Il cosiddetto "decreto Visocchi", più propriamente il regio decreto legge 2 settembre 1919, n. 1633, recante provvedimenti per l'incremento della produzione agraria, fu emanato dal governo presieduto da Francesco Saverio Nitti, su proposta del ministro dell'agricoltura Achille Visocchi.

Finalità modifica

Il decreto attribuiva ai prefetti la facoltà di assegnare in occupazione temporanea, sino a un massimo di quattro anni, terreni incolti o mal coltivati a contadini organizzati in associazioni o enti agrari legalmente costituiti. Il decreto prevedeva, inoltre, un'estensione a tempo indeterminato della concessione per i terreni con obbligo di bonifica o che richiedevano cambiamenti di colture.

Per ottenere l'assegnazione del terreno occorreva un permesso rilasciato da una commissione composta in ugual misura da rappresentanti dei contadini e dei proprietari, sotto il controllo del prefetto, il quale doveva valersi del parere del direttore della cattedra di agricoltura. La commissione stabiliva anche la durata dell'occupazione e il prezzo della locazione che i contadini dovevano versare al proprietario.

Applicazione modifica

L'applicazione del decreto ebbe effetti assai limitati: dopo sette mesi il decreto era stato applicato a meno di 30.000 ettari. Secondo alcuni autori, tuttavia, il provvedimento non sarebbe stato mirato al rilancio della produzione agraria, quanto in realtà a fornire una specie di "copertura" legale ex post, una sorta di condono dei numerosi disordini che andavano manifestandosi in tutto il paese con innumeri occupazioni abusive di latifondi e di terre incolte[1]. Secondo Serpieri, che ebbe a calcolare ed assommare in circa 27.000 ettari la totale estensione delle terre così cedute ai coloni durante la vigenza del provvedimento[2], il decreto stesso era "uno dei più malfamati del dopoguerra"[3], mentre fu giudicato eccessivamente "timido" da Filippo Turati[4].

Seguito a breve distanza da un analogo "decreto Falcioni" e da un non dissimile "decreto Mauri", più di un osservatore[5] ha ravvisato nel successivo cosiddetto Decreto Gullo[6] l'omologo provvedimento per il dopoguerra successivo.

Note modifica

  1. ^ F. Cordova, Il fascismo nel Mezzogiorno: le Calabrie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003, ISBN 884980489X, che avalla quanto sostenuto da G. Sabbatucci ne I combattenti nel primo dopoguerra, Laterza, Bari 1974.
  2. ^ Dato confermato, fra i tanti, in F. Bogliari, Il biennio rosso nelle campagne umbre (1919-1920), in «Italia contemporanea», n. 123 - aprile-giugno 1976.
  3. ^ A. Serpieri, La guerra e le classi rurali italiane, 1930.
  4. ^ M. Degl'Innocenti, Filippo Turati e il socialismo europeo, Guida Editori, Napoli 1985, ISBN 887042832X.
  5. ^ Ad esempio P. Villani, Trasformazioni delle società rurali nei paesi dell'Europa occidentale e mediterranea (secolo XIX-XX): bilancio degli studi e prospettive di ricerca, in Atti del Congresso internazionale, Napoli e Sorrento dal 25 al 28 ottobre 1982, Università di Napoli - Centro studi per la storia comparata delle società rurali in età contemporanea, Guida Editori, Napoli 1986, ISBN 887042815X.
  6. ^ Regio decreto 3 giugno 1944, n. 146 (noto come "riforma della mezzadria").