Eretum

antica città del Lazio

«Trebula, Eretum e altre località debbono essere considerate dei villaggi piuttosto che delle città.»

Eretum (Ērētŭm) fu una città del Latium vetus, che sorgeva lungo il percorso dell'antica via Salaria, in prossimità dell'incrocio con la via Nomentana, nella valle del Tevere.

Eretum
Ērētŭm
L'antico Latium vetus ed i suoi principali centri abitati.
CiviltàSabini e civiltà romana
UtilizzoCittà
EpocaVIII-VI secolo a.C.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
ComuneMonterotondo
Mappa di localizzazione
Map

Fonti antiche modifica

Virgilio nell'Eneide[1] la menziona tra le città sabine alleate contro Enea. Per la sua posizione di confine ebbe frequenti conflitti con i Romani: sotto i re di Roma Tullo Ostilio[2] Tarquinio Prisco[3][4] e Tarquinio il Superbo[5].

I conflitti tra Romani e Sabini continuarono nei primi tempi dell'età repubblicana: nel 503 a.C., prevalsero i Romani guidati dai consoli Agrippa Menenio Lanato e Publio Postumio Tuberto,[6] e nel 458 a.C.[7].

La città rimase indipendente fino al IV secolo a.C. e in seguito decadde, rimanendo probabilmente dipendente dal centro di Nomentum. Il toponimo è ancora utilizzato negli itinerari (Itinerario antonino e Tabula Peutingeriana) fino al IV secolo d.C.

Resti archeologici modifica

Mappa del Latium vetus


La posizione della città è stata a lungo oggetto di discussione (attribuzioni sono fatte con la località di "Grotta Marozza" nel comune di Monterotondo)[senza fonte].

I resti dell'abitato sono stati identificati da ricerche del CNR sulla collina di Casacotta nel territorio comunale di Montelibretti e si riferiscono ad un centro fiorito tra l'VIII e il VI secolo a.C., privo di strutture difensive.

Alla città doveva anche appartenere la necropoli sabina di Colle del Forno, scoperta negli anni settanta, con tombe a camera scavate nella roccia e dotate di corridoi di accesso (dromoi) e con loculi per le deposizioni nelle pareti, che hanno restituito ricchi corredi.

Nel III secolo a.C. la necropoli venne abbandonata ed utilizzata per lavori agricoli, che provocarono il crollo delle tombe. Fu effettuato un rito di desacralizzazione sacrificando numerosi animali, anfore di vino e vasetti con unguenti, che vennero sotterrati in una grande buca nel terreno[8].

Gli scavi recenti, condotti dal CNR, hanno riportato in luce la cosiddetta "tomba del re"[8], della seconda metà del VI secolo, di grandi dimensioni e articolata in tre camere, ha restituito i resti di un carro, in origine in legno con decorazioni in bronzo e in ferro, un trono in terracotta e quattro calderoni in bronzo. Il defunto era stato sepolto con il rito dell'incinerazione e con uno scettro e un lituo il bastone ricurvo sacerdotale, utilizzato dagli auguri: il ritrovamento getta nuova luce sulla figura del re-sacerdote nella Sabina arcaica.

Note modifica

  1. ^ Virgilio, VII, 711.
  2. ^ Dionigi di Alicarnasso, III, 32.
  3. ^ Dionigi di Alicarnasso, III, 59.
  4. ^ Dionigi di Alicarnasso, IV, 3.
  5. ^ Dionigi di Alicarnasso, IV, 51.
  6. ^ Dionigi di Alicarnasso, V, 44.
  7. ^ Tito Livio, III, 29.
  8. ^ a b CNR, I re-sacerdoti sabini? Storia, non leggenda.

Bibliografia modifica

Fonti antiche
Storiografia moderna
  • Paolo Togninelli (a cura di), Tra Eretum, Nomentum e Crustumerium: Antiche modalità insediative nel territorio di Monterotondo, Roma, L'Erma di Bretschneider, 2013, ISBN 978-88-913-0473-5.
  • Paola Santoro, La città sabina di Eretum, in Enea nel Lazio. Archeologia e mito, Roma, Palombi, 1981, pp. 57-58, ISBN non esistente.Voci correlate

Voci correlate modifica

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