Coltura da reddito

raccolto agricolo coltivato per essere venduto
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Una coltura da reddito[1] (in inglese cash crop) è un raccolto che si coltiva per il suo valore economico sul mercato.

Descrizione modifica

Le colture da reddito si distinguono dalle colture dell'agricoltura di sussistenza, secondo cui le colture, dedicate agli alimenti di base (in inglese staple crop), sono destinate all'alimentazione della famiglia del produttore o del suo bestiame. Un tempo, anche nell'agricoltura dell'Europa occidentale, le colture da reddito erano soltanto una piccola ma fondamentale parte della produzione dell'azienda agricola, mentre oggi, particolarmente nei Paesi sviluppati, quasi tutti i raccolti sono destinati alla produzione di un valore economico con cui ottenere sul mercato i beni e i servizi che la famiglia contadina necessita per la sua vita e non può produrre autonomamente.

Le colture da reddito sono coltivate industrialmente in paesi anche molto distanti dai luoghi di consumo (anche se il commercio mondiale dei prodotti alimentari è solo una piccola parte dei consumi), con tecniche e investimenti molto differenti dalle condizioni medie dell'agricoltura locale, perché la richiesta dei consumatori più benestanti ha il sopravvento rispetto alle possibilità di investimento e di creazione di reddito dell'agricoltura contadina. In apparente contrasto con gli interessi della popolazione, molti paesi che hanno ancora problemi di sottonutrizione, sono comunque esportatori di alimenti, foraggi, oleaginose, sementi o fiori recisi.

In molte zone tropicali e subtropicali, i cash crop sono costituiti da raccolti come la juta, il caffè, il cacao, la canna da zucchero, le banane, le arance e il cotone. Nelle zone temperate, tra i crash crop predominano i raccolti di Cereali, le oleaginose e alcune verdure destinate alla trasformazione industriale. Le colture da reddito hanno iniziato uno sviluppo esponenziale a partire dal colonialismo.

Note modifica

  1. ^ Nello Biscotti, Sergio Guidi, Vanna Forconi, Beti Piotto, Frutti dimenticati e biodiversità recuperata (PDF), su isprambiente.gov.it.

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