Ernst zu Reventlow

militare e giornalista tedesco

Ernst Christian Einar Ludwig Detlev Graf zu Reventlow (Husum, 18 agosto 1869Monaco di Baviera, 21 novembre 1943) è stato un militare, giornalista, scrittore e politico tedesco[1].

Ernst Christian Einar Ludwig Detlev Graf zu Reventlow

Biografia modifica

Era figlio di Ludvig Christian Detlev Frederik, Graf zu Reventlow, un nobile di origine danese e di Emilie Julie Anna Louise Rantzau. La sua sorella minore era Fanny zu Reventlow, la "contessa boema" di Schwabing. Dopo aver conseguito la licenza liceale, nel 1888 intraprese una carriera nella Marina imperiale tedesca, raggiungendo il grado di tenente comandante[1][2]. Il 14 marzo 1895 sposò ad Altona, in Germania, la nobildonna francese Adlige Blanche contessa d’Allemont de Broutillot. Nel 1899 si congedò dalla marina per tentare l'attività di piantatore in America centrale. Non soddisfatto della nuova attività, nel 1905 fece ritorno in Germania iniziando l'attività di giornalista e scrittore di politica e l'anno seguente pubblicò il romanzo di grande successo, Kaiser Wilhelm II. und die Byzantiner[1] (Kaiser Guglielmo II e i Bizantini) nel quale descrisse il monarca come persona debole e distante dalle classi sociali più modeste. Nel 1907 divenne redattore del giornale Berliner Tageblatt prendendo le difese della Marina imperiale contro la Royal Navy britannica, allora la più potente marina militare del mondo. Scrisse anche su diverse pubblicazioni legate al Partito Popolare Tedesco, quali Tägliche Rundschau, Deutsche Tageszeitung e Kreuz-Zeitung. Si presentò candidato al Reichstag nel 1907 e nel 1912 ma non venne eletto.

Durante la prima guerra mondiale fu redattore editoriale della Deutsche Tageszeitung. Accusò l'ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, James W. Gerard, di essere una spia britannica, ma aggredì Arthur Zimmermann per il complotto tendente a formare un'alleanza tra Messico e Giappone contro gli Stati Uniti d'America. Attaccò furiosamente i leader della Germania per aver ceduto alle richieste degli Stati Uniti rispetto ai loro diritti dopo l'affondamento della Lusitania, e la "Tageszeitung" vide sospese le sue pubblicazioni il 25 giugno 1915. Per un attacco a Theobald von Bethmann-Hollweg, accusato di ingannare Paul von Hindenburg, fu citato in giudizio per calunnia nel 1916.[3][4]

Fu molto critico nei confronti delle politiche del Kaiser Guglielmo II di Germania e successivamente della Repubblica di Weimar. Nel 1920 fondò il suo giornale, Der Reichswart ("Guardiano del Reich"), che venne pubblicato fino alla sua morte.

 
Copertina del libro del 1923 Schlageter: Eine Auseinandersetzung, che raccoglie il discorso Schlageter di Karl Radek e i principali interventi nel dibattito da esso suscitato, tra cui quello di Reventlow

Nell'immediato dopoguerra, una posizione vicina ad alcuni concetti del nazionalbolscevismo fu sostenuta da uno dei più influenti dirigenti del Comintern, Karl Radek, il quale postulava che esistesse una comunità di interessi tra i nazionalisti tedeschi e l'isolato regime bolscevico in Russia. In un primo momento Reventlow denunciò "l'illusione dei cosiddetti bolscevichi nazionali che il comunismo potrebbe trasformarsi in nazionalismo",[5] ma quando nel 1923 Radek colse l'occasione dell'occupazione della Ruhr per tenere il suo discorso Schlageter dinanzi al III Plenum del Comitato esecutivo dell'Internazionale Comunista, Reventlow rispose con vari articoli su Der Reichswart, che furono successivamente ristampati dall'organo di stampa comunista Die Rote Fahne. Questa collaborazione fu di breve durata, ma diede a Reventlow la fama di uomo di sinistra. In seguito commentò con approvazione delle politiche interne del KPD sul Deutsches Tageblatt e chiese per i lavoratori il controllo manageriale del cinquanta per cento di qualsiasi impresa.[6] È stato riferito che Reventlow fu il solo tra i capi nazisti a non essere mai fischiato quando si rivolgeva a folle di lavoratori.[7]

Nel 1924 Reventlow e Albrecht von Graefe uscirono dal Partito Popolare Nazionale Tedesco (DNVP) per formare il Partito Popolare Tedesco della Libertà (DVFP) che era più Völkish e di sinistra del conservatore DNVP. Entrambi furono eletti al Reichstag[1] come deputati DNVP, anche se nel maggio 1927 Reventlow litigò con il più conservatore Graefe e lasciò il partito per unirsi al NSDAP (Partito nazista), portando la sua fazione in blocco, tra cui Bernhard Rust, Franz Stöhr e Wilhelm Kube, ognuno dei quali avrebbe avuto ruoli di primo piano nel partito nazista. Ciò migliorò notevolmente la posizione del NSDAP nella Germania settentrionale, dove il DVFP era sempre stato più forte del NSDAP e alla fine del 1928 il DVFP aveva cessato di esistere a tutti gli effetti.

