Censura nella Repubblica Democratica Tedesca

(EN)

«They are afraid of words and thoughts; words spoken abroad, thoughts stirring at home — all the more powerful because forbidden — terrify them. A little mouse of thought appears in the room, and even the mightiest potentates are thrown into panic.»

(IT)

«Temono le parole ed i pensieri; quel che si dice all'estero, i pensieri che infiammano in patria ... Li terrorizzano: tanto più potenti perché proibiti. Quando appare nella stanza un piccolo topolino del pensiero, perfino le potenze più possenti vanno in preda al panico.»

La censura nella Repubblica Democratica Tedesca venne rigidamente applicata, in maniera analoga a quella degli altri paesi del blocco sovietico, a partire dal 1949 e rimase in vigore fino al dissolvimento della RDT, quando, nel 1990, quest'ultima venne riunificata (Deutsche Wiedervereinigung) alla Repubblica Federale Tedesca.

Libro in cui sono elencate le opere sequestrate dal governo della Repubblica Democratica Tedesca. L'opera, denominata Anschreibebuch, è oggi esposta al Deutsches Zollmuseum di Amburgo.

La Germania dell'Est nel 1949 elaborò una costituzione che, formalmente, sanciva il diritto alla libertà di parola e di stampa; nonostante ciò la storia della DDR fu segnata da numerosissimi atti censori.

Difatti, in quasi tutti i settori (letterario, cinematografico, giornalistico, televisivo e musicale) vennero censurate tutte le opere che, in un modo o nell'altro, criticavano il sistema socialista risultando simpatizzanti al fascismo.

Storia modifica

Dal 1945 al 1949: la zona d'occupazione sovietica modifica

La zona di occupazione sovietica della Germania, nata nel 1945, cessò di esistere nel 1949. Durante l'esistenza della stessa si applicò un rigido controllo dei media e della letteratura che non mirava ad estirpare la cultura occidentale dallo stato bensì a denazificarlo.[4]

Inoltre, sempre nel settore sovietico della Germania, venne formato il Dipartimento di Propaganda (in russo управление пропаганды?), poi tramutatosi nell'Amministrazione delle Informazioni (in russo управление информации?), il quale gestiva gli atti censori e propagandistici; il direttore di tali amministrazioni fu, dal 1945 al settembre del 1949, l'ufficiale Sergei Ivanovich Tiulpanov.[5]

Con la fondazione della Repubblica Democratica Tedesca, avvenuta nel 1949, la censura diverrà molto rigida e verrà applicata a tutte le arti ed i media.

Dal 1949 al 1989: la Repubblica Democratica Tedesca modifica

 
Una parata celebrativa a Berlino Est per i 40 anni della nascita della DDR.

Succede alla zona di occupazione sovietica la Repubblica Democratica Tedesca, spesso abbreviata in DDR, la quale venne fondata il 7 ottobre 1949.

La pubblicazione di qualsiasi elaborato era subordinata a un attento controllo dello stato; quest'ultimo la esaminava per verificarne l'aderenza "agli interessi nazionali". Inoltre, i giornalisti non approvati dal governo tedesco non potevano essere assunti in alcun modo.[6]

L'obiettivo primario della censura applicata dalla Repubblica Democratica Tedesca era quello di proteggere gli interessi del comunismo. Infatti vennero sottoposte ad atti censori tutte le opere che criticavano il sistema socialista o che risultavano simpatizzanti al fascismo.[6]

Tutti coloro che realizzavano scritti non graditi dal governo della DDR potevano subire pene più o meno varie (per più informazioni, vedi sotto).

Quadro legislativo modifica

Affermazioni della costituzione modifica

La costituzione originale della DDR (in lingua locale Verfassung), stilata nel 1949, non prevedeva la censura della stampa. L'articolo 9 della stessa affermava:[7][8][9]

(DE)

«1. Alle Bürger haben das Recht, innerhalb der Schranken der für alle geltenden Gesetze ihre Meinung frei und öffentlich zu äußern und sich zu diesem Zweck friedlich und unbewaffnet zu versammeln.
2. Eine Pressezensur findet nicht statt.»

