Epidendroideae

sottofamiglia di orchidee

Epidendroideae Lindl., 1821 è una sottofamiglia di piante angiosperme monocotiledoni della famiglia delle Orchidacee.[1]

Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Epidendroideae
Epidendrum secundum
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Monocotiledoni
Ordine Asparagales
Famiglia Orchidaceae
Sottofamiglia Epidendroideae
Lindl., 1821
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Liliopsida
Sottoclasse Liliidae
Ordine Orchidales
Famiglia Orchidaceae
Sottofamiglia Epidendroideae
Tribù

Etimologia modifica

Il nome di questa sottofamiglia è stato ripreso dalla sua tribù più importante: Epidendreae Kunth (1815) (che a sua volta è stato ripreso dal genere Epidendrum L. (1763)). L'etimologia del nome deriva dal greco (ɛpɨ - epi = su e δένδρον – dendron = albero) e si riferisce all'abitudine di crescita epifita della maggioranza delle orchidee di questa sottofamiglia.

La denominazione di questa sottofamiglia è stata proposta dal botanico inglese John Lindley (1799 - 1865) nella pubblicazione “Collectanea Botanica” del 1821[2].

Descrizione modifica

Sono delle piante erbacee la cui altezza in alcune specie raggiunge il metro. La forma biologica prevalente di questa sottofamiglia è geofita rizomatosa (G rhiz), ossia sono piante perenni dotate di rizoma, un fusto sotterraneo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei. Alcune specie sono afille. Il tipo di crescita prevalente è epifita, ossia vivono a spese di altri vegetali di maggiori proporzioni (soprattutto sui rami degli alberi), questo specialmente nelle aree tropicali e subtropicali. Nelle zone temperate invece il tipo di crescita prevalente è quello terrestre.

Radici modifica

Le radici sono secondarie da rizoma (di tipo tuberoso). Spesso le radici sono assenti in quanto queste piante vivono in simbiosi con altri organismi per cui gli organi sotterranei sono ricchi di ife fungine (le stesse che servono a far germogliare i semi – vedi “Riproduzione”). Questo particolare tipo di micorriza endotrofica si chiama “micotrofia”[3].

Fusto modifica

  • Parte ipogea: la parte sotterranea del fusto consiste in rizomi oppure in tuberi (pseudobulbi). In alcune specie può essere presente una certa funzione stolonifera.
  • Parte epigea: la parte aerea del fusto è eretta e semplice o poco ramificata. Se i fusti sono afilli (senza foglie clorofilliane) il colore è bruno in quanto povero di pigmento fotosinteticoclorofilla. Alla base il fusto può essere tunicato (ricoperto dalle foglie inferiori ridotte a guaine).

Foglie modifica

In questa sottofamiglia sono presenti due tipi di piante: quelle senza foglie oppure con foglie verdi. Nel primo caso le foglie sono ridotte a delle squame brunastre a consistenza membranosa (sottotribù Epipogiinae della tribù Nervilieae; oppure alcuni generi della sottotribù delle Calypsoinae). Queste piante non avendo foglie verdi (sono quindi incapaci di produrre sostanze organiche dalla fotosintesi clorofilliana) sono fondamentalmente saprofite. Nel secondo caso (piante con foglie) le foglie sono quasi sempre basali la cui forma va da cuoriforme a lanceolata o nastriforme. Le foglie cauline sono molto ridotte e fortemente amplessicauli; la disposizione lungo il fusto è a spirale oppure distica. La lamina fogliare si presenta quasi sempre con delle nervature longitudinali (parallelinervie). All'apice delle foglie di alcune specie sono presenti dei bulbilli fertili (tribù delle Malaxideae).

Infiorescenza modifica

L'infiorescenza è una spiga di tipo racemoso con pochi o tanti fiori. I fiori sono posti alle ascelle di brattee di tipo squamiforme o ovato-lanceolate. I fiori inoltre sono resupinati oppure no secondo il genere di appartenenza. In alcune specie presentano una doppia torsione per un totale di 360°, quindi il labello si trova nella posizione nativa, in alto (tribù Malaxideae).

Fiori modifica

I fiori sono ermafroditi ed irregolarmente zigomorfi, pentaciclici (perigonio a 2 verticilli di tepali, 2 verticilli di stami (di cui uno solo fertile – essendo l'altro atrofizzato), 1 verticillo dello stilo)[4].

