Il termine diritti digitali è indicativo della libertà degli individui di agire liberamente per mezzo del computer, di ogni sua periferica elettronica e delle comunicazioni via rete. Il termine è particolarmente correlato a una serie di azioni che sarebbero normalmente permesse in accordo con i diritti dell'individuo come essi esistono in ogni altro aspetto della vita, ma che sono stati cambiati dalla tecnologia digitale.

Nel 2005, il britannico Open Rights Group pubblicò una documentazione che raggruppava tutte le organizzazioni e le persone attive nella causa di preservare i diritti digitali. mind-map diagram. In questa documentazione si possono individuare i gruppi, gli individui e i siti web interessati a questa materia.

Diritti di accesso alla rete modifica

Diversi Paesi hanno adottato leggi che richiedono allo Stato una garanzia affinché l'accesso ad internet sia facilmente disponibile e prevenirne la limitazione d'accesso:

  • Costa Rica: il 30 luglio 2010 la sentenza della Corte Suprema della Costa Rica ha dichiarato: "Senza timore di equivoci, si può dire che queste tecnologie [tecnologie dell'informazione e della comunicazione] hanno influenzato il modo in cui gli esseri umani comunicano, agevolando la connessione tra le persone e le istituzioni in tutto il mondo ed eliminando le barriere di spazio e tempo. In questo momento, l'accesso a queste tecnologie diventa uno strumento fondamentale per facilitare l'esercizio dei diritti fondamentali quali la partecipazione democratica (democrazia digitale) e la presenza dei cittadini, l'educazione, la libertà di pensiero e di espressione, l'accesso a servizi pubblici on-line, il diritto di comunicare con il governo elettronico e la trasparenza amministrativa. Questo include il diritto fondamentale di accesso a queste tecnologie e, in particolare, il diritto di accesso a Internet o World Wide Web.[1]
  • Estonia: nel 2000 il Parlamento ha lanciato una massiccia campagna per ampliare il bacino d'accesso alla rete. Internet, secondo le dichiarazioni del governo, è essenziale per la vita del XXI secolo.[2]
  • Finlandia: secondo il Ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni entro luglio 2010 ogni persona in Finlandia avrà la possibilità di accedere a una velocità di 1 Mbit/s a banda larga. Entro il 2015, la banda disponibile sarà di 100 Mbit/s.[3]
  • Francia: nel giugno 2009 il Consiglio Costituzione, la più alta corte del Paese, ha dichiarato che l'accesso a Internet è un diritto umano fondamentale colpendo duramente la legge Hadopi, una legge che avrebbe rintracciato tossicodipendenti senza vertenza giudiziaria e tagliando automaticamente l'accesso alla rete a coloro che dopo due avvertimenti hanno continuato a scaricare materiale illecito.[4]
  • Grecia: all'articolo 5-bis della Costituzione della Grecia viene affermato che tutte le persone hanno il diritto di partecipare alla società dell'informazione e che lo Stato ha l'obbligo di facilitare la produzione, lo scambio, la diffusione e l'accesso alle informazioni trasmesse per via elettronica.[5]
  • Spagna: a partire dal 2011 Telefónica, l'ex monopolio di Stato che contiene contratto di "servizio universale" del Paese, deve garantire e offrire a prezzi ragionevoli una connessione a banda larga di almeno 1 Mb/s in tutta la Spagna.[6]

Note modifica

  1. ^ (EN) Andres Guadamuz, Costa Rican court declares the Internet as a fundamental right, su TechnoLlama, 2 ottobre 2010. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  2. ^ Estonia, where being wired is a human right, in Christian Science Monitor, 1º luglio 2003. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  3. ^ (EN) Matt Asay, Is Internet access a 'fundamental right'?, su CNET. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  4. ^ Copia archiviata, su foxnews.com. URL consultato il 22 febbraio 2017 (archiviato dall'url originale il 23 febbraio 2017). Times. Fox News. 12 Giugno 2009.
  5. ^ (EN) Six Countries that Believe Access to the Internet is a Basic Human Right, su hamiltonjustice.ca. URL consultato il 13 dicembre 2019.
  6. ^ (EN) Spain govt to guarantee legal right to broadband, in Reuters, 17 novembre 2009. URL consultato il 13 dicembre 2019.

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