Cattedrali e basiliche gotiche italiane

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Le cattedrali e le basiliche gotiche italiane sono grandi edifici originariamente cultuali realizzati nel periodo compreso tra XIII e XV secolo in stile gotico.

In Italia il gotico di stampo francese non attecchì mai come nel resto dell'Europa; sono tuttavia presenti opere architettoniche di assoluto rilievo nella scena internazionale. In Italia il gotico infatti si manifestò nelle forme più originali e diverse, presentando una varietà di stili diversi per regione o persino per città.

Elenco di cattedrali e grandi basiliche gotiche italiane modifica

 
Basilica di Santa Maria di Collemaggio (L'Aquila)
 
Basilica di Sant'Anastasia di Verona
 
Chiesa di Santa Maria Alemanna di Messina
 
Cattedrale di Barletta

Elenco delle cattedrali, basiliche e chiese gotiche sorte sul suolo italiano dal periodo Protogotico a quello Tardogotico

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Le varietà di Gotico modifica

 
Chiostro del convento di Santa Maria del Gesù a Modica, esempio di architettura religiosa gotico-catalana.

In Italia il Gotico ha assunto svariate forme, che differiscono da zona a zona. Le tipologie maggiormente diffuse furono inizialmente le strutture in gotico normanno, le cui essenziali linee sono citate precocemente nel Regno di Sicilia, dove, in contesti ancora tipicamente romanici appaiono elementi caratteristici dello stile, quali i contrafforti esterni a vista, le colonne ad altissimo fusto o la volta a crociera a sezione acuta. I massimi esempi sono le cattedrali di Cefalù e di Monreale. In Italia centrale si assiste intorno al XIII secolo alla diffusione del gotico Francescano, legato principalmente alle chiese fondate dall'ordine medesimo e caratterizzate da ambienti a unica nave. In Toscana si assiste alla maggiore frammentazione stilistica, con varietà tipizzate in ambiti territoriali più compressi, come le singole estensioni civiche. Si assiste dunque alla presenza di gusti ispirati maggiormente allo stile transalpino nel senese e contemporaneamente ad una persistenza del gusto romanico, a sua volta fortemente legato ad elementi precedenti di epoca paleocristiana, che sfocia in uno stile personalissimo e innovativo nel fiorentino. Nell'Italia settentrionale il romanico influenza ancora con l'uso del mattone e il repertorio plastico dei maestri comacini. Verso la fine del periodo dello stile architettonico si assiste invece ad un fenomeno di internazionalizzazione, legato ai maggiori nuclei politici del tempo, la fine del XIV e per tutto il XV secolo: la Spagna e la Francia. Quindi si assiste alla diffusione del gotico catalano nelle aree di influenza spagnola e del gotico fiammeggiante in quelle francesi. originale è la soluzione adottata dal gotico veneziano che fonde elementi del fiammeggiante con elementi romanici e greco-bizantini.

Di seguito una sintesi delle principali tipologie di gotico diffuse in Italia in ordine cronologico.

Architettura modifica

 
Volta costolonata (Palermo, chiesa di Santa Maria della Catena).
 
Contrafforti (Palermo, chiesa di S. Maria della Catena).
 
Rosone (basilica di San Francesco d'Assisi).

L'architettura delle chiese gotiche italiane è molto varia. Le differenze tra il gotico italiano e il gotico transalpino ed europeo sono principalmente l'uso di decorazioni e fregi in marmi e pietre policromi, assente in altre parti d'Europa dove è preferito il marmo monocromatico; l'uso del "materiale nobile" anche in facciata, piuttosto che la sola pietra; il gusto classicista e l'attenzione all'armonia e all'equilibrio tra gli elementi che "frena" l'espansionismo verticale gotico; le grandi vetrate e il principio di annullamento delle pareti, capisaldi del gotico francese, furono rimpiazzati nel gotico italiano da più armoniose decorazioni ad affresco o talvolta da tardi mosaici; nello stile italiano, si privilegiava l'ampiezza della campata, che dava armonia e spaziosità all'interno, escludendo dunque le grandi altezze raggiunte altrove, eccettuate rare occasioni, come la basilica di Santa Chiara a Napoli o il Duomo di Milano; le maggiori rappresentazioni del gotico in Italia si vedono più nelle strutture civili che in quelle religiose, evidente segno dello spirito essenzialmente municipale italiano da un lato (difatti costruzioni quali il Castello Maniace di Siracusa, il Palazzo Vecchio a Firenze o il Palazzo Comunale di Pordenone parrebbero confermare tale spirito) e un forte legame con il passato, il quale spesso - come a Roma, a Siracusa e nelle principali città di antica fondazione - era ancora evidente nei monumenti e nelle vestigia non ancora perdute con cui gli architetti si trovavano necessariamente a confrontarsi, dal punto di vista religioso.

