Castello di Suzey

castello nel comune italiano di Pont-Saint-Martin (AO)

Il castello di Suzey (pron. fr. AFI: [syzɛ]) è un castello medievale oggi ridotto a rudere a monte della frazione Ivéry del comune di Pont-Saint-Martin, in Valle d'Aosta, ai confini del territorio del comune di Perloz.

Castello di Suzey
(FR) Château de Suzey
Ubicazione
Stato attualeBandiera dell'Italia Italia
RegioneValle d'Aosta
CittàRue d'Ivéry 11
Pont-Saint-Martin
Coordinate45°35′45.5″N 7°48′41.5″E / 45.595972°N 7.811528°E45.595972; 7.811528
Mappa di localizzazione: Nord Italia
Castello di Suzey
Informazioni generali
TipoCastello
Condizione attualerudere
Visitabile
Sito webwww.lovevda.it/it/banca-dati/7/escursioni-di-un-giorno/pont-saint-martin/ponte-romano-riserva-naturale-di-holay-castello-di-suzey/2372
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Sorge sopra Ivéry, rialzato su di un modesto sperone roccioso rispetto al villaggio, su di un promontorio molto amato dagli escursionisti e tutelato con la riserva naturale stagno di Holay per il notevole interesse floristico.

Storia modifica

 
Fronte est del castello di Suzey (foto Jules Brocherel)

Seppure sembra sia stato eretto precedentemente, il castello è citato regolarmente dal XIV secolo nelle ricognizioni feudali della nobile e potente famiglia dei Vallaise, famiglia che aveva vari possedimenti e castelli nella valle del Lys e nella bassa valle della Dora, tra Perloz, Lillianes, Fontainemore, parte di Pont-Saint-Martin e Arnad (non a caso, derivavano dalla famiglia De Arnado): questo castello veniva quindi a trovarsi alla periferia della giurisdizione dei baroni Vallaise e i nobili rampolli che vi soggiornavano non mancavano di dar sfogo ai loro peggiori istinti, tra prepotenze e angherie: si narra che, nel 1351, Domenico e Gottofredo di Vallaise rapinarono, rapirono e vi condussero in prigionia un agiato mercante di Ivrea, Pietro di Stria, per chiedere un riscatto alla sua famiglia, restando per questo impuniti.[1]

Architettura modifica

 
Pianta e fronte ovest del castello di Suzey disegnato da Carlo Nigra su schizzo di Alfredo D'Andrade.

Il castello, oggi è completamente in rovina, era della tipologia dei castelli primitivi valdostani[2] ed era caratterizzato da una torre, oggi distrutta, che secondo studi recenti viene definita a sezione circolare e dal diametro di 5 metri, e che potrebbe far risalire al XII[2][3] o al XIII secolo[4]. Rilevava invece Carlo Nigra, che vi fece i sopralluoghi prima degli anni quaranta:

«(...) della torre non si possono conoscere le esatte dimensioni poiché essa è completamente rovinata ed i suoi ruderi ne coprono le fondamenta. Dallo studio di questi ruderi si può però arguire come essa avesse la porta voltata a tutto sesto e sopraelevata sul terreno circostante.[2]»

 
Una feritoia dall'interno

Le mura di cinta che la racchiudevano, oggi in parte soffocate dalla vegetazione e crollate, avevano forma irregolare per meglio adattarsi alle asperità del terreno. Ad esse, sul lato nord, si appoggiava il corpo abitativo principale, con mura di 80 centimetri di spessore[2].

Il corpo abitativo, probabilmente successivo di un secolo rispetto alle mura e alla torre[2], presentava un tetto a due falde, sovrastato da una merlatura sotto alla quale erano presenti i fori per lo scolo dell'acqua piovana[2]. Al pian terreno eravi un unico ambiente, dotato di feritoie, mentre l'unico ambiente del primo piano era dotato di finestre e bifore[2]. Nel sottotetto era ricavato un ulteriore ambiente illuminato dalle finestre ricavate dai due frontoni[2].

 
Le finestre e il portone

Il castello era anche dotato di una postierla che forse presentava un piccolo ponte levatoio.[2] Sulle facciate nord e ovest erano le finestre quadre, aveva un ingresso principale con archivolto in pietra lavorata e, rialzata rispetto ad esso, si legge ancora una bifora la cui colonnina è andata perduta. A sud si rileva una finestra quadrangolare in pietra.[3]

Note modifica

  1. ^ André Zanotto, pp. 126-127.
  2. ^ a b c d e f g h i Carlo Nigra, p. 29.
  3. ^ a b Castello di Suzey, su icastelli.it. URL consultato l'8 maggio 2024 (archiviato l'8 dicembre 2023).
  4. ^ Francesco Corni.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

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