Cenotafio di Ludovico il Moro e Beatrice d'Este

Il Cenotafio di Ludovico il Moro e Beatrice d'Este è un gruppo scultoreo in marmo di Carrara composto dalle due statue giacenti dei duchi di Milano, oggi conservato nella Certosa di Pavia. Opera dello scultore Cristoforo Solari detto "il Gobbo" e realizzato nel triennio 1497-1499, esso avrebbe dovuto fungere da coperchio per il sepolcro degli stessi duchi, ma non fu mai utilizzato e rimase incompiuto.[1]

Cenotafio di Ludovico il Moro e Beatrice d'Este
Cenotafio di Ludovico e Beatrice alla Certosa di Pavia nell'attuale collocazione.
AutoreCristoforo Solari, detto "il Gobbo"
Data1497-1499
Materialemarmo di Carrara
UbicazioneCertosa, Pavia
Coordinate45°15′25.2″N 9°08′52.8″E / 45.257°N 9.148°E45.257; 9.148

Storia modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Morte di Beatrice d'Este.
Il bellissimo profilo della duchessa Beatrice

Nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 1497 la duchessa Beatrice d'Este morì a causa di un parto prematuro. Sconvolto dalla perdita dell'amatissima sposa, il duca Ludovico il Moro commissionava già pochi giorni dopo a Cristoforo Solari un magnifico monumento funebre che avrebbe dovuto ospitare le loro spoglie mortali, dichiarando che «piacendo a Dio avrebbe un giorno riposato accanto a sua moglie fino alla fine del mondo».[2] Nell'aprile incaricò Battista Sfrondato di comprare a Venezia i marmi di Carrara - il marmo più pregiato al mondo - per dare opera alla fabbrica designata nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, da lui elevata a mausoleo della famiglia Sforza.[3]

 
Il Cenotafio in una stampa antica.

Simbolo di unione coniugale perpetua,[4] il sepolcro è uno dei pochi esempi, in Italia, di tomba doppia appositamente pensata per coniugi.[5] Nell'ambito dei provvedimenti celebrativi attuati dal Moro e volti a decretare l'apoteosi della consorte,[6] esso rappresenta una innovazione iconografica di grande significato, che indica la precisa volontà di porre sé e la moglie come i legittimi detentori del potere e rifondatori della dinastia, al pari delle altre grandi monarchie europee.[5] Il fatto poi che il Moro si fosse fatto raffigurare morto mentre era ancora in vita, cosa assai insolita per quei tempi, esprime il fatto che la morte della moglie lo avesse ormai privato di ogni ragione di vita.[7]

Il monumento fu disegnato, secondo Giorgio Vasari, da Gian Giacomo della Porta, da non confondersi con l'omonimo scultore della generazione successiva. Costò ben 15.000 scudi d'oro[3] ma, a causa della conquista francese del ducato, rimase incompiuto, come si può notare dal cuscino non decorato della duchessa Beatrice, e dalla sua stessa acconciatura appena sbozzata.[1] Tuttavia era già in gran parte eretto nell'abside della chiesa.[1] In seguito alle disposizioni del Concilio di Trento sulle sepolture (1564), a causa dell'eccessivo zelo del cardinale Borromeo, esso venne scomposto e in gran parte disperso. Solamente il coperchio con le statue funebri, per la pietà dei monaci certosini, venne salvato, e acquistato da Oldrado Lampugnano per l'esigua somma di 38 scudi, fu trasferito vuoto alla Certosa di Pavia, dove tutt'oggi si trova.[3]

 
La pietra tombale di Beatrice d’Este in una xilografia di Giuseppe Barberis.

In base alle ricerche compiute da Luca Beltrami, per molti secoli le due statue vennero tenute separate, in posizione innaturale, ossia incastrate verticalmente nel muro dell'abside trasversale della Certosa. Tra il 1819 e il 1836 si pensò di posizionarle in orizzontale, ma su due distinti e alti basamenti di marmo rosso venato. Soltanto grazie all'intervento dello stesso Beltrami, nel 1890, le statue furono infine ricongiunte sopra un unico basamento in marmo rosso più basso:[8] così si poté finalmente apprezzare la resa realistica dei ritratti, dalla quale emerge perfino la notevole differenza d'altezza fra i due coniugi.[3]

Diversamente da quanto sostiene Luca Beltrami, tuttavia, nella Historia sagra intitolata Mare Oceano di tutte le religioni del mondo di Silvestro Maruli, pubblicata nel 1613, troviamo scritto: "vicino al sepolcro del detto Duca Giovanni Galeazzo alla parte de' piedi vi è la statua di Lodovico il Moro Duca di Milano, similmente di tutto rilevo, che giace disteso in terra; alla parte del capo vi sta giacendo anchora nel suolo Beatrice sua moglie Duchessa, di rilevo in candido marmo scolpiti".[9]

Descrizione modifica

Particolare del cenotafio con le effigi di Ludovico e Beatrice. Calco del Museo Puškin

I due coniugi sono scolpiti l'uno di fianco all'altro, in una sorta di morte ideale che li coglie nello stesso momento e che ricorda più un sonno beato. Sul fianco sinistro il duca Ludovico, avvolto in un'ampia sopravveste dalle numerose pieghe, dalla quale emergono le maniche e il collo del farsetto, trattiene con la mano sinistra la berretta ducale. Il capo, con la tipica acconciatura del periodo con frangia a scalare, poggia su un cuscino riccamente decorato con le imprese sforzesche.