(IT)

«1. Tutti i cittadini hanno il diritto di esprimere le loro opinioni (entro i limiti di tutte le leggi finora applicate) e di riunirsi pacificamente, a tal fine.
2. Non vi sarà alcuna censura della stampa.»

 
Ecco come appariva la costituzione della Repubblica Democratica Tedesca nel 1949.

Tuttavia, nella costituzione del 1968, non si ricorse più all'uso del termine "censura".[10] Inoltre venne riformulato il nono articolo della Verfassung, il quale venne incluso nel neonato art. № 27.

Di seguito quel che attestava l'art. № 27:[10][11][12]

(DE)

«1. Jeder Bürger der Deutschen Demokratischen Republik hat das Recht, den Grundsätzen dieser Verfassung gemäß seine Meinung frei und öffentlich zu äußern. Dieses Recht wird durch kein Dienst- oder Arbeitsverhältnis beschränkt. Niemand darf benachteiligt werden, wenn er von diesem Recht Gebrauch macht.
2. Die Freiheit der Presse, des Rundfunks und des Fernsehens ist gewährleistet.»

(IT)

«1. Ogni cittadino della Repubblica Democratica Tedesca ha il diritto di esprimere i principi costituzionali, secondo la sua opinione, apertamente e liberamente. Tale diritto non è limitato da alcun servizio o lavoro. Nessuno può essere discriminato, caso in cui eserciti tale diritto.
2. Viene garantita la libertà della stampa, della radio e della televisione.»

Da ciò è possibile evincere che nella DDR non avrebbe dovuto verificarsi alcun atto censorio[senza fonte], viste le affermazioni della Verfassung tedesca.

Diritto penale modifica

Il codice penale della Germania dell'Est introdusse una serie di norme giuridiche che, in un modo o nell'altro, potevano rivelarsi contraddittorie rispetto alle affermazioni della costituzione.

Era punito:[13][14]

  • Articolo № 106 - Chi ricorreva all'uso di una «propaganda anti-stato» o di «mezzi per diffondere l'ideologia borghese».
  • Articolo № 219 - Chi possedeva o distribuiva del materiale proveniente dall'Occidente.
  • Articolo № 220 - Chi diffamava lo stato attraverso l'ausilio di riviste, radio o televisioni.
  • Articolo № 245, 246 - Chi compiva un "tradimento segreto", ovvero diffondeva informazioni riguardanti la Repubblica Democratica Tedesca alle potenze occidentali.

Chi non rispettava le norme stabilite dalla DDR poteva subire delle pene variabili. Infatti chi infrangeva tali regole poteva ricevere un semplice ammonimento oppure una multa. Altre volte, invece, si ricorse ad arresti, alla detenzione domiciliare, all'espulsione dal Partito Socialista Unificato di Germania (SED), solo per coloro che ne erano membri; in alcuni casi eccezionali venne imposto perfino l'esilio in altri paesi facenti parte del blocco sovietico.[13]

 
Lo scrittore tedesco Karl Kraus affermò che «la satira, vittima della censura, era proibita dalla legge».[15][16]

Quadro generale modifica

Censura letteraria modifica

In ambito letterario vennero applicate numerosissime censure. Difatti ciascuna delle 80 case editrici della DDR era strettamente controllata dal Ministero della Cultura, che aveva il potere di approvare (o respingere) la pubblicazione di un'opera, indipendentemente dalle decisioni precedentemente prese dagli editori.[17]

Un libro, prima di essere stampato, doveva essere esaminato dal Ministero. Tuttavia, dato che la censura ufficialmente non era accettata, non c'erano delle regole uniformi: quindi una decisione poteva essere condizionata dagli obiettivi politici del blocco sovietico oppure dal gusto di ogni funzionario.[17]

Furono sottoposte ad atti censori molte opere di romanzieri ben noti, quali Stefan Heym, Irmtraut Morgner e Werner Braunig. Tra le tante cose, vennero censurati anche un libro di Ferdinand Lassalle, che venne inteso come «una critica al sistema socialista», e alcuni romanzi degli scrittori Heiner Müller e Irmtraut Morgner.[17]

Censura cinematografica modifica

 
Il film Jahrgang 45, in cui Jürgen Böttcher (nell'immagine) era il regista, venne censurato dalla DDR.

