Efebo di Selinunte

statua in bronzo

L'Efebo di Selinunte è una statua di efebo risalente alla fase della colonizzazione greca della Sicilia, custodito presso il Museo Civico Selinuntino di Castelvetrano. Recenti studi lo identificano come Dioniso Íakchos[1].

L'Efebo esposto al Museo Civico Selinuntino di Castelvetrano

Descrizione modifica

È alto circa 85 cm ed è stato realizzato in bronzo, nel periodo che va dal 480 al 460 a.C. La testa sembrerebbe di fattura più antica del corpo. "...subì in antico una serie di interventi che ne modificarono sensibilmente l'aspetto, non solo con l'applicazione di una nuova testa, ma anche con l'allungamento innaturale delle gambe e del torso". (Fonte: Lezioni di archeologia, Daniele Manacorda, Editori Laterza).

Storia modifica

L'Efebo di Selinunte risale al V secolo a.C. ed è stato ritrovato, da un fanciullo trovatello, tale Benedetto Prussiano, nel 1882, in località Ponte Galera, nel comune di Castelvetrano. La statuetta fu venduta al Comune di Castelvetrano per 7.000 lire dell'epoca. La statua venne sistemata nell'appena costituito Museo Selinuntino e successivamente nella chiesa di San Domenico; nel 1927 fu sottoposta ad un primo restauro presso il Museo di Siracusa, sotto la direzione di Paolo Orsi[2]. Fu quindi esposto a Palermo al Museo Nazionale.

Nel 1933, per ordine espresso del ministro Francesco Ercoli, il bronzo fu riportato a Castelvetrano ed esposto nel gabinetto del podestà su un piedistallo di marmo. È solo una leggenda metropolitana che i sindaci di Castelvetrano lo usassero come cappelliera, mentre è vero che la gente lo aveva soprannominato «'u pupu» (la statuetta o il bambino).

La notte del 30 ottobre 1962 l'Efebo venne rubato e i banditi[3] tentarono di venderlo a collezionisti d'arte esteri ma senza successo, e al comune di Castelvetrano giunse persino una richiesta di riscatto di 30 milioni di lire[4]. Infine nel 1968 la polizia, sotto il comando del questore di Agrigento Ugo Macera, organizzò un'azione di recupero a Foligno che portò a uno scontro a fuoco e all'arresto di quattro persone: nel corso dell'operazione vi fu l'intervento diretto di Rodolfo Siviero, ministro plenipotenziario, noto esperto d'arte, che si finse un ricettatore interessato all'acquisto per fare uscire allo scoperto i colpevoli[5]. Per il recupero il comune di Castelvetrano donò sette medaglie d'oro ai protagonisti dell'operazione. Dopo essere stato sottoposto a un secondo restauro a Roma, l'Efebo fu esposto per anni al Museo Salinas di Palermo, per essere finalmente restituito a Castelvetrano, dove fece ritorno il 20 marzo 1997, degnamente collocato nella sala dedicatagli nel nuovo Museo Civico Selinuntino in Palazzo Maio[6].

Note modifica

  1. ^ La Sicilia, 25 agosto 2014
  2. ^ La statuetta dell'Efebo di Selinunte è custodita nel museo comunale di Castelvetrano
  3. ^ Laura Compagnino, Tra il Caravaggio, l’Efebo e il Satiro gli appetiti di Cosa nostra per l’arte, La Sicilia, 19/10/2019.
  4. ^ I 2500 anni dell'Efèbo di Selinunte Arkeomania.com
  5. ^ Ugo Macera - Sito ufficiale, su ugomacera.it. URL consultato il 21 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2013).
  6. ^ F.S. Calcara, G.L. Bonanno, Odissea di un reperto singolare. L’Efebo di Selinunte, presentazione e cura di R.M. Atria, "Triskelés", Studi, 1, Castelvetrano, Lithos, 2019, p. 27..

Bibliografia modifica

  • Daniele Manacorda, Lezioni di archeologia, Editori Laterza, 2008.
  • Giuseppe Martino, Giovanni Miceli, L’Efebo di Selinunte. Lu pupu di ponte Galera, Palermo, Leopardi, 1990.
  • Francesco Saverio Calcara, L'Efebo di Selinunte, storia di un reperto singolare, Marsala, La Medusa, 2002.
  • Francesco Saverio Calcara, Giuseppe L. Bonanno, Odissea di un reperto singolare. L’Efebo di Selinunte, presentazione e cura di Rosario Marco Atria, collana "Triskelés", Studi, 1, Castelvetrano, Lithos, 2019 [ISBN 978-88-90613-39-5, pp. 96].

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