Sul fianco destro la duchessa Beatrice indossa una camora aderente con raffinato ricamo a rete,[1] dalla quale emergono gli sbuffi della camicia sottostante. Le mani sono avvolte in un manicotto di zibetto, una delle mode da lei lanciate, mentre ai piedi indossa un paio di pianelle. I capelli sono acconciati nel tipico coazzone, con la frangia di corti riccioli - adottata poco prima della morte - e due ciocche più lunghe che scendono fino al petto. Proprio il dettaglio della scuffia appena sbozzata ai lati del capo, nonché del cuscino privo di decorazioni, rivela che la scultura rimase incompiuta.[1]

(FR)

«Après trois siècles de séparation, ce mari et cette femme qui s’étaient tant aimés se trouvent enfin réunis selon le désir qu’en avait exprimé le duc de Milan. Ils sont là côte à côte; Ludovic grand, fort, comme tous les Sforza, la tête appuyée sur un riche coussin brodé avec les lettres L. D. Ludovic Dux, les cheveux abondants séparés sur le milieu de la tête, enveloppé tout entier dans les plis d’un ample vêtement de soie tenant son chapeau de ses mains croisées sur sa poitrine. Béatrix, petite, la tête également appuyée sur un coussin moins orné, les cheveux frisés retombant en boucles sur ses épaules; elle est vêtue d’une longue robe à traîne dont la jupe et le corsage sont ornés de dessins soutachés, ses mains croisées sur sa poitrine sont cachées par une sorte de fourrure qui semble lui servir de manchon; ses pieds sont chaussés de souliers à hautes semelles pour atténuer l’exiguïté de sa taille.»

(IT)

«Dopo tre secoli di separazione, questi marito e moglie, che si erano tanto amati, si ritrovano finalmente riuniti secondo il desiderio espresso dal Duca di Milano. Sono lì fianco a fianco; Ludovico alto, forte, come tutti gli Sforza, la testa appoggiata su un ricco cuscino ricamato con le lettere L. D. Ludovic Dux, gli abbondanti capelli con la riga al centro della testa, avvolto interamente nelle pieghe di un ampio indumento di seta che regge il cappello con le sue mani incrociate sul petto. Beatrice, piccola, la testa egualmente appoggiata su un cuscino meno decorato, i capelli ricci che le cadono in boccoli sulle spalle; è vestita con un abito lungo con strascico, la cui gonna e corpetto sono ornati con disegni di soutache, le mani incrociate sul petto sono nascoste da una specie di pelliccia che sembra fungere da manicotto; i suoi piedi sono calzati con scarpe con la suola alta per alleviare la piccolezza della sua taglia.»

Galleria d'immagini modifica

Note modifica

  1. ^ a b c d e Archivio storico dell'arte, Volume 9, 1896, pp. 189-192.
  2. ^ Alberti de Mazzeri, p. 202.
  3. ^ a b c d Beltrami, pp. 1-10.
  4. ^ Andrea Bregno: il senso della forma nella cultura artistica del Rinascimento, Andrea Bregno, Maschietto, 2008, p. 80.
  5. ^ a b Demeures d'éternité: églises et chapelles funéraires aux XVe et XVIe siècles: actes du colloque tenu à Tours du 11 au 14 juin 1996, Jean Guillaume, Picard, 2005, p. 108.
  6. ^ Ludovicus dux. Politica, tradizione e propaganza, Luisa Giordano, 1995, Diakronia, pp. 101-103.
  7. ^ Robert de La Sizeranne, Béatrice d'Este et sa cour, 1920, pp. 65-67.
  8. ^ R. Battaglia, Le 'Memorie' della Certosa di Pavia, in "Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa", XXII, 1 (1992), p. 162
  9. ^ Historia sagra intitolata Mare Oceano di tutte le religioni del mondo. Diuisa in cinque libri. Composta da monsignor D. Siluestro Maruli, o Maurolico messinese, dottor theologo, & abbate di S. Maria di Roccamadore dell'Ordine Cisterciense. Dedicata alla maesta catholica di Filippo terzo re di Spagna, Silvestro Maruli, 1613, p. 134.

Bibliografia modifica

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