Elia VIII (... – Monastero di Rabban Ormisda, 26 maggio 1617) è stato un vescovo cristiano orientale siro, patriarca della Chiesa d'Oriente dal 1591 al 1617.

Poiché un patriarca di nome Elia VI non è mai esistito, benché censito nelle cronotassi tradizionali dei patriarchi della Chiesa d'Oriente, il numero ordinale corretto di Elia VIII è quello di Elia VII.

Biografia modifica

Durante il patriarcato di Elia VII (o VI), predecessore di Elia VIII, sono due i natar kursya attestati dalle fonti, Hnan-Isho e Isho'yahb. Non è dato sapere quale dei due sia diventato patriarca con il nome di Elia VIII.[1]

Elia VII morì il 26 maggio 1591 e succedette Elia VIII, noto soprattutto per le relazioni avute con il papa di Roma e con i missionari cattolici, nel tentativo di giungere a un'unione con la Chiesa cattolica, preoccupato per le conversioni al cattolicesimo dei numerosi pellegrini siro-orientali che andavano in pellegrinaggio a Gerusalemme.[2]

Inviò infatti degli emissari a Roma nel 1606, nel 1607 e nel 1610 o 1611.[1] In quest'ultima occasione fu rappresentato dall'arcidiacono Adamo, che restò a Roma 3 anni. Nel 1614 ritornò in Mesopotamia, con due missionari gesuiti, i quali, dopo trattative con Elia VIII, riferirono al papa che c'erano poche speranze di raggiungere una vera unione.[2]

Altre trattative di unione furono intavolate tra il 1615 e il 1616 per opera del francescano Tommaso Obicini. Su sua iniziativa, il patriarca convocò nel marzo 1616 a Amida un sinodo della Chiesa d'Oriente, alla presenza di 8 metropoliti, che affermò la formula cristologica cattolica.[2][3]

Le buone disposizioni del patriarca e dei metropoliti nestoriani, decisero la Santa Sede a convocare in Oriente una riunione tra Elia VIII e il patriarca cattolico Shimun X con l'intento di invitare entrambi i patriarchi a firmare una professione di fede redatta a Roma.[2]

Elia VIII tuttavia non poté prendere parte a questa riunione, poiché, quando giunsero gli emissari pontifici, il patriarca era già morto, il 26 maggio 1617, e gli era succeduto il patriarca Elia IX, con il quale fallirono i tentativi della Santa Sede.

Di Elia VIII resta la pietra tombale con il suo epitaffio, conservata nel monastero di Rabban Ormisda,[4] che fu la sua sede patriarcale.[1]

Note modifica

  1. ^ a b c (EN) Murre-Vandenberg, The Patriarchs of the Church of the East from the Fifteenth to Eighteenth Centuries, p. 244.
  2. ^ a b c d (EN) David Wilmshurst, The Ecclesiastical Organisation of the Church of the East, 1318-1913, Peeters Publishers, Lovanio, 2000, pp. 24-25
  3. ^ Alessandro Vanoli, OBICINI, Giovanni Battista, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 79, 2013.
  4. ^ (EN) Amir Harrak, Patriarchal Funerary Inscriptions in the Monastery of Rabban Hormizd, Hugoye: Journal of Syriac Studies, vol. VI/2, 2009, p. 297.

Bibliografia modifica