L'architettura gotica italiana dunque si trova a metà tra elementi prettamente passati, come l'uso dell'affresco o l'ariosità delle navate basse e larghe spesso a unica campata, ed elementi transalpini che vengono citati, ma non necessariamente assimilati, come le guglie, i contrafforti, gli archi a sesto acuto, le volte costolonate. Un esempio unico è rappresentato nel Regno di Napoli angioino dove operarono maestranze francesi. Gli archi rampanti e i contrafforti venivano sovente celati, camuffati o del tutto eliminati. Così la Basilica di San Francesco ad Assisi presenta originalissimi ed eleganti avancorpi semicilindrici che sostituiscono le robuste forme rettangolari dei contrafforti, mentre nella basilica di Santa Maria Novella per evitare di usare archi rampanti esterni, si impostarono le chiavi di volta della navata centrale più in alto rispetto agli archi laterali, deviando così la spinta laterale della volta verso il basso. In Santa Croce Arnolfo di Cambio impostò sulle immense arcate e sulle finissime pareti della navata centrale una copertura a capriate senza l'ausilio di contrafforti. Spesso inoltre si adotta una pianta rettangolare per le campate delle navate laterali, a differenza di quelle quadrate della navata centrale per diminuire la spinta laterale e non usare archi rampanti.

Un'altra caratteristica dell'architettura gotica in Italia è la muratura. Se in Francia la parete è quasi totalmente abolita per far posto ad ampie vetrate colorate da dove deve filtrare la luce, in Italia si presentano ampie pareti con finestre non eccessivamente grandi, ma opportunamente lavorate per far entrare sufficiente luce, solitamente per non rinunciare alle vaste e continue superfici su cui affrescare grandi cicli pittorici. La necessità di ampie superfici pittoriche trova la sua massima espressione nella basilica di San Francesco d'Assisi, dove le pareti non hanno alcuna funzione strutturale, ma sono erette appositamente per il grande ciclo d'affreschi che le riempiono. Le spesse pareti inoltre avevano il vantaggio di mantenere una temperatura costante d'estate e d'inverno. Le rare eccezioni sono ancora la basilica di San Francesco a Bologna, la basilica di Santa Chiara a Napoli o il comparto absidale del Duomo di Enna.

Anche nella distribuzione interna degli spazi il gotico italiano tende a preferire stilemi più arcaici, come l'ariosità interna garantita da pochi pilastri o da colonne sostenenti larghi e bassi archi. I rari esempi sono per lo più fortemente influenzati dalle architetture francesi, come nel caso delle abbazie cistercensi, delle chiese francescane o quelle senesi in cui viene realizzata un'aula divisa da una selva di pilastri in numerose campate, di cui quelle delle navate laterali quadrate e quelle della navata centrale rettangolari.