 
Diagramma fiorale[5]
  • Formula fiorale: per queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X, P 3+3, [A 1, G (3)], infero, capsula[6]
  • Perigonio: il perigonio è composto da 2 verticilli con 3 tepali (o segmenti) ciascuno (3 interni e 3 esterni). I tepali esterni sono da oblunghi a lanceolati con apice acuto. Dei tre tepali interni quello mediano (chiamato labello) è diverso dagli altri e in genere è più grande e vistoso (assolve alla funzione vessillifera), mentre gli altri due sono più o meno simili a quelli esterni. I tepali spesso sono conniventi in quanto tutti insieme formano un cappuccio a protezione degli organi di riproduzione (il ginostemio).
  • Labello: il labello in genere ha un portamento pendente, sul retro può terminare con uno sperone e può essere semplice oppure con una lieve strozzatura centrale in modo da dividere il labello in due parti: la porzione posteriore è chiamata ipochilo e quella anteriore è chiamata epichilo. La forma in genere è ovata ed è più grande degli altri tepali. La parte terminale è intera o dentata (o tri-lobata) a seconda delle specie. I margini possono essere increspati e rialzati. Altre volte è caratterizzato da una lingua dalla forma allungata e stretta (nastriforme) e portamento pendulo (genere Listera della tribù delle Neottieae).
  • Ginostemio: lo stame con le rispettive antere (in realtà si tratta di una sola antera fertile biloculare – a due logge) è concresciuto con lo stilo e forma una specie di organo colonnare chiamato "ginostemio"[7]. Questo organo secondo i generi può essere trilobato (alcune specie della tribù delle Malaxideae), oppure sottile e allungato (genere Nervilia della tribù delle Nervilieae), oppure più semplice e corto (Epipogium sempre stessa tribù)). Degli stami (originariamente due verticilli con 6 stami totali, in seguito ridotti) solo uno del verticillo esterno è fertile gli altri sono atrofizzati; quest'organo inoltre è ripiegato con un becco al di sopra dell'apice del ginostemio (carattere apomorfo e distintivo della sottofamiglia)[8][9]. I pollinii (gli organi portatori del polline) sono in tutto quattro e sono inseriti sui retinacoli (delle ghiandole vischiose) tramite delle caudicole e sono racchiusi in una borsicola rostellare. Il polline ha una consistenza gelatinosa, è più o meno incoerente ed è conglutinato in masse cerose polliniche a consistenza dura (questa caratteristica è specifica della sottofamiglia[10]) e si trova nelle due logge dell'antera. Nel passato (prima delle analisi del DNA) quest'organo è stato molto importante per la classificazione delle Orchidee in quanto presenta caratteristiche e morfologie diverse secondo le varie sottofamiglie, tribù e generi[10].
  • Ovario: l'ovario, fusiforme, in posizione infera è formato da tre carpelli fusi insieme[11].

Frutti modifica

Il frutto è una capsula a forma più o meno ellissoide. Al suo interno sono contenuti numerosi minutissimi semi cilindrico-fusiforme. Questi semi sono privi di endosperma e gli embrioni contenuti in essi sono poco differenziati in quanto formati da poche cellule. Queste piante vivono in stretta simbiosi con micorrize endotrofiche, questo significa che i semi possono svilupparsi solamente dopo essere infettati dalle spore di funghi micorrizici (infestazione di ife fungine). Questo meccanismo è necessario in quanto i semi da soli hanno poche sostanze di riserva per una germinazione in proprio[12].

Riproduzione modifica

La riproduzione di queste piante avviene principalmente in due modi:

Distribuzione e habitat modifica

 
Distribuzione della sottofamiglia Epidendroideae

La distribuzione di questa sottofamiglia è pressoché cosmopolita; e si trova sia nelle aree a clima tropicale che temperato, ma anche in zone “paleoartiche” (genere Epipactis della tribù delle Neottieae).

L'habitat è il più vario: zone ricche di humus e quindi i boschi densi per le specie afille ( generi Corallorhiza e Wullschlaegelia); oppure zone paludose, umide e ombrose delle foreste pluviali tropicali (soprattutto le specie a crescita epifita); oppure ancora in areali a quote alpine (generi Liparis e Malaxis della tribù delle Malaxideae).

Tassonomia modifica

Le Orchidaceae sono una delle famiglie più vaste della divisione tassonomica delle Angiosperme; comprende 788 generi e più di 18 500 specie[13]. Il Sistema Cronquist assegna la famiglia delle Orchidaceae all'ordine Orchidales mentre la moderna classificazione APG la colloca nel nuovo ordine delle Asparagales. Sempre in base alla classificazione APG sono cambiati anche i livelli superiori (vedi tabella iniziale).

Filogenesi modifica

La sottofamiglia Epidendroideae è una delle cinque sottofamiglie in cui è suddivisa la famiglia delle Orchidacee. Si tratta del gruppo più numeroso con circa 4/5 delle specie dell'intera famiglia. Da un punto di vista filogenetico rappresentano, insieme alla sottofamiglia delle Orchidoideae, la fase più recente dello sviluppo evolutivo delle Orchidee. Insieme alla sottofamiglia più primitiva delle Vanilloideae (priva di pollinii) fanno parte del ben distinto clado delle “Monandrae” (termine utilizzato in passato per indicare una sottofamiglia delle Orchidee) caratterizzato dalla presenza di un solo stame fertile.