Anche se la costituzione del 1968 aveva effettivamente promesso la libertà di espressione, la DDR continuò ad effettuare liberamente atti censori dove essa riteneva necessario, anche senza avere una base giuridica.

Solitamente venivano censurate le seguenti categorie di film:[6]

  • Le proiezioni in cui si sottolineava che la vita in Occidente era nettamente migliore rispetto a quella in Oriente;
  • I film di atmosfera liberale;
  • Le pellicole nelle quali si esprimeva un desiderio di migliorare il socialismo.

Vi erano comunque molti tipi di censura cinematografica.

In alcuni film vennero solo eliminati degli spezzoni, che in un modo o nell'altro potevano risultare ostili al partito. Per esempio nel film Spur der Steine, realizzato nel 1966 sotto la regia di Frank Beyer, vennero eliminate alcune scene poiché davano «una visione distorta della realtà socialista, del suo partito glorioso e dei sacrifici dei suoi membri».[18][19][20]

Per altre proiezioni, invece, toccò un destino peggiore: in questo caso, venne vietata totalmente la loro visione e riproduzione. Fra i più importanti si annoverano:[21]

Venne comunque vietata la visione di molti altri film.[21]

 
La Germania dell'Est; la Tal der Ahnungslosen è evidenziata in rosso.

Censura giornalistica modifica

Tutti i giornali vennero allineati secondo il volere della DDR. Infatti nel 1950 venne steso un elenco dove erano riportate tutte le riviste la cui distribuzione era vietata; in quest'ultimo è possibile trovare per esempio il noto settimanale Sputnik, censurato dalle autorità della DDR poiché alcuni suoi contenuti risultavano ostili al governo della Germania dell'Est.[6]

Tutti gli articoli venivano controllati da un Zentralkomitee, ovvero un Comitato Centrale, il quale poteva decidere se pubblicare o meno un certo scritto. Tutti gli articoli che non corrispondevano all'ideologia sovietica venivano duramente penalizzati; non raramente vi sono state delle sanzioni economiche a giornalisti o gruppi editoriali.[22]

Censura della radio e della televisione modifica

La censura della radio e della televisione è stata, in assoluto, la risorsa meno efficace presa dal governo della Germania orientale. Infatti in tutto il paese era possibile vedere i programmi televisivi o radiofonici occidentali a parte in un'area, la cosiddetta Tal der Ahnungslosen (in italiano Valle della Disinformazione), dove a causa delle condizioni topografiche e atmosferiche era impossibile recepire i segnali TV dall'Occidente.[6][23]

Di conseguenza quasi tutti i cittadini della DDR assistevano ai programmi occidentali, sfuggendo così ai rigidi controlli del governo della Germania dell'Est (ed infrangendo per di più il codice penale, art. № 219); infatti i programmi televisivi della Germania dell'Est erano guardati ben poco dagli abitanti di quest'ultima, considerando che nel 1982 nel paese vi era una sola emittente televisiva, la cui sede era nel settore orientale di Berlino.[6][23]

Censura musicale modifica

 
Il cantautore tedesco Wolf Biermann si esibisce a Lipsia nel 1989.

La rigida censura applicata dalla DDR colpì anche la musica. In un modo simile a quanto accadde con i libri, ciascun brano era controllato dal governo; difatti, prima di procedere con la pubblicazione di una canzone, quest'ultima doveva dapprima essere esposta al Ministero della Cultura, che ne poteva decidere le sorti.

