione è di sapere che ho vissuto tutta una vita santa e giusta, [...] Ora, se la vita si prolunga, io so che necessariamente dovrò pagare il mio tributo alla vecchiaia - veder male, ascoltar peggio, essere più tardo nell'imparare e più facile a dimenticare quel che ho appreso. E se, accortomi di tale indebolimento, dovessi biasimare me stesso, come potrei vivere ancora contento? Forse, continuò, è proprio dio che nella sua bontà mi concede di por fine ai miei giorni non solo al momento giusto, ma anche nel modo più facile: se infatti mi si condanna adesso, potrò, senza dubbio, morire nella maniera che è giudicata la più facile da quelli che di ciò hanno cura, senza dar fastidio alcuno agli amici, ma recando il rimpianto più vasto che morto possa recare.»

Differenze con il dialogo platonico modifica

Il primo disguido che si trova tra i due scritti è il responso dell'Oracolo di Delfi: nel dialogo di Senofonte la frase è "Non esiste nessuno più libero, più sano e più elaborato nello sviluppo della parola che Socrate", mentre nel dialogo platonico la risposta era: "Non vi è uomo più saggio."
Infatti nel primo dialogo Socrate si difende in quanto saggio di essere assai intelligente per l'apprensione continua delle parole e dei significati dal momento della nascita.
Seconda grande differenza che separa i due dialoghi è l'essenza del "demone": nell'Apologia di Senofonte Socrate è quasi contento di trovarsi in contatto con questo dato che gli fornisce soltanto indicazioni positive sull'essenza della sua forma umana; mentre nella seconda Apologia, Socrate è quasi atterrito dai consigli del semidio.
Terza ed ultima differenza è il pagamento delle mine: mentre nel testo platonico è Socrate a decidere il prezzo di 30 mine da pagare per la pena, nell'altro dialogo il filosofo dà libertà agli amici di scegliere il prezzo della penale.

Bibliografia modifica

  • La citazione di Senofonte è tratta da: Socrate. Tutte le testimonianze, Laterza, 1986.
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