Dote (società)

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La dote è l'insieme dei beni che la famiglia di una sposa conferisce allo sposo con il matrimonio.

La dote, opera del pittore russo Vasili Pukirev (XIX secolo)

Insieme al prezzo della sposa e alla controdote è alla base delle trattative matrimoniali della maggior parte delle culture tradizionali. L'usanza della dote è più comune nelle culture che sono fortemente patrilineari e che si aspettano che le donne risiedano nei pressi o con la famiglia del marito (patrilocalità).[1]

Funzione della dote modifica

In molte culture, tra cui quelle europee (partendo dal diritto romano[2]), la dote è stata essenziale al vincolo matrimoniale delle classi abbienti.

Variando molto a seconda dell'epoca, del paese, del diritto e del tipo di contratto matrimoniale scelto dai contraenti e dalle loro famiglie, la dote ha assunto diversi significati: contributo da parte della famiglia della sposa alle spese del matrimonio e ai beni della nuova famiglia, valorizzazione della sposa, indennizzo/anticipazione alla figlia dell'eredità dei genitori in occasione del suo distacco dalla famiglia di origine, tutela della moglie grazie alla cessione al marito del solo usufrutto dei beni oppure grazie all'obbligo di restituzione della dote in caso di separazione o morte del marito oppure grazie al necessario consenso di lei nell'uso dei beni, ritorno dei beni residui alla famiglia originaria di lei in caso di morte della moglie.

La presenza o l'assenza di alcuni dei suddetti aspetti ha fatto sì che la dote potesse essere una forma di tutela della sposa ma anche il contrario, arrivando ad essere uno dei moventi non solo del matrimonio ma anche della separazione o dell'omicidio della sposa. L'applicazione o meno dei suddetti criteri oltre che essere regolato dalle leggi, in epoche e contesti in cui le leggi non erano applicate o applicabili, era garantita dalle prassi delle comunità locali e il rispetto reciproco tra le famiglie.

In molti casi storici, la dote (e il matrimonio) è risultata essere una delle componenti di un vero e proprio contratto tra famiglie. Tra le componenti del contratto, il denaro versato con la dote risultava garantito dalla presenza di lei nella casa di lui, nonché dall'intromissione della famiglia (creditrice) della sposa nell'asse successorio nella famiglia (debitrice) dello sposo.

Gli studi comparativi dell'antropologo britannico Jack Goody sui vari sistemi di dote nel mondo hanno dimostrato che la dote è una forma di eredità diffuso largamente nelle società eurasiatiche, dal Giappone all'Irlanda, che praticano la "devoluzione divergente", vale a dire, che trasmettono la proprietà ai figli di entrambi i sessi. Questa pratica è diversa da quella della maggior parte delle società dell'Africa sub-sahariana, che praticano la "eredità omogenea" in cui la proprietà è trasmessa soltanto ai figli dello stesso sesso del titolare della proprietà. Queste società africane si caratterizzano per il pagamento del "prezzo della sposa", cioè il denaro, i beni o la proprietà dati dallo sposo o dalla sua famiglia ai genitori della sposa (non alla sposa stessa)[3].

Goody ha dimostrato una correlazione storica tra le pratiche di "devoluzione divergente" (dote) e lo sviluppo dell'agricoltura intensiva con l'aratro da un lato, e tra l'ereditarietà omogenea (prezzo della sposa) e agricoltura estensiva con la zappa dall'altro[4]. Partendo dal lavoro di Ester Boserup, Goody osserva che la suddivisione del lavoro rispetto ai sessi varia nell'agricoltura intensiva con l'aratro e nella coltivazione estensiva itinerante (shifting cultivation). Nelle regioni scarsamente popolate, dove è praticata la coltivazione itinerante, la maggior parte del lavoro è svolto dalle donne. In queste società è in uso il prezzo della sposa. Boserup inoltre associa la coltivazione itinerante con la poligamia, e quindi la ricchezza della sposa viene pagata a titolo di risarcimento per la sua famiglia per la perdita del suo lavoro. Nell'agricoltura con l'aratro il lavoro è svolto in gran parte dagli uomini; in questi casi si usa la dote[5]. Al contrario, l'agricoltura con l'aratro è associata con la proprietà privata e il matrimonio tende ad essere monogamo, per mantenere la proprietà all'interno del nucleo famigliare. I familiari prossimi sono i coniugi preferiti in modo da mantenere proprietà all'interno del gruppo.[6]

Storia modifica

 
Aussteuerschrank, un armadio per la dote - Deutschen Schuhmuseum, Hauenstein.

Babilonia modifica

Anche nei più antichi testi a disposizione, come ad esempio il Codice di Hammurabi dell'antica Babilonia, la dote è descritta come una consuetudine già esistente. Le figlie normalmente non ereditavano nulla dal padre, in compenso con il matrimonio ricevevano una dote dai genitori, che offriva loro una sicurezza proporzionale a quanto la famiglia poteva permettersi[7]. A Babilonia erano in uso sia la dote che il prezzo della sposa, tuttavia quest'ultimo era quasi sempre compreso nella dote[7]. In caso di divorzio senza ragione l'uomo doveva restituire la dote alla moglie così come il prezzo della sposa andava restituito al marito. La restituzione della dote poteva essere evitata se il divorzio rientrava in uno dei casi previsti dalla legge[8].