Molti furono i cantautori le cui opere vennero sottoposte alla censura. Per esempio nel 1976 venne impedita la distribuzione dei brani di Wolf Biermann, che criticò apertamente la Germania orientale durante un suo concerto; il cantante, inoltre, venne privato della cittadinanza ed espatriato per «aver gravemente violato i doveri del cittadino».[24] Molti cantautori tedeschi, come Manfred Krug e Nina Hagen, protestarono contro le ingiustizie subite da Biermann, ma il governo della DDR rispose censurando anche le canzoni degli artisti citati.[25]

Inoltre, come è ben facile pensare, furono sottoposte ad atti censori anche tutte le canzoni provenienti dagli stati occidentali. Questo è quello che successe al singolo di Udo Jürgens Es war einmal ein Luftballon; venne infatti vietato l'ascolto di quest'ultimo fino al 1987.[26]

Vennero sottoposti ad atti di censura perfino i dischi dei Beatles, che vennero reputati di «mentalità antisocialista».[27]

Note modifica

  1. ^ Churchill, p. 73.
  2. ^ Chang, p. 475.
  3. ^ Ryan, p. 160.
  4. ^ Dähn, p. 22.
  5. ^ Broszat, pp. 53-54.
  6. ^ a b c d e f (DE) Zensurgeschichte - Deutschland, su informatik.uni-oldenburg.de, Carl von Ossietzsky Universität Oldenburg - Department für Informatik..
  7. ^ (DE) Verfassung der Deutschen Demokratischen Republik, su verfassungen.de, 7 ottobre 1949..
  8. ^ Biewer, p. 376.
  9. ^ Majer, p. 362.
  10. ^ a b (DE) Verfassung der Deutschen Demokratischen Republik, su documentarchiv.de, 6 aprile 1968..
  11. ^ Schulze, p. 238.
  12. ^ Judt, p. 80.
  13. ^ a b (DE) Strafgesetzbuch der Deutschen Demokratischen Republik, su verfassungen.de, 12 gennaio 1968. URL consultato il 25 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 7 maggio 2018)..
  14. ^ Marxen.
  15. ^ (DE) Literatur-Zensur in der DDR, su dradio.de, Deutschlandradio Kultur, 18 agosto 2008. URL consultato il 18 agosto 2008..
  16. ^ Heinz, p. 237.
  17. ^ a b c (DE) Falsche Fährten in der Literatur, su mdr.de, Damals im Osten.de. URL consultato il 10 giugno 2011.
  18. ^ Judt, p. 327.
  19. ^ (DE) Gekürzt, verändert, verunstaltet, verboten, su badische-zeitung.de, Badische Zeitung, 17 marzo 2009. URL consultato il 17 marzo 2009.
  20. ^ Wolle, p. 216.
  21. ^ a b Hartmann, p. 151.
  22. ^ (DE) Prenzlauer Berg und Jammertal, su industrieform-ddr.de (archiviato dall'url originale il 22 dicembre 2009)..
  23. ^ a b Gisliberti, p. 176.
  24. ^ (DE) Das Schlimmste war die Entmündigung, Spiegel Online.
  25. ^ (DE) Wolf Biermann, su berlinstreet.de, Berlin Street..
  26. ^ (DE) Die gelebte Kultur der Jugend in der DDR (PDF) [collegamento interrotto], su tischer.kilu.de..
  27. ^ (DE) MusikBeatles-Museum zeigt Zensur der DDR-Jugendkultur, su focus.de, Focus Online. URL consultato il 25 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 9 aprile 2016)..

Bibliografia modifica

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  • (DE) Bräuer Siegfried, Clemens Vollnhals, In der DDR gibt es keine Zensur, Evangelische Verlagsanstalt, 1995, ISBN 3-374-01583-2.
  • (EN) Dan Ryan, Dorneywood, AutorHouse, 2012, ISBN 978-1-4685-7505-7.
  • (DE) Diemut Majer, Verfassungsstrukturen, Freiheits- und Gleichheitsrechte in Europa seit 1789, KIT Scientific Publishing, 2009, ISBN 978-3-86644-314-3.
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  • (DE) Gisela Biewer, Hanns Jürgen Küsters, Dokumente zur Deutschlandpolitik, Oldenbourg Verlag, 1996, ISBN 3-486-56159-6.
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