Il gruppo di Reventlow si alleò rapidamente con l'ala più socialista del NSDAP guidata da Gregor Strasser che favorì l'adozione di misure socialiste autentiche e un'alleanza con i sovietici contro le democrazie occidentali. Sebbene fosse influente nel partito fino alla fine, il gruppo divenne meno influente quando Hitler si dedicò al militarismo e all'antisemitismo dopo aver ottenuto il potere.

Reventlow non fu mai apprezzato o considerato autorevole da Hitler, ma la sua popolarità personale era notevole e Hitler scelse di non contraddirlo ma di ignorarlo. Reventlow non ricevette mai un incarico elevato nel partito né, dopo la presa del potere, gli fu assegnata alcuna carica di governo. Anche se spesso criticava le politiche del governo, gli fu permesso di pubblicare il suo giornale, Der Reichswart, fino alla sua morte nel 1943.

Reventlow sostenne una teoria proposta per la prima volta da Leslie Fry (pseudonimo di Paquita de Shishmareff), che nel suo libro "Waters Flowing Eastward" (Parigi: Éditions R.I.S.S., 1931)[8] sosteneva che i Protocolli dei Savi di Sion erano il piano generale di una cospirazione secondo la quale un gruppo guidato dal "sionista culturale" Asher Ginzberg tramava il dominio del mondo. Tuttavia, all'epoca, Ginzberg sosteneva un risveglio culturale e politico ebraico internazionale, piuttosto che un singolo stato ebraico. Reventlow citò Fry come sua fonte per il suo pensiero sulle origini dei "Protocolli". Dopo che Philip Graves fornì prove, in "The Times", che i "Protocolli" erano falsi plagiati, Reventlow pubblicò il suo sostegno alla teoria della Fry della paternità di Ginzberg nel periodico La Vieille France. I sostenitori di Ginzberg lo citarono in giudizio ed egli fu costretto a ritrattare e a pagare i danni.[9] Comunque continuò a sostenere il suo punto di vista.

L'antisemitismo di Reventlow non fu mai razziale, come quello di Hitler, ma culturale, e questo portò al suo coinvolgimento nel Movimento per la fede tedesca[10]. Dal 1934 al 1936, Reventlow fu vicepresidente di questo movimento religioso che postulava che ogni popolo "attraverso il suo sangue" potesse sviluppare la propria conoscenza religiosa. Il movimento era anticristiano e cercò di creare una "fede vera" per la Germania.[11]

Dal 1937 scrisse sulla rivista dell'Institut zur Erforschung der Judenfrage (Istituto di ricerche sulla questione ebraica)[12]. Morì nel 1943[1]. Nel necrologio pubblicato dall'organo di stampa nazionalsocialista Völkischer Beobachter si legge: "Con il trapasso del deputato del Reichstag conte Ernst zu Reventlow il 20 novembre, il movimento nazionalsocialista ha perso uno dei suoi primi e più valenti protagonisti"[13].

Ascendenza modifica

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
8. Christian Ditlev Frederik, visconte di Reventlow 16. Christian Ditlev, visconte di Reventlow  
 
17. Friederike Johanna von Bothmer  
4. Ludvig Detlev, conte di Reventlow  
9. Sophie Frederikke von Beulwitz 18. Christoph Ernst von Beulwitz  
 
19. Sophie Hedwig von Warnstedt  
2. Ludvig, conte di Reventlow  
10. Hans Detlev, barone di Hammerstein-Loxten 20. Hans Christian, barone di Hammerstein-Loxten  
 
21. Caroline Agnes Louise von Schrader  
5. Agnes von Hammerstein-Loxten  
11. Sophie Dorothea Louise Holck 22. Frederik Wilhelm Conrad Holck  
 
23. Juliane Sophie Danneskjold-Laurvig  
1. Ernst, conte di Reventlow  
12. Christian Detlev, conte di Rantzau 24. Christian Emil, conte di Rantzau  
 
25. Anna Sabine von Buchwald  
6. Ernst, conte di Rantzau  
13. Charlotte von Diede zum Fürstenstein 26. Wilhelm Christoph von Diede zum Fürstenstein  
 
27. Ursula Margarethe von Callenberg  
3. Emilie Anna Louise von Rantzau  
14. Karl Emil, conte di Rantzau 28. Christian Emil, conte di Rantzau (= 24)  
 
29. Anna Sabine von Buchwald (= 25)  
7. Agnes Luise zu Rantzau  
15. Emilie Hedwig von Bernstorff 30. Andreas Peter, conte di Bernstorff  
 