La dote era amministrata dal marito come parte del patrimonio di famiglia; egli però non ne poteva disporre liberamente e legalmente la dote doveva essere mantenuta separata in quanto ci si aspettava fosse dedicata alla moglie e ai figli. La moglie aveva diritto alla sua dote alla morte del marito. In caso di morte della moglie senza figli, la sua dote ritornava alla famiglia di origine (al padre se ancora vivo, altrimenti ai fratelli) mentre in presenza di figli, andava divisa equamente tra loro ma non tra eventuali altri figli del marito da parte di altre donne[7].

Antica Grecia modifica

Nella antica Grecia la dote poteva essere dote “diretta” se costituita da beni della famiglia della sposa, o “indiretta” se proveniente da regali fatti alla sposa in occasione del matrimonio. L'ammontare della dote dipendeva dalla generosità del padre o del fratello e in generale, dipendeva da vari fattori: la ricchezza di colui che forniva la dote; il numero di fratelli e sorelle; le convenzioni in uso nel gruppo sociale al quale apparteneva la famiglia sia per quanto riguardava i beni dati al momento delle nozze che per quanto riguardava una eventuale eredità che in alcuni contesti era sostituita in tutto o in parte dalla dote. Oltre al corredo la dote poteva consistere di denaro e persino di schiavi, indice questo di grande ricchezza del padre della sposa.

La dote era vincolata: né il padre, né il tutore, né il marito o la donna stessa potevano disporne legalmente poiché garantiva la sopravvivenza della moglie anche nel caso di divorzio o vedovanza[9].

Impero Romano modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Matrimonio romano.

L'uso di trasmettere alcuni beni con il matrimonio è sancito nel diritto romano con lo scopo duplice di indennizzare la donna che uscendo dalla famiglia di origine perdeva il diritto all'eredità paterna, e di contribuire alle spese del matrimonio.

Medioevo ed Età moderna modifica

 
Ambrogio Lorenzetti, San Nicola regala la dote a tre fanciulle povere, 1332-1334 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

Il Codice Giustinianeo del VI secolo la rese obbligatoria; questo istituto, seppure modificato, sopravvisse in Italia fino al 1975, quando, con la riforma del diritto di famiglia, fu vietato.

La dote per le fanciulle era necessaria sia per contrarre matrimonio, sia per entrare in un monastero, e senza di essa una ragazza, alla morte dei genitori, era essenzialmente condannata alla prostituzione e al malaffare[10]. Per questo esistevano in Europa molte istituzioni caritatevoli che avevano tra i loro scopi principali quello di dotare le fanciulle povere, una funzione sociale che era vista di pari importanza come quelle di assistere i malati e gli indigenti, accogliere i pellegrini, o proteggere i fanciulli abbandonati. In questo contesto si spiega la fortuna iconografica nell'arte medievale e rinascimentale del tema di San Nicola che dota tre fanciulle povere, un miracolo in cui il santo di Bari regala tre lingotti d'oro (o tre sfere, o tre sacchi di monete) alle figlie di un uomo poverissimo. La figura di Nicola come dotatore e "donatore" divenne poi tipica dell'Europa del nord, con "Santa Klaus" che portava i doni ai bambini e divenne "Santa" nei paesi anglosassoni, in italia Babbo Natale[11].

Tradizionalmente in Italia nelle società contadine la dote era costituita da una cassapanca contenente il corredo che doveva consistere di un certo numero di pezzi di biancheria e stoviglie per la casa.

India contemporanea modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Matrimonio indù.

Nel 1960 è stato emanato il Dowry Prohibition Act legge che vieta in India l'estorsione coniugale[12], pratica tutt'oggi diffusa.

In India, la dote è chiamata Dahej in Hindi, e Jahez in arabo (derivato dall'islamico Jahez-e-fatimi)[13]. In alcune zone della parte più orientale dell'India, la dote è chiamata Aaunnpot[14]. La dote consiste nel pagamento di contanti o nel conferimento di regali da parte della famiglia della sposa alla famiglia dello sposo, in previsione del matrimonio. Esso può includere contanti, gioielli, elettrodomestici, mobili, biancheria da letto, stoviglie, utensili, auto e altri oggetti per la casa che aiutano i neo-sposi ad iniziare la propria coabitazione.

