Epidauro

sito archeologico della Grecia

Epidauro (in greco antico in greco Ἐπίδαυρος? Epìdauros, in greco moderno Επίδαυρος Epìdavros) è un comune della Grecia nella periferia del Peloponneso (unità periferica dell'Argolide) conosciuta principalmente per il suo santuario dedicato ad Asclepio e per il suo teatro, ancora utilizzato al giorno d'oggi per accogliere rappresentazioni teatrali.

Epidauro
comune
Επίδαυρος
Epidauro – Veduta
Epidauro – Veduta
Resti del tempio
Localizzazione
StatoBandiera della Grecia Grecia
PeriferiaPeloponneso
Unità perifericaArgolide
Territorio
Coordinate37°35′N 23°04′E / 37.583333°N 23.066667°E37.583333; 23.066667 (Epidauro)
Superficie340 km²
Abitanti8 710 (2001)
Densità25,62 ab./km²
Altre informazioni
Cod. postale21054
Fuso orarioUTC+2
Cartografia
Mappa di localizzazione: Grecia
Epidauro
Epidauro
Epidauro – Mappa
Epidauro – Mappa
 Bene protetto dall'UNESCO
Sito archeologico dell'Epidauro
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturali
Criterio(i) (ii) (iii) (iv) (vi)
PericoloNon in pericolo
Riconosciuto dal1988
Scheda UNESCO(EN) Sanctuary of Asklepios at Epidaurus
(FR) Scheda
Il teatro di Epidauro

Storia modifica

Epidauro era indipendente da Argo e non era inclusa nell'Argolide fino al tempo dei Romani. Con il suo territorio, formò la piccola area chiamata Epidauria. Conosciuta per essere stata fondata o nominata come l'Epidauro Argolide, e per essere il luogo di nascita del figlio di Apollo Asclepio il guaritore. Epidauro era nota per il suo santuario situato a circa 8 km dalla città, così come il suo teatro, che è ancora in uso oggi. Il culto di Esculapio a Epidauro è attestato nel VI secolo a.C., quando il santuario più antico di Apollo Maleatas non era più abbastanza spazioso.

L'asclepeion di Epidauro era il centro di guarigione più celebrato del mondo classico, il luogo in cui i malati andavano nella speranza di essere curati. Per scoprire la cura giusta per i loro malanni, trascorrevano una notte nell'enkoimeteria, una grande camera da letto. Nei loro sogni, il dio stesso avrebbe consigliato cosa avrebbero dovuto fare per riguadagnare la loro salute. All'interno del santuario c'era un edificio per i pellegrini con 160 camere. C'erano anche sorgenti minerali nelle vicinanze, che potevano essere state utilizzate per la guarigione.

Asclepio, il più importante dio guaritore dell'antichità, portò prosperità al santuario, per cui nel IV e III secolo a.C. si intraprese un ambizioso programma di costruzione per l'ampliamento e la ricostruzione degli edifici monumentali. La fama e la prosperità continuarono per tutto il periodo ellenistico. Dopo la distruzione di Corinto nel 146 a.C. Lucio Mummio visitò il santuario e vi lasciò due dediche. Nell'87 a.C. il santuario fu saccheggiato dal generale romano Silla. Nel 74 a.C. una guarnigione romana sotto Marco Antonio Cretico era stata installata nella città causando una mancanza di grano. Tuttavia, prima del 67 a.C. il santuario fu saccheggiato dai pirati. Nel II secolo d.C. il santuario godette di una nuova ascesa sotto i Romani, ma nel 395 i Goti fecero irruzione.

Anche dopo l'introduzione del cristianesimo e il silenzio degli oracoli, il santuario di Epidauro era ancora conosciuto fino alla metà del V secolo, sebbene fosse diventato un centro di guarigione cristiano.

A seguito della riforma amministrativa detta Programma Callicrate in vigore dal gennaio 2011[1] che ha abolito le prefetture e accorpato numerosi comuni, la superficie del comune è ora di 340 km² e la popolazione è passata da 4.471[2] a 8.710 abitanti

È inserita dal 1988 nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

Il santuario di Asclepio modifica

Il santuario di Epidauro in età ellenistica divenne il centro per eccellenza dedicato al culto di Asclepio, divinità salutare del pantheon greco, che guariva i fedeli che si recavano in pellegrinaggio ad Epidauro durante le feste in suo onore, denominate Asclepiei.

L’abaton modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Abaton di Epidauro.

Le guarigioni dei fedeli avvenivano in un edificio detto ἄβατον (àbaton, "impenetrabile"): prima di accedervi, infatti, il pellegrino doveva aver compiuto le lustrazioni di purificazione necessarie. L'abato si trova nel centro del santuario, nella spianata dove sorgono gli edifici di carattere più propriamente religioso (abaton, tempio, tholos)[3].

Il katagogion modifica

Ma non tutti i fedeli che giungevano ad Epidauro trascorrevano la notte nell'abaton: questo edificio aveva infatti una funzione prettamente sacra mentre l'accoglienza dei forestieri avveniva in un altro edificio posto a nord del santuario, il cosiddetto καταγώγιον katagṑghion (dal verbo κατάγω katàgō, "ospitare").

