Assedio di Pietragalla

L'Assedio di Pietragalla è stato un episodio della Spedizione di José Borjes in Italia Meridionale avvenuto tra il 16 e il 17 Novembre del 1861, che vide contrapposti i briganti del Tenente Generale José Borjes e del capobanda Carmine Crocco alla Guardia Nazionale ed alla popolazione di Pietragalla, in Basilicata.

Assedio di Pietragalla
parte della Spedizione di Borjes
Data16 - 18 Novembre 1861
LuogoPietragalla
EsitoVittoria della Guardia Nazionale
Schieramenti
Bandiera dell'Italia Italia:
Guardia Nazionale
• Civili di Pietragalla
Legittimisti:
• Volontari Borbonici
• Briganti Lucani
Comandanti
Canio Giuseppe VosaJosé Borjes
Carmine Crocco
Effettivi
~100 - 160 tra Guardie Nazionali e civili~700 - 800 tra briganti e legittimisti
Perdite
• 2 morti tra i difensori
• 6 morti tra i civili
• Feriti imprecisati
• 43 morti
• > 80 feriti
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Antefatti modifica

Dopo aver sconfitto i Bersaglieri e la Guardia Nazionale ad Acinello, la banda del Generale Borjes e di Carmine Crocco, forte di nuovi uomini e provviste, diresse su Grassano, dove però, in un combattimento contro la Guardia Nazionale avvenuto il 15, furono sconfitti con gravi perdite[1] e costretti a dirigersi su San Chirico Nuovo[2], a ripiegare sul Vulture[2] e quindi su Vaglio di Basilicata[2], che fu data al sacco il giorno seguente[1]: la sera stessa del 16, la colonna di 700 briganti[2] si diresse su Pietragalla[2][3], con l'intento di saccheggiarla.

L'Assedio modifica

Il sacco modifica

Verso le 20:00 del 16 Novembre, le avanguardie di Borjes e Crocco avanzarono su Pietragalla[4] e quivi trovarono un piccolo gruppo di circa 50 Guardie Nazionali in pattugliamento notturno[3]; dall'incontro nacque un breve combattimento, che si concluse con la ritirata dei miliziani alle porte della città[3] quando videro il grosso della truppa brigante, accompagnata dalla cavalleria[3].

Borjes invitò il comandante della Guardia Nazionale locale ad arrendersi, ma la risposta fu negativa e venne innalzato il Tricolore sul punto più alto del Palazzo Ducale[5], facendo riprendere i combattimenti; lo scontro proseguì fino a mezzanotte[6], ma a seguito dell'accerchiamento del paese da parte dei briganti, che avevano bloccato ogni via d'uscita[6], i miliziani si dovettero ritirare nel Palazzo Ducale, mentre il paese veniva dato alle fiamme e saccheggiato[6].

L'assedio del Palazzo Ducale modifica

All'interno del solido Palazzo Ducale, la guarnigione di Pietragalla e parte della popolazione locale[6] riuscirono ad evitare il peggio[1][6]: a quel punto, ai briganti di Borjes e Crocco non restava che forzare il portone del Palazzo per ottenere una vittoria definitiva, ma l'impresa si rivelò più ardua del previsto per via della resistenza della stessa Guardia Nazionale e di pochi cittadini armati[1][6], che tiravano sui banditi avvicinatisi all'ingresso.

Questi ultimi tentarono di incitare il popolo alla rivolta contro le forze del Regno d'Italia[6], incendiando sei case ed uccidendo sei persone tra la popolazione a scopo intimidatorio[1][6], ma ebbero scarso successo e la situazione per il Tenente Generale catalano ed il brigante Lucano si complicò sempre più, minacciando di rendere l'assalto insostenibile e di forzare i briganti alla ritirata.