Absidi modifica

 
Abside, interno (Santa Maria dello Spasimo, Palermo)

L'area presbiterale, nelle grandi cattedrali, è quella che per necessità religiose viene realizzata per prima. Questo permette dunque di stabilire una certa cronologia per la diffusione degli elementi gotici e nel contempo chiarisce perché determinate chiese, come la chiesa di Sant'Eligio Maggiore di Napoli ad esempio, presentino elementi puramente gotici nel presbiterio, mentre le navi appaiono già pertinenti a un primo rinascimento. Il comparto absidale delle cattedrali tende a riecheggiare acriticamente il gotico francese, senza apportare sostanziali novità, e talvolta presentando anche il deambulatorio, corridoio caratteristico dell'arte sacra d'oltralpe dal XIII secolo. Questo è il caso della basilica di San Lorenzo Maggiore a Napoli, costruzione propriamente francese, su cui si aprono anche le ampie finestrate. Tali strutture sono spesso sostenute da archi rampanti o contrafforti, come nel caso del Duomo di Enna o della basilica di San Francesco a Bologna, spesso celati o appiattiti dall'uso del mattone o da fasce orizzontali che ne frenano il verticalismo. Diverso è il caso di talune basiliche che mantengono l'abside curva anziché poligonale, come il Duomo di Siena, che nonostante il corpo strutturalmente molto vicino alle cattedrali francesi. Quest'ultima, il Duomo di Orvieto, l'abbazia di San Galgano e molte altre architetture del gotico senese prediligono in effetti un'abside piatta. L'abside a pianta semicircolare è presente nella chiesa di Santa Maria Assunta a Randazzo, la basilica inferiore di San Francesco ad Assisi, la chiesa di S. Maria di Maniace presso l'omonima abbazia di Bronte, la Commenda dei Cavalieri di Malta a Piazza Armerina, mentre la basilica di Sant'Antonio di Padova contempla una curiosa soluzione che riesce a rendere esternamente curvilinea l'abside di gusto gotico - poligonale, deambulata e con le relative cappellette - mediante un gioco di archi e serti murari che sostituiscono le piatte finestre.

Facciate modifica

 
Facciata della Duomo di Siena.
 
Facciata del Duomo di Orvieto.

La facciata nelle cattedrali è solitamente l'ultima cosa completata. Non a caso molti edifici ecclesiastici di notevoli dimensioni videro la conclusione della facciata con notevole ritardo - S. Maria del Fiore a Firenze e il Duomo di Milano furono completate solo nel XIX secolo - e spesso denunciano un cambio di genere o gusto in atto. Sono quindi poche le facciate originali compiute che si possano associare al gotico italiano e che siano particolarmente significative o rappresentative del genere. Due gli esempi più noti e scelti quali rappresentativi dello stile, sebbene siano gli unici casi ad avere un linguaggio architettonico simile: le cattedrali di Siena e di Orvieto. La faccia del duomo di Siena è la più antica tra le due e si presenta abbinata a un ricco repertorio iconografico. Progettata per la parte basamentale dallo scultore Giovanni Pisano che ne ricostruì in forme gotiche il piedicroce. Il modello d'ispirazione compositivo dei portali è forse la facciata della cattedrale di Chartres, nella loro disposizione e nelle pari altezze. I tre portali sono profondamente strombati e decorati nello sguancio da colonne ritorte e finemente scolpite. Gli archivolti sono sormontati da ghimberghe decorate da foglie rampanti. La decorazione è in stile gotico raggiante, come la cattedrale di Reims con nicchie cuspidate, numerose statue e gargouille. Il Pisano lavorò per la cattedrale fino al compimento del primo registro della faccia. Dopo numerosi cambi di progetto, la realizzazione della facciata superiore fu affidata a Camaino di Crescentino - si era detto anche Giovanni di Cecco nel 1376 - che realizzò una facciata tricuspidale non tenendo conto delle proporzioni del registro inferiore, quasi come e fosse un coronamento. Al centro campeggia un grandissimo rosone, incorniciato da una serie di nicchie contenenti i busti degli antenati di Cristo. Il tutto è sormontato da un'imponente cuspide triangolare e fiancheggiato da due pinnacoli. due logge finemente cesellate sono affiancate ai due pinnacoli e sono anch'esse sormontate da due cuspidi triangolari più piccole. L'intera facciata è chiusa lateralmente da due imponenti contrafforti finemente decorati da statue, nicchie, doccioni e guglie e alleggeriti da finestre. La facciata fu terminata intorno al 1310, come attesta un documento che sollecita la realizzazione di un mosaico per la cuspide centrale.

