Battaglia di Uclés (1108)


La battaglia di Uclés si combatté nel maggio del 1108, durante la Reconquista spagnola, quando le truppe degli Almoravidi dell'emiro Ali ibn Yusuf, guidate dal fratello dell'emiro, il governatore di Granada, Abū Tāhir Tamīm ibn Yūsuf, che raccoglieva anche gli eserciti di Cordova, Murcia e Valencia, guidate dai rispettivi governatori, avanzarono nella Castiglia orientale, arrivando il 27 maggio di fronte al castello di Uclés.

Battaglia di Uclés
parte della Reconquista
Il luogo della battaglia a Uclés, in Spagna
Data29 maggio 1108
LuogoUclés, un paese vicino a Cuenca, Castiglia
CausaTentativo di fermare l'avanzata verso nord degli Almoravidi, che avevano riorganizzato l'emirato di al-Andalus
EsitoVittoria degli eserciti musulmani degli Almoravidi
Modifiche territorialiConquista da parte dei musulmani, oltre che del castello di Uclés, anche di quello di Belinchón e delle città di Ocaña, Amasatrigo, Huete e Cuenca
Schieramenti
Comandanti
Álvar Fáñez e l'erede al trono di León e Castiglia, Sancho, unico figlio maschio di Alfonso VIAbu Tahir Tamim ibn Yusuf, governatore di Granada, fratello dell'emiro almoravide di al-Andalus e del Maghreb al-Aqsa, Ali ibn Yusuf
Effettivi
SconosciutoSconosciuto
Perdite
Ingenti
almeno 3.000, tra cui parecchi nobili leonesi e castigliani, incluso l'erede al trono, Sancho ed il suo protettore, il conte García Ordóñez
Sconosciute
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La battaglia modifica

Alfonso VI, già avanti con gli anni (77) e malato, aveva designato il suo erede ed unico figlio maschio, Sancho[1] (1098[2]-1108), coadiuvato dal generale Álvar Fáñez[3].
Le truppe leonesi-castigliane raggiunsero Uclés il 28 maggio e si disposero in formazione di battaglia.
Tamīm ibn Yūsuf dispose le truppe di Cordova al centro ed i veterani di Murcia e Valencia ai lati, mentre le truppe di Granada, sotto il suo comando, si schierarono in seconda linea. Fáñez e García Ordóñez, per conto di Sancho, il mattino del 29 maggio, decisero un attacco frontale della sola cavalleria, che inizialmente riuscì a portare scompiglio nella fanteria di Cordova, che indietreggiò, ma non cedette; nello stesso tempo però le ali dello schieramento almoravide attaccarono la fanteria cristiana, e, dopo averla neutralizzata e dispersa, chiusero l'accerchiamento intorno alla cavalleria leonese-castigliana, che, raggiunta la seconda linea dei Musulmani, stava combattendo contro le truppe di Granada. I cavalieri cristiani attaccati da ogni parte dovettero cedere e furono annientati. Gli Almoravidi non fecero prigionieri anche per convincere il castello di Uclés ad arrendersi
Dopo questa vittoria però gli Almoravidi si limitarono a conquistare qualche castello ed alcune città tra cui Cuenca, ma non sfruttarono a fondo la vittoria, perché preferirono rivolgersi contro gli ultimi Regni di Taifa, operazione che conclusero nel 1111.

Per ciò che concerne la morte dell'infante Sancho, dopo che molti cavalieri castigliani, gli si erano stretti intorno, per proteggerlo, e molti erano già caduti, si sa che il cavallo di Sancho venne colpito e l'erede al trono rimase appiedato. Poi vi sono due versioni:

  • un gruppo di cavalieri riuscì a sfuggire all'accerchiamento, e mentre la parte più consistente guidata da Fáñez[4] si diresse verso Toledo e si riuscì a salvare, un piccolo gruppo costituito da sette cavalieri ed il piccolo Sancho riuscì a rifugiarsi nel piccolo castello di Belinchón, a circa 20 chilometri da Uclés. Quando la notizia del disastro di Uclés giunse a Belinchón, il signore del castello, decise di aprire le porte ai musulmani, facendo prima uccidere i sette cavalieri ed il principe Sancho
  • Durante la battaglia, come tutore dell'erede al trono, García Ordóñez cavalcava accanto al principe Sancho; quando il cavallo di Sancho fu colpito e l'erede al trono fu appiedato, García, a sua volta saltò giù dal cavallo a difesa di Sancho, e combatté strenuamente finché accerchiato fu colpito e cadde sul corpo del bambino ed anche ferito gli fece scudo col suo corpo finché fu ucciso, e dopo di lui fu ucciso anche il povero Sancho.
    Questa versione è citata nella Storia della Spagna di Ramón Menéndez Pidal, nella Primera Crónica General, che riprende un libro di carattere storico scritto su iniziativa di Alfonso X il Saggio, dove ne viene fatto un racconto quasi epico:

«Como un enemigo hiriese gravemente el caballo que montaba el infante Sancho, dijo este al Conde: 'Padre, padre, el caballo que monto ha sido herido'. A lo que el conde respondió: 'Aguarda, que también a ti te herirán luego'. Y al punto cayó el caballo, y al caer con él el hijo del rey, descabalgó el conde y colocó entre su cuerpo y el escudo al infante, mientras la muerte se cebaba por todas partes. El conde, como era muy buen caballero, defendió a al infante por una parte cubriéndolo con el escudo y por la otra con la espada, matando a cuantos moros podía; pero al fin le cortaron el pie y al no poder tenerse, se dejó caer sobre el niño porque muriese él antes que el niño»

Note modifica

  1. ^ Sancho aveva circa 10 anni e il conte García Ordóñez aveva il compito di difendere la sua persona
  2. ^ alcuni storici sostengono che Sancho fosse nato nel 1093, quando sua madre, Zaida era l'amante del re e non era ancora divenuta la moglie di Alfonso VI
  3. ^ Álvar Fáñez era stato luogotenente del Cid
  4. ^ Fáñez infatti si salvò ed ebbe lo sgradito compito di portare la notizia della morte di Sancho al re, che dopo pochi mesi, anche per il dolore procuratogli da questa notizia, morì

Bibliografia modifica

  • Rafael Altamira, "Il califfato occidentale", in «Storia del mondo medievale», vol. II, 1999, pp. 477–515

Voci correlate modifica