Gli scontri del 17 modifica

Gli scontri proseguirono per 21 ore[6], fino alle 17:00 del 17 Novembre, quando da Acerenza giunsero circa 70 o 80 Guardie Nazionali di rinforzo[1][6], comandate dal Capitano Canio Giuseppe Vosa[7] (secondo altri erano una ventina, che però marciavano in modo da far credere al nemico di essere numericamente molti di più)[5]. I briganti, stremati dal lungo scontro e dopo aver subito pesantissime perdite (tra le quali il ferimento dello stesso Crocco, colpito all'omero da un proiettile)[1], si videro costretti a rinunciare ai loro propositi ed a fuggire (pare con alcuni ostaggi)[6] per evitare uno scontro che avrebbe potuto essere ancor più rovinoso: minacciarono di tornare per vendicare l'umiliazione subita[6], ma furono comunque inseguiti dai rinforzi della Guardia Nazionale fin dentro i boschi limitrofi[7], dove subirono altre perdite. Un brigante ucciso in questo scontro fu decapitato[7], affinché la sua testa fosse condotta per le vie di Pietragalla tra il ludibrio della popolazione[7].

Verso mezzanotte dello stesso giorno, i briganti mantennero la parola e si ripresentarono di fronte alla città[6], decisi a riprovare l'attacco, ma la Guardia Nazionale e la popolazione, tra la quale erano presenti anche ecclesiastici e ricchi borghesi[6], uscirono in armi e li misero definitivamente in fuga[8].

Conseguenze modifica

Dopo le giornate del 16, 17 e 18, conclusesi con 43 morti e più del doppio dei feriti[1][6][5] (secondo alcuni ostaggi successivamente fuggiti, però, i mancanti all'appello erano più di 150), la spedizione di Borjes subì un grave rovescio militare e non riuscì più a riprendersi, complici anche i continui rinforzi mandati dalle forze del Regno d'Italia; il 19 puntarono su Avigliano[1], città natale del brigante Ninco Nanco, ma furono anche qui respinti[1] e costretti a dirigersi su Bella[1].

Qui, il 22, occuparono la città e la diedero al saccheggio[1], ma furono costretti a fuggire dal sopraggiungere di circa 250 Guardie Nazionali[1] e, dopo ulteriori soste in altri paesi, incalzati dalle forze Regie, Borjes e Crocco (tra i quali erano nati anche dei dissapori in merito alla mancanza di disciplina del brigante)[9] decisero di separarsi[2], il primo dirigendosi con i pochi uomini rimasti verso la Campania e lo Stato Pontificio[1][2], il secondo rimanendo nascosto nei boschi della Lucania per proseguire la sua campagna di brigantaggio.

Note modifica

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n Anonimo, Cronaca della Guerra d'Italia del 1861-1862, su books.google.it, p. 442.
  2. ^ a b c d e f g Cronologia del Brigantaggio, su prolocofiliano.it.
  3. ^ a b c d Pietragalla nel Processo di Unificazione Nazionale, su archivisticabasilicata.beniculturali.it, p. 50. URL consultato il 20 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 20 aprile 2021).
  4. ^ Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, p. 442.
  5. ^ a b c Pietragalla, il paese lucano che lottò contro i briganti, su corrieredelmezzogiorno.corriere.it.
  6. ^ a b c d e f g h i j k l m n o Pietragalla nel processo di unificazione nazionale (1799-1861), su archivisticabasilicata.beniculturali.it, p. 51. URL consultato il 20 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 20 aprile 2021).
  7. ^ a b c d Pietragalla nel processo di unificazione nazionale (1799-1861), su archivisticabasilicata.beniculturali.it, p. 53. URL consultato il 20 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 20 aprile 2021).
  8. ^ Pietragalla nel processo di unificazione nazionale (1799-1861), su archivisticabasilicata.beniculturali.it, p. 52. URL consultato il 20 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 20 aprile 2021).
  9. ^ Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, pp. 435-436.

Bibliografia modifica

  • Anonimo, Cronaca della Guerra d'Italia —1861-1862, Rieti, Tipografia Trinchi, 1863.
  • Marco Demarco, Pietragalla, il paese lucano che lottò contro i briganti, Corriere del Mezzogiorno, 2011.

Voci correlate modifica

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