 
Facciata della chiesa di Sant'Antonio di Padova ad Acireale.

Intorno allo stesso anno il senese Lorenzo Maitani cominciò i lavori per la facciata del Duomo di Orvieto. Egli realizzò, prendendo come spunto l'appena terminata facciata del Duomo di Siena un sistema tricuspidale che si rivelerà però più unitario. Infatti i moderni storici dell'arte[senza fonte] considerano la facciata della cattedrale orvietana una versione perfezionata di quella senese. Essa è divisa in tre fasce verticali da quattro poderosi contrafforti. La zona inferiore è dominata dalla mole del portale centrale affiancata dai più piccoli portali centrali. Tutti e tre sono cuspidati e la ghimberga del portale centrale è un triandolo equilatero, mentre quelle dei portali laterali sono triangoli isosceli. Una sottile loggetta corre per quasi tutta la larghezza della facciata ed è interrotta dai contrafforti. Un piccolo ma cesellato rosone domina il registro superiore. Esso è inscritto in un quadrato formato da quabrilobi contenenti le teste dei re, che è allo stesso tempo inscritto in un altro quadrato i cui lati sono costituiti in basso dalla loggetta, e lateralmente ed in alto da nicchie contenenti statue. La cuspide centrale è anch'essa un triangolo equilatero. Le cuspidi laterali sono triangoli equilateri che sormontano quadrati. I quattro contrafforti terminano in altrettante guglie coniche. La particolarità decorativa della facciata sta nel fatto che è quasi interamente ricoperta di mosaici su fondo d'oro, quasi a riecheggiare le antiche tradizioni musive italiane.

Queste due soluzioni tuttavia costituiscono le uniche eccezioni alle facciate gotiche italiane, le quali, laddove complete, si presentano ancorate agli stilemi romanici, con la sola aggiunta di pilastri in facciata per sostenerne il peso. Raramente il campanile viene inglobato nel resto della facciata - solitamente invece sconnesso dalla chiesa, come nel caso della chiesa dell'Assunta ad Erice o gli eccezionali esempi del campanile giottesco della Santa Maria del Fiore e della San Martino di Randazzo, o più spesso attaccati al corpo della chiesa come per la basilica di San Francesco d'Assisi o la chiesa dei Francescani a Bolzano - come avviene nelle chiese francesi e tedesche: è il caso della basilica di Sant'Andrea di Vercelli o della cattedrale di San Lorenzo a Genova, ma esistono anche soluzioni piuttosto articolate e innovative, come nel caso della cattedrale di Palermo, forse unico caso in cui la facciata principale risulta essere quella laterale - anch'essa gotica, sebbene tarda e in gusto catalano - mentre l'ingresso alla nave centrale risulta fuso con il tessuto urbano da grandiosi archi rampanti. La facciata appare decorata da singolari cornici che disegnano una facciata nella facciata, imitante i modelli orientali, ben noti agli architetti veneziani della chiesa di San Giovanni in Bragora o nel massimo esempio del genere - un gotico "orientaleggiante" - ossia la facciata tardo-gotica del San Marco. Tale gusto, influenzato certamente dai rapporti di natura commerciale con l'Impero bizantino, era evidente anche nella prima facciata del Duomo di Messina, rifatta però già in seguito al terremoto della Calabria meridionale del 1783, quindi dal sisma del 1908 e dal bombardamento del 1943. Tuttavia, a parte gli esempi predetti e poche altre varianti, il modello principale era dettato dal gusto romanico precedente, con la variante di piccoli accorgimenti, quali l'apertura del rosone sopra l'ingresso, la strombatura del portale, la presenza di contrafforti in facciata. Un valido esempio di tale modello lo troviamo nella chiesa di Sant'Anastasia di Verona, in cui è perfettamente leggibile, a differenza delle chiese francesi o tedesche, la differenza di altezze delle navate, chiuse da soffitti a spioventi. Altre varianti sono a spiovente semplici, con ricchi portali elaborati e rosoni ad intreccio di colonnette, come la chiesa di Sant'Agostino di Trapani. Una forma sempre derivata da modelli romanici è la facciata rettangolare, priva di differenze tra le navi, caratterizzata da un portale centrale strombato e riccamente decorato, un rosone e bande orizzontali ottenute da pietre o marmi di colori diversi. Seguono l'esempio la basilica di Santa Maria di Collemaggio, il duomo e la chiesa di San Giovanni Battista ad Atri, il santuario di Santa Maria di Stignano presso San Marco in Lamis.

