Discussione:Statuto dei lavoratori

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Statuto dei lavoratori
Argomento di scuola secondaria di II grado
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Progetto Wikipedia e scuola italiana

dovrebbe andare su wikisource...--Papesatan 12:50, ott 11, 2005 (CEST)

Modifiche... anticancellazione modifica

La traccia inserita è appunto solo una traccia, fatta di corsa per evitare la cancellazione, e sulla quale gli esperti potrebbero - spero - voler... lavorare per un quadro più preciso e corretto di come si giunse in Italia ad avere uno statuto dei lavoratori. Che non è la storia del diritto del lavoro, malgrado le semplificazioni di certo giornalismo. Spero di essere riuscito a tenere un tono oggettivo, sebbene come per tutti (almeno, tutti quelli che lavorano) inevitabilmente questo argomento anche a me suscita sentimenti interessati. Soprattutto vorrei che non si intendesse polemicamente il riferimento al ruolo del PSI nella nascita dello Statuto, perché non ho alcun intento né apologetico né antagonistico: fu fatto dai socialisti, col supporto di alcuni radicali e di qualche sparso socialdemocratico, e tanto va detto; quindi non appaia come propaganda, ché proprio non se ne vuol fare. Circa il ruolo dei sindacati, le valutazioni storiche sono ampiamente divergenti e qui ho cercato di mediare fra le differenti visioni. Sarebbe da espandere l'analisi del testo (e ho letto che ci sono proprio le persone adatte nei paraggi ;-))) --Sn.txt 02:29, ott 12, 2005 (CEST)

Mi impegno personalmente a "darci un occhio" nel frattempo rimuovo il rimasuglio legislativo rimasto nascosto nella pagina ed inserisco i collegamenti principali.--senpai_26 11:44, ott 12, 2005 (CEST)
Io c'ho rimesso un pò le mani, sinceramente la parte contenuto mi sembra eccessivamente risicata rispetto all'escursu storico. Dovremmo cercare di ampliarlo un pò.
Chiarisco (per sincerità e trasparenza) che io (oltre ad essere + o - un cultore del diritto del lavoro) sono un uomo di destra, sono abituato a confrontarmi apertamente e pacificamente con giuslaburisti di sinistra, soprattutto per le numerose discussioni ^_^ portate avanti con il mio professore di diritto del lavoro (relatore nella mia tesi di laurea) che è notoriamente uomo di sinistra, ex sindacalista ed ex collaboratore del governo (logicamente non dell'attuale, hehheh ^_^). Va bhè... comunque, dicevo, ho riguardato un pò l'articolo, nel complesso mi sembra avda più che bene, però mi rendo conto che una vena non NPOV spesso serpeggia qua e la, in parte ho cercato di tenerla a freno con qualche piccola correzione, in parte è stato impossibile perchè avrei dovuto ristrutturare completamente dei paragrafi (e non mi sembrava sinceramente il caso).... Che dire, sarebeb il caso che ci desse un'occhiata qualche altro utente .. della sponda opposta.. magari appassionato di storia contemporanea. Altrimenti lo possiamo pure lasciare così. --senpai_26 10:55, ott 13, 2005 (CEST)ciao belliiii

proposta modifica modifica

propongo di modificare la seconda sezione di storia (che tra l'altro non contiene riferimenti al '68 checché il link d'approfondimento dica il contrario) in questo modo, in modo da renderla più leggibile.

La trasformazione della forza lavoro modifica

Lo stesso argomento in dettaglio: Miracolo economico italiano.

Gli anni cinquanta e sessanta del Novecento videro a trasformazione del mondo del lavoro italiano da una produzione soprattutto agricola ad industriale. Questa trasformazione fu caratterizzata da intensi flussi migratori sia interni al territorio nazionale (soprattutto verso il nord Italia, dove molte industrie erano già attive sin dalla fine dell'800) che verso l'estero (soprattutto Belgio, Francia, Svizzera, Germania).

La crisi del lavoro della terra (che aveva fra le sue concause la crescita dei costi di produzione e l'introduzione delle macchine) e il conseguente aumento della disoccupazione tra i braccianti, rese disponibili alle industrie nascenti, in ripresa o in crescita manodopera in grande quantità e a condizioni di oggettivo favore. Se sino ad allora la condizione del lavoratore dipendente più tipicamente rientrava in rapporti di mezzadria o assomigliava alle descrizioni siloneggianti di piccoli borghi del contado (?!?!?!?!?), nelle due decadi dopo la fine della guerra, la figura del lavorante si inquadrò più spesso nelle figure dell'impiegato di concetto e del lavoratore operaio, che andarano a riempire le fila di strutture industriali di grandi, piccole e medie dimensioni, in costante crescita.

Oltre all'industria, una quota rilevante di occupazione fu offerta anche dall'edilizia, soprattutto nei grandi centri urbani. A tutela di quest'ultimo settore venne varata, nel 1960, la norma (legge 23 ottobre 1960, n. 1369) che vietava l'appalto di manodopera, pratica che aggirava il divieto di caporalato istituzionalizzandolo ad attività aziendale (sebbene la limitazione dell'applicabilità del divieto, escludendola per alcuni settori proprio dell'edilizia, sia stata molto contestata).

Prima ancora che lo spostamento delle masse di lavoratori dal Meridione alle regioni in via di industrializzazione potesse valere come premessa per l'esplosione del cosiddetto "boom" economico, la situazione vedeva dunque un'oggettiva sperequazione in favore dei datori di lavoro. Al principale era infatti consentito gestire i rapporti con il personale attraverso indirizzi aziendali assolutamente discrezionali ma tuttavia incontestabili, che potevano tranquillamente comprendere fattori anche personalistici. (sarebbe carino riuscire a dare il senso del potere che questa mancanza di legislazione dava, ma non saprei come senza finire in un POV non molto enciclopedico)

- - - per quanto riguarda il paragrafo qui sotto non ne comprendo il significato, mi sembra frutto di più editing - - -

In questo contesto i rapporti di lavoro furono giudicati iniqui da un numero crescente di analisti, non solo della sinistra, e la stessa contraddittorietà delle pronunce giurisprudenziali, che nel frattempo si trovavano a gestire figure nuove, non di rado di malagevole compatibilità costituzionale o di ardua interpretazione pratica, segnalò l'indifferibile necessità di una soluzione legislativa che facesse luce sui reali intendimenti ordinamentali, perché la crescita del contenzioso, che ogni volta e per ogni caso evocava situazioni di grave drammaticità specifica, si nutriva anche di radicati contrasti fra princìpi.

Giova (msg) 04:10, 27 feb 2017 (CET)Rispondi

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