In India, il sistema dote comporta un notevole impegno finanziario per la famiglia della sposa. Il pagamento della dote è ora vietato dalla legge sulla proibizione della dote del 1961 nel diritto civile indiano, alla cui approvazione seguirono le sezioni 304b e 498a del codice penale indiano (IPC). Nonostante le leggi anti-dote in India, essa è ancora una pratica illegale comune. Altre leggi che tentano di affrontare il problema, includono Dowry and Bridal Gifts Restrictions Rules, 1976 ed il Dowry Prohibition (Maintenance of Lists of Presents to the Bride and Bridegroom) Rules, 1985, che sono destinati a documentare i regali e fornire evidenza di prova nel caso in cui si verifichi successivamente l'accusa di reati commessi nei confronti della sposa.

La dote in India non è limitata agli indù o ad una religione specifica. al contrario, rimane una prassi sociale diffusa. Gli islamici classificano la jahez in due categorie: la prima comprende alcuni articoli essenziali per l'aspetto esteriore della sposa e per la vita coniugale. La seconda tipologia è costituita da beni di valore, vestiti, gioielli, denaro per la famiglia dello sposo, che è determinata a seguito di contrattazione. Il jahez spesso supera di gran lunga il costo del baraat e del banchetto matrimoniale. Il jahez è a sua volta cosa distinta dal pagamento in contanti come Mahr (controdote) imposti dalla Shari'a islamica[13].
Sebbene da decenni l'india abbia approvato delle leggi per contrastare la pratica della dote, esse sono state oggetto di critiche per la scarsa efficacia[15]. La tradizione della dote e il suo corollario di sangue continuano ad essere fuori controllo in vaste regioni dell'India, suggerendo l'opportunità di ulteriori interventi normativi in materia[16].

In India, si uccide ancora a causa di una dote ritenuta insufficiente, al culmine di una serie di abusi da parte della famiglia del marito[17].

Diritto italiano modifica

Con la riforma del diritto di famiglia del 1975[18] il nuovo testo del Codice civile dispone[19] il divieto di costituzione di dote, sentita come un retaggio del passato[20].

Note modifica

  1. ^ Dowry marriage custom, su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 1º novembre 2016.
  2. ^ Casola, Maria. "Dote tra Familia e Civitas." Glossae: European Journal of Legal History 14 (2017): 215-235.
  3. ^ Goody, p. 7.
  4. ^ Goody, pp. 27-29.
  5. ^ Goody, p. 32.
  6. ^ Goody, pp. 33-34.
  7. ^ a b c (EN) James C. Thompson, Women in Babylonia Under the Hammurabi Law Code, su womenintheancientworld.com, luglio 2010. URL consultato il 21 novembre 2016 (archiviato dall'url originale il 25 novembre 2016).
  8. ^ The Code of Hammurabi traduzione di Robert Harper (1923)
  9. ^ La dote nella Grecia Antica, su donnamed.unina.it. URL consultato il 25 giugno 2007 (archiviato dall'url originale il 3 giugno 2007).
  10. ^ Stefano Sieni, La sporca storia di Firenze, Le Lettere, 2002.
  11. ^ Cindy Dell Clark, Flights of Fancy, Leaps of Faith: Children's Myths in Contemporary America, University of Chicago Press, 1º novembre 1998, p. 26, ISBN 9780226107783.
  12. ^ Un caso di estorsione coniugale
  13. ^ a b Abdul Waheed, Dowry among Indian muslims: ideals and practices, in Indian Journal of Gender Studies, vol. 16, n. 1, Sage Publications, 28 febbraio 2009, pp. 47–75, DOI:10.1177/097152150801600103.
  14. ^ Maqbul Ali, Pangal women: social challenges and education, in International Organization of Scientific Research – Journal of Humanities and Social Science (IOSR-JHSS), vol. 9, n. 4, International Organization of Scientific Research (IOSR), 1º marzo 2013, pp. 39–42, DOI:10.1177/097152150801600103.
  15. ^ Purna Manchandia, Practical Steps towards Eliminating Dowry and Bride-Burning in India, in Tul. J. Int'l & Comp. L., vol. 13, 2005, pp. 305–319. URL consultato il 1º ottobre 2018.
  16. ^ Melissa Spatz, A 'Lesser' Crime: A Comparative Study of Legal Defenses for Men Who Kill Their Wives, in Colum. J. L. & Soc. Probs., vol. 24, 1991, pp. 597, 612. URL consultato il 1º ottobre 2018.
  17. ^ Jane Rudd, "Dowry-murder: An example of violence against women." Women's Studies International Forum 24#5 (2001). pp. 513–522. DOI10.1016/S0277-5395(01)00196-0.
  18. ^ art 227 L. 19 maggio 1975
  19. ^ Art. 166 bis
  20. ^ Tuttavia le doti e i patrimoni familiari costituiti prima dell'entrata in vigore della legge continuano ad essere disciplinati dalle norme anteriori

Bibliografia modifica

  • U. E. Paoli, Diritto attico, s.v. Famiglia in Novissimo Digesto Italiano, 1961, VII, pp. 38 s.
  • Jack Goody, Production and Reproduction: A Comparative Study of the Domestic Domain, Cambridge, Cambridge University Press, 1976.

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