Con il termine dracontopode o draconcopode (dal latino dracontopedis, draconcopedis o draconcopodis, letteralmente "dai piedi di drago") si indicava, in epoca medievale, un essere leggendario dal volto umano e dal corpo di serpente o, alternativamente, dotato anche di braccia e torso umani.

Satana, in forma di dracontopode, induce Eva ad assaggiare il frutto proibito. Soffitto della Cappella Sistina.

Nell'arte medievale e rinascimentale, Satana, nella forma del serpente tentatore del peccato originale, è spesso rappresentato come un dracontopode dai caratteri femminili.

Riferimenti storici modifica

 
«De Draconcopede». Il paragrafo dallo Speculum naturale.

Vincenzo di Beauvais ne parla nel suo Speculum naturale[1]:

«I dracontopodi sono serpenti grandi e forti: hanno facce di fanciulle simili al volto umano, che terminano con corpi di draghi. È plausibile che di questa specie fosse il serpente attraverso cui il diavolo ingannò Eva: perché come dice Beda esso aveva volto di fanciulla. Dunque il diavolo, accostandosi e legandosi a lei affinché la donna fosse adescata da una forma simile alla sua, mostrò questo volto e nascose il resto del corpo tra le fronde dell'albero.»

Alberto Magno riporta il caso dell'uccisione di uno di questi esseri; nel suo De animalibus scrive[2]:

«I greci chiamano dracontopode un grande serpente del terzo ordine e del genere dei draghi, il quale, dicono, ha il volto femmineo di un uomo imberbe: e ho udito da una fonte degna di fede che un tale serpente fu ucciso in una foresta della Germania e, volendolo tutti vedere nel nostro tempo, a lungo mostrato finché non si decompose: e il suo morso è come quello degli altri draghi.»

L'appartenenza del dracontopode al terzo ordine dei serpenti indica che il suo morso è debole e il suo veleno non è mortale, benché possa provocare piaghe e gonfiori[3].

Influenza culturale modifica

 
Antica incisione raffigurante un dracontopode.
  • Il dracontopode compare nel novero degli animali, reali e leggendari, che formano la cornice del portale della chiesa ne Il nome della rosa, romanzo di Umberto Eco[4].

Note modifica

  1. ^

    «Draconcopedes serpentes magni sunt et potentes: facies virgineas habentes humanis similes, in draconum corpus desinentes. Credibile est huius generis illum fuisse, per quem diabolus Eva decepit: quia sicut dicit Beda virgineum vultum habuit. Hunc enim diabolus se coniungens vel applicans ut consimili forma mulierem alliceret faciem ei tantum ostendit et reliquam partem corporis arboris frondibus occultavit.»

  2. ^

    «Draconcopodes dicunt Graeci serpentem magnum de ordine tertio et genere draconum quem dicunt vultum virgineum imberbis hominis habere: et talem serpentem a fide dignis audivi interfectum esse in silva Germaniae et diu monstratum nostris temporibus omnibus volentibus eum videre donec computrit: et morsus eius est sicut aliorum draconum.»

  3. ^
    (LA)

    «Secundum inductas veneni operationes, in tres ordines dividuntur serpentes ab antiquis Graecorum sapientibus. [...] sunt quorum morsus est infimus eo quod non habent venenut de quo sit curandim, licet ulcus faciant et inflationem suo morsu.»

    (IT)

    «Relativamente agli effetti prodotti dal veleno, i serpenti sono classificati in tre ordini dagli antichi sapienti greci. [...] [Gli appartenenti al terzo ordine sono quelli] il cui morso è il più debole, così tanto che non hanno un veleno di cui ci si debba preoccupare, benché provochino piaghe e gonfiori con il loro morso.»

  4. ^ «[...] gorgoni, arpie, incubi, dracontopodi, minotauri, linci[...]». Umberto Eco, Il nome della rosa, Milano, Bompiani (collana Tascabili Bompiani), 2007 (ed. originale 1980), pag. 52, "Primo giorno - Sesta. Dove Adso ammira il portale della chiesa e Guglielmo ritrova Ubertino da Casale". ISBN 978-88-452-4634-0.

Voci correlate modifica

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