In quest'ultimo ventennio si sono intrapresi vari studi filogenetici basati sia su dati morfologici che molecolari (analisi degli acidi nucleici) per definire la struttura della sottofamiglia e i vari rapporti di parentela tra le varie tribù, sottotribù e generi. Questi studi purtroppo non sono sempre completi e a volte non conducono a risposte univoche. Questo anche a causa della grande estensione di questa sottofamiglia (ben oltre le 15 000 specie e più di 500 generi). Quello che comunque è emerso da questi studi è una generale revisione (più o meno in profondità) dei modelli del passato soprattutto per quanto riguarda la filogenesi. Qui vengono proposti alcuni risultati derivati da questi studi. Per i motivi esposti sopra questi risultati sono provvisori e suscettibili di ulteriori perfezionamenti. Le ricerche molecolari per questa specifica sottofamiglia sono problematiche in quanto le regioni del DNA adatte allo studio sono molto esigue; a questo si aggiunge anche una rapida radiazione dei lignaggi in brevi periodi di tempo[10].

Per comodità classificatorie (ma anche per motivi intrinseci) la sottofamiglia viene suddivisa in due grossi raggruppamenti: “Epidendroideae inferiori” e “Epidendroideae superiori”. Le superiori si sono evolute dopo le inferiori. Alcune caratteristiche delle Epidendroideae inferiori si avvicinano alla sottofamiglia più vicina (dal punto di vista evolutivo) delle Orchidoideae; in effetti nel passato diversi taxa sono transitati tassonomicamente da una all'altra sottofamiglia. L'altro gruppo (Epidendroideae superiori) ha pochissimo in comune con tutte le altre orchidee sottostanti. Qui di seguito viene presentato l'elenco delle tribù appartenenti ai due gruppi secondo uno studio del 1999[14] aggiornato dalle ultime ricerche (2015[1]). In particolare sono state aggiunte tre nuove tribù (tutte monogeniche): Thaieae, che fino a poco tempo fa era considerata incertae sedis; Xerorchideae e Wullschlaegelieae, che era stata provvisoriamente collocata in Calypsoeae.

  • Epidendroideae superiori:
  • Epidendroideae inferiori:

Mentre il primo gruppo ("Epidendroideae superiori") è abbastanza "risolto" da un punto di vista filogenetico con la tribù Arethuseae in posizione "basale" ("gruppo fratello" al resto delle "Epidendroideae superiori"), il gruppo "Epidendroideae inferiori" non è ancora ben definito. La maggior parte delle tribù sono in posizione politomica; solamente le tribù Sobralieae e Neottieae sono bene definite. In particolare Neottieae forma un "gruppo fratello" con il resto della sottofamiglia (è in posizione "basale").

Il seguente cladogramma tratto dallo studio citato[1] mostra l'attuale conoscenza filogenetica della sottofamiglia:

xxxEpidendroideae_superiorixxx

Epidendreae

Collabieae

Podochileae

Vandeae

Cymbidieae

Malaxideae

Arethuseae

Thaieae

Nervilieae

Gastrodieae

Xerorchideae

Triphoreae

Wullschlaegelieae

Tropidieae

Sobralieae

Neottieae

Tribù modifica

La struttura tassonomica presentata in questa sede è quella per il momento maggiormente accreditata sulla base delle evidenze filogenetiche degli studi precedenti e di altre ricerche[1][15].

Alcune specie modifica

Sinonimi modifica

Questa sottofamiglia in altri testi, specialmente in quelli meno recenti, può essere chiamata con nomi diversi. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:

  • Arethusoideae
  • Kerosphaeroideae
  • Limodoroideae
  • Malaxidoideae
  • Neottioideae
  • Tropidoideae
  • Vandoideae

Note modifica

  1. ^ a b c d Chase et al..
  2. ^ Tropicos Database, su tropicos.org. URL consultato il 5 luglio 2010.
  3. ^ Nicolini, vol. 1, p. 719.
  4. ^ Pignatti, vol. 3, p. 700.
  5. ^ Judd et al., p. 287.
  6. ^ Tavole di botanica sistematica, su dipbot.unict.it. URL consultato il 20 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 28 dicembre 2010).
  7. ^ Musmarra, p. 628.
  8. ^ Strasburger, vol. 2, p. 809.
  9. ^ Judd et al., p. 289.
  10. ^ a b c Mark W. Chase, Kenneth M.Cameron, Russell L. Barrett, John V. Freudenstein, DNA DATA AND ORCHIDACEAE SYSTEMATICS : A NEW PHYLOGENETIC CLASSIFICATION., su researchgate.net.
  11. ^ Pignatti, vol. 3, p. 702.
  12. ^ Strasburger, vol. 2, p. 808.
  13. ^ Strasburger, vol. 2, p. 807.
  14. ^ Kenneth M. Cameron, Mark W. Chase, W. Mark Whitten, Paul J. Kores, David C. Jarell, Victor A. Albert, Tomohisa Yukawa, Harold G. Hills e Douglas H. Goldman, A phylogenetic analysis of the Orchidaceae: evidence from rbcL nucleotide sequences (PDF), in American Journal of Botany 1999.86(2): 208–224.
  15. ^ Chase M.W., Freudenstein J.F. & Cameron K.M., DNA Data and Orchidaceae systematics: a new phylogenetic classification (PDF), in K. W. Dixon, S. P. Kell, R. L. Barrett, & P. J. Cribb (eds.), Orchid Conservation, Kota Kinabalu, Sabah, Natural History Publications, 2003, pp. 69-89.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica