Archeologia industriale

branca dell'archeologia

L'archeologia industriale raccoglie più ambiti disciplinari - storico, economico, tecnologico, sociale, costruttivo, architettonico, ingegneristico - attorno alle testimonianze (materiali e immateriali, dirette e indirette) inerenti al processo d'industrializzazione fin dalle sue origini, al fine di approfondire la conoscenza della storia del passato e del presente industriale. Per tale natura è interdisciplinare, e si avvale, per i diversi temi di indagine, dei metodi specifici delle singole discipline, alla luce di una consapevole interazione tra di esse[1].

La Fornace Penna di Sampieri fu realizzata tra il 1909 ed il 1912. Andò distrutta nel 1924 in seguito ad un incendio doloso. È stata utilizzata come set cinematografico per alcune riprese dello sceneggiato televisivo Il Commissario Montalbano. È in attesa di interventi urgenti di salvaguardia
L'ex Cotonificio Muggiani a Rho (Milano) edificato nel 1903 è stato uno dei più importanti opifici per la filatura del cotone in Italia. Chiuse i battenti nel 1963. Ad oggi è stato ristrutturato solo in parte
Un antico opificio dismesso a Chiavazza (periferia orientale di Biella), chiaro esempio di archeologia industriale. Assieme ad altre strutture industriali della zona fa parte del parco archeologico industriale pensato e strutturato lungo la Valle del torrente Cervo dall'architetto Gae Aulenti

Le testimonianze attraverso cui l'archeologia industriale può giungere a questa conoscenza sono i luoghi e le tecnologie dei processi produttivi, le tracce archeologiche generate da questi, i mezzi e i macchinari attraverso cui questi processi si sono attuati, i prodotti di questi processi, tutte le fonti scritte a loro inerenti, le fonti fotografiche, orali, i paesaggi segnati da questi processi e perciò detti paesaggi industriali.

Il periodo studiato dall'archeologia industriale è quello che va dalla seconda metà del Settecento ai giorni nostri, e più precisamente quello della rivoluzione industriale; tuttavia, questa disciplina prende in considerazione anche talune forme d'industria sviluppatesi prima di questo intervallo di tempo, e cioè le attività preindustriali e protoindustriali[2]. Data la sua vicinanza temporale e la tipologia delle materie oggetto di ricerca, l'archeologia industriale si avvale della applicazione di molte discipline per il suo studio, tra le quali: l'archeologia, l'architettura, l'ingegneria, la tecnologia, la pianificazione urbanistica.

Origine dell'archeologia industriale modifica

L'archeologia industriale quale disciplina di studio nasce nella prima metà degli anni cinquanta in Inghilterra. L'espressione archeologia industriale venne usata per la prima volta nel 1955 da Michael Rix, professore dell'Università di Birmingham, in un suo articolo pubblicato nella rivista The Amateur Historian. In realtà, come hanno precisato alcuni studiosi, tra cui Neil Cossons, questa espressione circolava già da qualche anno nei primi circoli di appassionati formatisi in Gran Bretagna[3].

L'Inghilterra, nella seconda metà del Settecento, era stata tra le prime nazioni ad essere coinvolta dalla rivoluzione industriale, e sin dalla seconda metà dell'Ottocento ebbe modo di svilupparsi in determinati ambienti culturali una certa attenzione per alcune testimonianze dell'industrializzazione. La Grande Esposizione Universale di Londra del 1851 fu uno dei primi momenti in cui tale sensibilità ebbe modo di manifestarsi; a questo seguì la creazione del Museo della Scienza di Kensigton qualche anno più tardi e tra la fine del secolo e l'inizio del Novecento il fiorire di una moltitudine di associazioni di appassionati, i trusts, con lo scopo di conservare alcuni monumenti industriali. Tra questi, grande importanza ebbe la Cornish Engine Preservation Society, nata con lo scopo di conservare i mulini ad acqua sorti nelle campagne inglesi.

 
L'Ex Mattatoio di Roma 1890 in una foto del 1983

Dopo la seconda guerra mondiale, l'opera di ricostruzione nella quale furono coinvolte le principali città del Regno Unito, a partire da Londra, portò alla distruzione di numerosi edifici e strutture che avevano avuto importanza nel Settecento e nell'Ottocento per l'evoluzione economica, industriale e sociale del Paese e che alla fine degli anni quaranta non avevano più nessuna utilità. Alla loro demolizione si opposero associazioni di cittadini, che vi vedevano una traccia importante del proprio passato. In particolare, nel 1962 l'attenzione dell'opinione pubblica fu attirata dalla decisione di demolire la Euston Station, una delle più antiche stazioni ferroviarie di Londra, e il portico di colonne doriche che la precedeva, lo Euston Arch. Nonostante le vive proteste dei comitati e della Comunità Internazionale, l'abbattimento della stazione fu inevitabile, seguito da un comune vivo risentimento. L'insuccesso di questo provvedimento portò, l'anno seguente, a dichiarare il ponte di ferro sul fiume Severn, in località Coalbrookdale, nel Galles, monumento nazionale. Il patrimonio di archeologia industriale veniva così ufficialmente riconosciuto nella sua importanza culturale dalle autorità anglosassoni.[4]

Valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale modifica

 
Esempio di Archeologia industriale in Brianza, a Porto d'Adda, la Centrale idroelettrica Esterle (1906), all'interno dell'Ecomuseo dell'Adda.

In un noto saggio del 1978, Andrea Carandini delimita il campo di interesse e di azione dell'archeologia industriale a quanto riferito alla sola visione anglosassone della rivoluzione industriale[5]. Questo implicherebbe che l'archeologia industriale debba riguardare fabbriche, siti industriali et similia relativamente recenti e posteriori all'adozione della macchina a vapore, mentre escluderebbe tutti i processi di automazione e meccanizzazione della produzione, nonoché di sviluppo del management, manifestatosi almeno a partire dalla fine del XIV secolo[2][6]. Tra l'altro, per le conoscenze intrinseche al manufatto industriale, opificio, ecc., porterebbe indurre a restringere l'archeologia industriale ad una scienza per ingegneri ed architetti. Su tali temi si sono dibattuti i fondatori dell'archeologia industriale in Italia che, per le diverse posizioni poi confluite in AIPAI, hanno generato la profonda caratterizzazione interdisciplinare dell'archeologia indusriale in nazionale[2][1]. Alle origini del dibattito in Italia vi sono infatti da un lato gli storici economici, come Bruno Corti, Giovanni Luigi Fontana, Renato Covino, Ivan Tognarini, dall'altro gli storici dell'architettura, come Franco Borsi, Giorgio Muratore, Gregorio Rubino e Cesare De Seta, nonchè tecnologi dell'architettura e urbanisti, come Franco Mancuso e Augusto Vitale. Dall'attività di tali studiosi impegnati anche nella progettazione e nella politica scaturisce la fondazione di una moltitudine di cenacoli regionali, i principali in Lombardia, Campania, Umbria, Piemonte, Toscana, Veneto e Ligura, che nel 1997 convergono verso la fondazione dell'Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale - AIPAI nominando primo presidente Giovanni Luigi Fontana.

È vero, tuttavia, che in certi interessanti e meritevoli casi strutture industriali (officine, opifici, ecc.) siano stati in questi ultimi decenni riscoperti, restaurati e rivalutati in modo da divenire contenitori per centri studi e poli museali (come nel caso dell'ex fabbrica tessile Pria di Biella, al centro negli anni novanta di un progetto di recupero archeologico-industriale da parte di Gae Aulenti o come nel caso della fabbrica Campolmi a Prato che, a seguito di un importante intervento di restauro eseguito dal Comune di Prato su progetto dell'architetto Marco Mattei, oggi ospita il Museo del Tessuto e la Biblioteca Comunale), centri commerciali o espositivi come Le Ciminiere di Catania, ecc., diversamente da come è organizzato un sito archeologico tradizionale. Sotto questo aspetto, è evidente come la mano ingegneristico-architettonica risulti determinante.

 
Esempio di Archeologia industriale a Crespi d'Adda - Patrimonio dell'UNESCO - Gli uffici e l'ingresso della Fabbrica Crespi, del 1924, all'interno dell'Ecomuseo dell'Adda.
 
La Fabbrica Alta di Schio, del 1862
 
Il capannone bramme dello stabilimento Unione di Sesto San Giovanni
 
L'isola di Hashima, in Giappone, completamente abbandonata dal 1974

Esempi di queste ristrutturazioni sono il Lingotto e il Parco Dora di Torino, storico stabilimento di produzione FIAT, il Museo della Gare d'Orsay, ex stazione ferroviaria a Parigi, l'ex zuccherificio di Cecina vicino a Livorno.

Si ritiene che l'archeologia industriale possa avere in futuro un sicuro sviluppo. Questo presupposto muove dalla considerazione che tanto in Europa quanto nelle Americhe si assiste ad un sempre maggiore interesse per gli aspetti dell'industrializzazione che vengono con il passare del tempo, visti in chiave maggiormente storica. Lo stesso rilievo che è dato alla creazione degli Ecomusei come quello sull'Adda, questi spesso sono collegati, nei maggiori centri urbani o nei loro pressi, alla rivalutazione ed alla divulgazione alle giovani generazioni della primigenia fase di industrializzazione conserviera, tessile, metalmeccanica, che contraddistingueva comunemente quelle zone in un passato non ancora remoto.

Esempi di patrimonio di archeologia industriale in Italia modifica

Numerosi e capillarmente diffusi nel territorio sono i siti di archeologia industriale in Italia. Di seguito alcuni esempi.

Campania modifica

Calabria modifica

Emilia-Romagna modifica

Friuli-Venezia Giulia modifica

Lazio modifica

Liguria modifica

Lombardia modifica

Marche modifica

Piemonte modifica

Sardegna modifica

 
Pilone di Torre Faro a Messina

Sicilia modifica

Toscana modifica

Veneto modifica

Organizzazioni modifica

In molti paesi esistono associazioni nazionali di archeologia industriale. Essi si occupano della ricerca, catalogazione, conservazione e divulgazione del patrimonio industriale del passato. Tra i temi studiati dai membri di queste associazioni vi sono: gli stabilimenti industriali, siti estrattivi, tecnologie per la produzione energetica, il turismo industriale, il riutilizzo dei siti industriali, le tecnologie del trasporto. Molti dei gruppi pubblicano materiale ed organizzano conferenze, seminari, organizzano visite guidate nei siti d'interesse[11][12]. Molte organizzazioni infine sono attive in materia di conservazione di luoghi di interesse archeologico industriale attraverso la sensibilizzazione o alla segnalazione alle istituzioni gli episodi di ristrutturazioni, o demolizioni di siti interessanti.

Acronimo Nome dell'organizzazione Paese Anno Sito web
AIA Association for Industrial Archaeology Gran Bretagna 1973 industrial-archaeology.org.
AIPAI ets Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale - ente terzo settore Italia 1997 https://www.aipaipatrimonioindustriale.com/
Associazione Archeologiaindustriale.net Italia 2015 www.archeologiaindustriale.net.
ACAI Associazione Calabrese Archeologia Industriale Italia 1982 [1] Archiviato il 18 agosto 2007 in Internet Archive.
APPI Associação Portuguesa para o Património Industrial Portogallo 1997 www.museudaindustriatextil.org/appi.
CILAC Comité d'Information et de Liaison pour l'Archéologie, l'étude et la mise en valeur du patrimoine industriel Francia 1979 www.cilac.com.
E-FAITH European Federation of Associations of Industrial and Technical Heritage Europa www.e-faith.org.
FIEN Federatie Industrieel Erfgoed Nederland Paesi Bassi 1984 www.industrieel-erfgoed.nl.
IHAI Industrial Heritage Association of Ireland Irlanda 1996 www.ihai.ie.
JIAS Japan Industrial Archaeology Society Giappone 1977 jias.o.oo7.jp/index.html. URL consultato il 9 novembre 2017 (archiviato dall'url originale l'8 giugno 2013).
LIMF Latvijas Industriālā mantojuma fonds Lettonia 1992 English version.
AIR Romanian Association for Industrial Archaeology Romania 2007
PIWB Patrimoine Industriel Wallonie-Bruxelles Belgio 1984 http://www.patrimoineindustriel.be/en/piwb.
SIA Society for Industrial Archeology Stati Uniti d'America / Canada 1971 www.sia-web.org.
Selskabet til Bevaring af Industrimiljøer Danimarca 1979 www.fabrikogbolig.dk/index.php.
SGTI / ASHT Swiss Society for the History of Technology and Industrial Heritage Svizzera www.sgti.ch. or www.asht.ch.
SIM Svenska industriminnesföreningen Svezia 1989 www.industriminnen.se/index.
TICCIH The International Committee for the Conservation of the Industrial Heritage internazionale 1978 www.ticcih.org.
TICCIH (Italia) riconosce AIPAI come associazione nazionale italiana Italia 1997 https://www.aipaipatrimonioindustriale.com/
TICCIH (Spagna) Spagna 1999 www.ticcih.es. URL consultato il 27 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 12 settembre 2014).
TICCIH (Germania) Germania German TICCIH National Committee.
TICCIH (Messico) Messico 2006 www.ticcihmexico.org.
TICCIH (Australia) Australia 2008 TICCIH in Oz discussion group.

Organizzazione nazionale italiana modifica

L'AIPAI, Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale è l'organizzazione riconosciuta dal TICCIH come associazione nazionale. L'AIPAI ha per oggetto e senza scopo di lucro, all’interno di quanto statuito D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 dall’Art. 5 lettere: d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa; f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni; g) formazione universitaria e post-universitaria; h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale; i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo.

Riviste scientifiche modifica

Le riviste scientifiche riconosciute da ANVUR per gli studi del settore sono Patrimonio Industriale., ISSN 2037-2353, curata da AIPAI e edita da ESI Napoli, e the TICCIH Bulletin., ISSN 1605-6647, curata e edita dal TICCIH.

Note modifica

  1. ^ a b Renato Covino, Archeologia industriale in Italia: ambito disciplinare, termini cronologici, in Quaderni storici, vol. 15, n. 43, 1980, pp. 218-229.
  2. ^ a b c Ivan Tognarini e Angelo Nesti, Archeologia industriale. L'oggetto, i metodi, le figure professionali, Roma, Carocci, 2003.
  3. ^ Michale Rix, Industrial Archaeology, 1967.
  4. ^ Marco Milanese, L'archeologia postmedievale e industriale in "Il Mondo dell'Archeologia", su Treccani, 2002. URL consultato il 26 agosto 2023 (archiviato dall'url originale il 27 novembre 2019).
  5. ^ Andrea Carandini, Archeologia Industriale, in Ricerche di storia dell'arte, vol. 7, 1978.
  6. ^ Franco Borsi, Introduzione all'Archeologia Industriale, Firenze.
  7. ^ il Museo delle eccellenze artistiche e storiche, su Magi'900. URL consultato il 26 agosto 2023 (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2013).
  8. ^ Polo Museale di Cave del Predil [collegamento interrotto], su polomusealecave.coop.
  9. ^ Antonio David Fiore, Centrale Montemartini. Una nuova luce per Roma, De Luca Editori D'Arte.
  10. ^ Edoardo Currà, Un palazzo-fabbrica nella Roma del Novecento. Ricerche archeo-industriali per il recupero della Regia Zecca, collana Patrimonio industriale: conoscenza e progetto, Edifir, 2021.
  11. ^ The Society for Industrial Archeology Annual Conference and Tours, su siahq.org.
  12. ^ AIA-events (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2013).

Voci correlate modifica

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Collegamenti esterni modifica

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