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Il battiloro era una persona la cui professione consisteva nel battere con un enorme martello l'oro, riducendolo ad una sottilissima lamina in foglia (foglia d'oro); inserendo un grano d'oro in mezzo a due pelli animali e battendo energicamente sulle stesse, riduceva l'oro o l'argento in lamine di pochi micron di spessore. L'oro, in particolare, essendo il metallo più malleabile, si presta molto ad essere ridotto in lamine molto sottili. [1] Alcuni poi facevano delle strisce sottilissime che venivano avvolte ai fili di lana o di seta, per essere impiegate nella produzione di tessuti di lusso (per lo più destinati a parati sacri, essendo l'uso privato strettamente regolato dalle leggi suntuarie) e arazzi.

Un celebre battiloro palermitano fu Giuseppe D'Alesi, che fu a capo della rivolta del 1647. A lui Giuseppe Biscontini dedicò un dramma in quattro atti[2]

Laboratorio di battiloro (1784, Encyclopédie Diderot d'Alembert)

Oggigiorno questo processo viene realizzato industrialmente con macchinari per la laminazione di oro, argento e leghe non preziose, come il similoro.

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