Decorazione modifica

 
Finestra bifora (duomo di Siena).
 
Comparto plastico ed architettonico (Pisa, S. Maria della Spina).
 
Interno e cicli pittorici (basilica di San Francesco d'Assisi).
 
Invetriata (duomo di Siena).

In Francia il genere gotico di costruzione imponeva di ridurre al minimo le pareti per aprire grandi finestre, dando alle strutture un aspetto diafano. In Italia si rinunciò a tutto questo per non permettere che la struttura perdesse tutta la sua monumentalità ed imponenza. Questo non limitò la possibilità e l'estro decorativo, che conosce invece diverse modalità di notevole effetto, sfruttando la possibilità di pietre policrome - spesso si preferivano le diverse venature del marmo, ma talora anche le calcareniti, i graniti, il basalto o persino la pietra lavica Quest'ultima conosce un uso imperante nelle città etnee, Chiese come le cattedrali di Siena e di Firenze fecero un largo impiego dei marmi policromi, prevalentemente con bande orizzontali che ne ricoprono le pareti. Un sapiente uso delle finestre ne fece un oggetto di notevole impatto decorativo, con prevalenza di bifore e trifore, ma con esempi anche piuttosto azzardati di quadrifora (ad esempio nel presbiterio del duomo di Orvieto) o le polifore del duomo di Milano.

L'uso delle sculture in facciata è mediato ancora dal repertorio romanico che influenza anche sulla "parsimonia" decorativa delle fabbriche gotiche italiane, ma non mancano notevoli opere del repertorio plastico italiano, le quali, a partire dalle scuole artistiche del Meridione operanti presso la coorte di Federico II, si ispirano a modelli della statuaria classica, raggiungendo notevoli livelli di realismo. In particolare si distinse l'opera di Giovanni Pisano e della sua scuola i quali scolpirono per il Duomo di Siena il ciclo dei profeti e delle sibille della facciata e gli apostoli al sommo dei contrafforti. A farle eco, la facciata della cattedrale di Orvieto presenta pure un ricco apparato plastico sui quattro basamenti dei contrafforti della facciata, costituito da altorilievi narranti le storie della genesi e terminanti nel Giudizio Universale, opera di Lorenzo Maitani. Al Maitani sono anche attribuite anche delle sculture bronzee e il gruppo plastico della maestà nella lunetta del portale centrale. Il repertorio del duomo di Milano è senza dubbio il più ricco, per le ragioni più volte espresse, ed è composto da più di 3400 statue, fra cui 96 Giganti al sommo dei contrafforti che reggono i doccioni i quali sono le più antiche statue del duomo, oltre a quelle dei ricchi portali delle due sagrestie e le decorazioni del deambulatorio. Un ricco repertorio plastico è pure presente nell'avancorpo della cattedrale di Palermo, mentre in genere la ricchezza compositiva scultorea si limitava quasi al solo portale.