Il katagogion è un edificio di pianta quadrata, suddiviso in quattro quadrati più piccoli. Ogni quadrato è formato da un cortile sul quale si affacciano delle stanze, diverse per forma e numero in ciascuna sezione. All'interno delle camere erano disposte le κλῖναι klìnai (sing. κλίνη klìnē), sulle quali venivano consumati i pasti, mentre, per dormire, i pellegrini potevano utilizzare le porzioni di spazio lasciate libere. Il katagogion si data al III secolo a.C., ma gli attuali resti risalgono ad un rifacimento del I secolo a.C., ad opera del senatore Antonino.

Ma i pellegrini che ogni anno, in primavera, arrivavano da tutta la Grecia per festeggiare Asclepio erano molto più numerosi di quanti potevano trovare alloggio nel katagogion: questo edificio, infatti, era una sorta di albergo dal carattere elitario, mentre la gran massa dei fedeli dormiva nelle tende disposte fuori dal τέμενος tèmenos, il recinto dello ἱερόν hieròn, il tempio.

Il tempio di Asclepio modifica

Il tempio fu costruito nelle vicinanze dell'abaton tra il 380 e il 375 a.C. Era uno dei più piccoli peripteri dorici della Grecia, in marmo e tufo di Corinto, con undici colonne sui lati lunghi, sei sui lati minori e due colonne in antis. Si conservano le fondamenta e, nella cella a navata unica, resta visibile la base sulla quale doveva ergersi la statua di culto. Una fossa lungo la parete meridionale della cella ospitava probabilmente il tesoro di Asclepio. Una lastra in calcare, recante le iscrizioni relative alle spese di costruzione (I.G., IV², 102), riporta il nome di Teodoto quale architetto. La ricca decorazione interna del tempio era opera di Trasimede di Paro che fu forse anche autore della statua di culto crisoelefantina con l'immagine di Asclepio.[4] Quest'ultima, descritta da Pausania (Paus. II.27.2) come una figura seduta, affiancata da un cane e da un serpente, è stata riprodotta sulle monete di Epidauro del IV secolo a.C. e su alcuni rilievi votivi, uno dei più fedeli conservato a Copenaghen (Ny Carlsberg Glyptotek 1425).[5]

Il teatro modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro di Epidauro.

Il teatro è stato realizzato nel 350 a.C. su progetto dell'architetto Policleto il Giovane. Malgrado non manchino testimonianze di edifici dell'epoca, come i teatri di Eretria, Delo, Priene, nessuno eguaglia per perfezione e armonia di proporzioni l'architettura di Epidauro. Per non parlare dell'eccezionale acustica ottenuta soltanto su basi empiriche.[6]

L'orchestra di 20,28 m di diametro è posta tangenzialmente alla scena ed è avvolta per circa due terzi dalle gradinate del pubblico. Uno dei pregi maggiori di questo teatro, dovuto probabilmente a un attento calcolo delle dimensioni della σκηνή (skēnḕ, spazio scenico o scena) e della curvatura della cavea (l'insieme di grandinate), è l'acustica perfetta che consente di far giungere la voce sin nei ripiani più alti, amplificando ogni minima emissione sonora.

Inizialmente fu adibito alla rappresentazione di tragedie.

Nel 1954 fu parzialmente restaurato in quanto si era conservato quasi perfettamente nel corso dei secoli. Il 24 agosto 1960 fu utilizzato per la prima volta per la rappresentazione di un'opera lirica, la Norma di Vincenzo Bellini, con Maria Callas nel ruolo della protagonista[7]. L'anno seguente, il celebre soprano diede anche alcune recite della Medea di Luigi Cherubini.

Riferimenti letterari modifica

La cittadina viene più volte citata nel libro Il colosso di Marussi di Henry Miller.

«A Epidauro, nella quiete, nella grande pace che scese su di me, udii batter il cuore del mondo.»

Note modifica

  1. ^ Programma Callicrate (PDF), su ypes.gr. URL consultato il 2 marzo 2011.
  2. ^ Censimento 2001 (XLS), su ypes.gr. URL consultato il 2 marzo 2011.
  3. ^ ALTANI, su users.otenet.gr. URL consultato il 7 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2016).
  4. ^ Conticello 1960, in EAA, s.v. Epidauro.
  5. ^ Massa 1994, in EAA, s.v. Epidauro.
  6. ^ pagina 7 de Enrico Medda, Lo spazio teatrale nel mondo Antico (PPT), su omero.humnet.unipi.it, Unipi. URL consultato il 7 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 3 dicembre 2013).
  7. ^ La “Norma” di Epidauro | GBOPERA, su gbopera.it. URL consultato il 6 febbraio 2018.

Bibliografia modifica

  • B. Conticello, Epidauro, in Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale, vol. 3, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1960.
  • M. Massa, Epidauro, in Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale : Secondo supplemento, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1994.
  • Domenico Tangaro, Epidauro. Architettura come forma, disegni di Domenico Tangaro, testi di Raffaele Nigro (bilingue Italiano-Inglese), Electa, Napoli, 2002. Nuova edizione, Fondazione Domenico Tangaro, 2017.

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Collegamenti esterni modifica

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