Daniele Filippo Farsetti

Daniele Filippo Farsetti (Venezia, 23 agosto 1725Venezia, 12 marzo 1787) è stato un letterato italiano.

Biografia modifica

Figlio di Anton Francesco e di Bianca Morosini, apparteneva a un ramo di una nobile famiglia massese che aveva acquistato l'iscrizione al patriziato veneziano nel 1664. Si trattava, dunque, di una casata molto ricca che gli poté assicurare un'ottima educazione[1].

Dedicò la sua vita agli interessi letterari e artistici, rifiutando più volte gli incarichi politici. Appassionato di poesia, scrisse numerosi componimenti, soprattutto d'occasione (se ne ritrovano in varie raccolte), nonché il poema giocoso Le spose riacquistate, con Carlo Gozzi e Sebastiano Crotta (pubblicato postumo nel 1818)[1].

Nel 1747, con Gaspare Gozzi, Giuseppe Baretti, Natale Dalle Laste, Giuseppe Gennari e Marco Forcellini, fu tra i fondatori dell'Accademia dei Granelleschi, particolarmente impegnata nella valorizzazione delle opere di Dante Alighieri e nella difesa di Carlo Gozzi nelle dispute che lo opposero a Pietro Chiari e Carlo Goldoni. A causa dei toni troppo accesi, i riformatori dello Studio di Padova vietarono la stampa degli atti dell'Accademia (che infine si sciolse nel 1762)[1].

Fu inoltre pittore dilettante. Allievo di Raffaele Bachi, utilizzò soprattutto il pastello per realizzare copie di dipinti tre-quattrocenteschi. Dipinse inoltre alcuni affreschi nella villa di Santa Maria di Sala, che aveva ereditato dal cugino Filippo assieme al palazzo di San Luca con il suo museo. Quest'ultimo fu aperto a studiosi e artisti, ai quali il Farsetti proferiva incoraggiamenti e consigli. In aggiunta, ebbe conoscenze in ambito musicale e fu un appassionato bibliofilo[1].

Dal matrimonio con Elisabetta Minotto (1759) nacquero tre figli. L'ultimogenito, Anton Francesco, condusse un'esistenza dissoluta che lo portò a vendere la biblioteca e a disperdere il museo[1].

Note modifica

  1. ^ a b c d e Paolo Preto, FARSETTI, Daniele Filippo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 45, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1995. URL consultato il 5 febbraio 2024.
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