Benedetto Mandina

giurista e vescovo cattolico italiano

Benedetto Mandina o Mantina (Melfi, 12 gennaio 1548Napoli, 2 luglio 1604) è stato un giurista e vescovo cattolico italiano. Fu emissario di papa Clemente VIII e inquisitore, membro della giuria che condannò Giordano Bruno e giudice del processo a carico di Tommaso Campanella.

Benedetto Mandina
vescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricopertiVescovo di Caserta (1594-1604)
 
Nato12 gennaio 1548 a Melfi
Ordinato presbitero20 settembre 1586
Nominato vescovo31 gennaio 1594 da papa Clemente VIII
Consacrato vescovo6 febbraio 1594 dal cardinale Alfonso Gesualdo di Conza
Deceduto2 luglio 1604 (56 anni) a Napoli
 

Biografia modifica

Nacque a Melfi nel 1548 (secondo altre fonti nel 1547), da Nicola, nobile di Rapolla, e Isotta. Dopo i primi studi, si trasferì a Napoli con la famiglia, conseguì la laurea in giurisprudenza ed esercitò la professione legale. Dopo un incidente causato dal calcio di un cavallo, che lo costrinse alla degenza, una volta guarito entrò nel gruppo dei padri teatini della Basilica di San Paolo Maggiore, dove fu protetto da Andrea Avellino e il suo confessore Marco Parascandalo.

Vestito l'abito talare il 4 dicembre 1583, fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1586 nella chiesa di San Silvestro di Roma e si dedicò allo studio della teologia e della filosofia, entrando in contatto con i personaggi più importanti della curia romana. Il pontefice Gregorio XIV gli offrì prima il vescovato di Novara e poi quello di Melfi ma Mandina li rifiutò entrambi.

Grazie al cardinale Giulio Antonio Santori, conobbe papa Clemente VIII e lo propose come sostituto di Agapito Bellomo per la sede vescovile di Caserta, implicata in diversi scandali sessuali, di furto e omicidio. Il papa, inizialmente indeciso, si convinse a conferirgli la nomina il 31 gennaio 1594 e Mandina fu inviato per risolvere i problemi della diocesi.

Clemente VIII, lo inviò in veste di diplomatico in Germania e Polonia, per incitare i sovrani Rodolfo II d'Asburgo e Sigismondo III di Svezia a formare un'alleanza con la Santa Sede per fermare l'avanzata dell'impero ottomano. Tornato in Italia, e, dopo un breve soggiorno a Roma, Mandina rientrò nella diocesi di Caserta. Per via del suo rigore, si attirò numerose antipatie, tant'è che, secondo alcune fonti, alcuni avversari versarono del veleno nel calice da lui usato per la messa ma se ne accorse immediatamente.

Tornato a Napoli, il cardinale Alfonso Gesualdo lo nominò amministratore della diocesi partenopea e ricevette l'incarico di ministro del Sant'Uffizio del Regno di Napoli. Come ministro del Sant'Uffizio fece parte della commissione che emanò la condanna a morte di Giordano Bruno e fu giudice dell'Inquisizione contro Tommaso Campanella. Mendina morì a Napoli il 2 luglio 1604 (secondo altre testimonianze 23 dello stesso mese) e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Alcuni padri teatini proposero la sua beatificazione ma non ci fu un seguito.

Genealogia episcopale modifica

La genealogia episcopale è:

Bibliografia modifica

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Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN37733116 · ISNI (EN0000 0000 1386 620X · SBN SBNV015489 · WorldCat Identities (ENviaf-37733116