Ampio spazio invece era dato alla pittura. Internamente infatti molte basiliche erano decorate da complessi cicli di affreschi. Il più rappresentativo è forse costituito dal ciclo della basilica di San Francesco d'Assisi, realizzato dai maestri Giotto e Cimabue, tra i più importanti rappresentanti della pittura italiana due e trecentesca. Il primo affrescò le pareti dell'unica navata con le storie della vita di San Francesco ed il coro, mentre il secondo affrescò i bracci del transetto e la volta del presbiterio. Cimabue già fu presente per la realizzazione del comprensorio pittorico della basilica inferiore, assieme al gruppo dei senesi. Le grandi superfici affrescate si riconoscono in molti templi, quali per esempio le basiliche di Santa Maria Novella e di Santa Croce a Firenze, che ornarono le loro cappelle con stupendi cicli pittorici eseguiti dai più noti artisti dell'epoca. La pittura conosce una fresca aria di novità grazie ai pittori del centro-nord i quali iniziano la strada per il naturalismo pittorico, mentre al sud e in Sicilia si preferisce l'eleganza e la ricercatezza della composizione bizantina, con poche significative varianti, quali ad esempio l'uso del campo azzurro invece del campo dorato. Tra gli esempi più significativi la chiesa di Sant'Andrea a Castiglione o il priorato di Sant'Andrea non lungi Piazza Armerina.

La predilezione nei confronti della pittura su fresco non permise un grande sviluppo dell'arte dell'invetriatura, che tutto cionondimeno produce notevoli esempi sebbene ad opera di maestranze estere. È il caso del ciclo di vetrate istoriate nella basilica di San Francesco d'Assisi eseguite da maestranze tedesche. Tuttavia sono presenti anche realizzazioni locali, come la vetrata del Duomo di Siena eseguita nel 1288 da Duccio di Buoninsegna il quale, studiando in Francia, volle importare il gusto del gotico francese in Italia, personalizzandolo con apporti di notevole eleganza. Altri cicli noti sono presenti nella basilica di Santa Croce di Firenze e nella tardogotica cattedrale, nonché ad Orvieto la vetrata della redenzione realizzata da Lorenzo Maitani. Altri cicli invetriati dovettero pure esistere in diverse chiese gotiche e tardo-gotiche italiane, ma spesso non sono sopravvissute ai secoli e alle modifiche umane.

Architetti modifica

Data la scarsa rilevanza che in passato si diede all'arte gotica (lo stesso termine gotico viene da goto e indica un disprezzo per un'arte considerata barbarica), gli scarsi documenti pervenutici e anche la mancanza di firme sulle chiese tranne in rare occasioni, spesso i nomi degli architetti delle chiese gotiche italiane sono caduti nell'oblio, tuttavia almeno in alcuni casi si è potuto risalire a diversi autori anche piuttosto noti. Nel corso del XIII secolo appaiono dunque i nomi di tal Marco da Brescia come architetto della basilica di San Francesco a Bologna, di Giovanni Pisano quale autore del piedicroce del duomo di Siena e della facciata inferiore, di Giotto architetto a Firenze per il campanile e a Padova per la cappella Scrovegni, nel 1310 quindi appaiono Lorenzo Maitani per la facciata del duomo di Orvieto e Simone del Pozzo per l'alto campanile (raggiunse quasi i cento metri) della cattedrale di Catania. In seguito a Firenze, per la basilica di Santa Croce e per il progetto iniziale della Santa Maria del Fiore, conosciamo Arnolfo di Cambio, mentre più cospicuo è l'elenco di architetti susseguitisi per la realizzazione del duomo di Milano a partire dalla sua fondazione nel 1386. Essi appaiono in parte transalpini ma soprattutto italiani: Simone d'Orsenigo, Nicolas de Bonaventure, Jean Mignot, Jacques Coene, Enrico di Gmünd (i quali operarono solo per breve tempo) e Gabriele Stornaloco. A Palermo emerge la figura di Matteo Carnilivari, attivo nella capitale del Regno tra gli anni 1487-1493 e autore del Palazzo Abbatellis. Antonio di Vincenzo operò per la basilica di San Petronio a Bologna, mentre alcuni autori più tardi, in pieno rinascimento, ancora realizzarono attardamenti gotici. È il caso di Bernardo Rossellino, architetto del Duomo di Pienza: papa Pio II chiese all'architetto, essendo appena ritornato da un viaggio in Austria, di edificare a Pienza una chiesa come quelle che aveva visto nel paese alpino. Rossellino edificò così una hallenkirche, ovvero una chiesa in stile gotico tedesco, a sala, con tre navate di eguale altezza, deambulatorio e cappelle radiali.

Bibliografia modifica

  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.

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