31. Henriette zu Stolberg-Stolberg  
 

Opere modifica

  • Die deutsche Flotte. Ihre Entwicklung und Organisation. 1901
  • Der russisch-japanische Krieg. 1904 ff.
  • Kaiser Wilhelm II. und die Byzantiner, 1906
  • Holder Friede, Süsse Eintracht. Eine politische Satire. Dieterich'sche Verlagsbuchhandlung, Theodor Weicher, Leipzig 1906
  • Deutschlands auswärtige Politik 1888–1913. 1914
  • Deutschland zur See. Ein Buch von der deutschen Kriegsflotte. Verlag Otto Spamer, Leipzig 1914
  • Der Vampir des Festlandes. Eine Darstellung der englischen Politik nach ihren Triebkräften, Mitteln und Wirkungen. 1915
  • Die Aufgabe der deutschen Flotte in diesem grossen Kriege., Kaiser-Wilhelm-Dank, Verlag Kameradschaft, Berlin, ca. 1915
  • Brauchen wir die flandrische Küste? 1918
  • Politische Vorgeschichte des Großen Krieges. 1919
  • Völkisch-kommunistische Einigung? 1924
  • Minister Stresemann als Staatsmann und Anwalt des Weltgewissens. 1925
  • Kriegsschuldlüge und Kriegsschuldlügner. 1929
  • Deutscher Sozialismus. 1930
  • Der Weg zum neuen Deutschland. Ein Beitrag zum Wiederaufstieg des deutschen Volkes. 1931
  • Der deutsche Freiheitskampf. 1934
  • Wo ist Gott? 1934
  • Judas Kampf und Niederlage in Deutschland. 150 Jahre Judenfrage. 1937
  • Von Potsdam nach Doorn. 1940

Note modifica

  1. ^ a b c d e (DE) Reventlow, Ernst Christian Einar Ludwig Detlev, su deutsche-biographie.de. URL consultato il 28 settembre 2020.
  2. ^ Joachim Lilla, Martin Döring, Andreas Schulz: Statisten in Uniform. Die Mitglieder des Reichstags 1933–1945. Ein biographisches Handbuch. Unter Einbeziehung der völkischen und nationalsozialistischen Reichstagsabgeordneten ab Mai 1924. Droste, Düsseldorf 2004, ISBN 3-7700-5254-4, S. 508.
  3. ^ Testi da una pubblicazione ora in dominio pubblico: Rines, George Edwin, ed. (1920). "Reventlow, Ernst, Count". Encyclopedia Americana.
  4. ^ Necrologio nella "Kölnische Zeitung" del 23 novembre 1943.
  5. ^ Ernst Graf zu Reventlow, “Nationalbolschewismus,” Der Reichswart, I, #6 (1920), p. 8, cited by Klemens von Klemperer, “Germany's new conservatism; its history and dilemma in the twentieth century, Princeton University Press, Princeton, 1957, p. 144.
  6. ^ Dietrich Orlow, “History of the Nazi Party: 1919 - 1933,” University of Pittsburgh Press, Pittsburgh, PA, 1969, p. 96.
  7. ^ Albert Krebs, “The infancy of Nazism: the memoirs of ex-Gauleiter Albert Krebs, 1923-1933,” New Viewpoints, New York, 1976.
  8. ^ R.I.S.S. = Revue Internationale des Sociétés Secrètes, whose primary editor was Mgr. Ernest Jouin (December 21, 1844 - June 27, 1932).
  9. ^ Susan Sarah Cohen, Antisemitism: an annotated bibliography, Volume 8, Vidal Sassoon International Center for the Study of Antisemitism, p.444.
  10. ^ Frankfurter Zeitung, Nr. 159, 26 marzo 1936.
  11. ^ Count Ernst Zu Reventlow, “Where is God?,”“Friends of Europe” publications ; no. 47, London, 1937
  12. ^ (DE) Klee Ernst, Das Personenlexikon zum Dritten Reich, wer war was vor und nach 1945, Francoforte sul Meno, Fischer Taschenbuch, 2005, p. 493, ISBN 3-596-16048-0.
  13. ^ (EN) Friedrich Kellner, My Opposition: the Diary of Friedrich Kellner – a German against the Third Reich, Cambridge University Press, 2018, p. 296.

Bibliografia modifica

  • (EN) Joseph B. Neville, Jr., “Ernst Reventlow and the Weimar Republic: A Völkish Radical Confronts Germany’s Social Question," Societas 7, 1977, pp. 229–251.
  • (EN) Christian Zentner, and Friedemann Bedürftig, “Encyclopedia of the Third Reich,” Da Capo Press, New York City, 1997.
  • (EN) Conan Fischer, “The German Communists and the Rise of Nazism,” St. Martin's Press, New York City, 1991.

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