Fellini Satyricon

film del 1969 diretto da Federico Fellini

Fellini Satyricon, all'estero semplicemente noto come Satyricon, è un film del 1969, co-scritto e diretto da Federico Fellini, liberamente tratto dall'omonima opera dello scrittore latino Petronio Arbitro.

Fellini Satyricon
Trimalcione in una scena del film
Lingua originaleitaliano, latino, greco antico
Paese di produzioneItalia
Anno1969
Durata129 min
Rapporto2,35:1
Generestorico, drammatico, fantastico, epico, avventura
RegiaFederico Fellini
SoggettoFederico Fellini, Bernardino Zapponi (basato sul Satyricon di Petronio Arbitro)
SceneggiaturaFederico Fellini, Bernardino Zapponi
ProduttoreAlberto Grimaldi
FotografiaGiuseppe Rotunno
MontaggioRuggero Mastroianni
Effetti specialiJoseph Natanson, Adriano Pischiutta
MusicheNino Rota, Ilhan Mimaroglu, Tod Dockstader, Andrew Rudin
ScenografiaDanilo Donati, Renzo Gronchi
CostumiDanilo Donati e (non accreditato, il clan Visconti non voleva) Piero Tosi
TruccoRino Carboni, Luciano Vito
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Trama modifica

(EN)

«Rome. Before Christ. After Fellini»

(IT)

«Roma. Avanti Cristo. Dopo Fellini»

I protagonisti sono Ascilto ed Encolpio, due giovani scapestrati romani che vivono di espedienti nella Roma imperiale. Lo sfondo sociologico del film è quello delle nuove classi sociali, come i liberti arricchiti e i cavalieri.

I due si innamorano dell'efebo Gitone e per un po' le sue grazie vengono divise dai due fino a che questi sceglie Ascilto. A questo punto, Encolpio sconfortato si lascia andare psicologicamente e viene coinvolto in varie avventure: scampa ad un terremoto e partecipa ai viziosi banchetti di Trimalcione, fino ad arrivare alla nave del pirata Lica al servizio dell'imperatore. Qui incontra di nuovo Gitone ed Ascilto.

La storia vede alternarsi violenze carnali, rapimenti e varie peripezie: addirittura Encolpio combatte contro un gladiatore travestito da Minotauro fino ad essere sconfitto. Al culmine della trama Ascilto muore ed Encolpio viene sommerso dalla tristezza e dalla depressione, fino ad imbarcarsi su una nave con Eumolpo, un anziano ed astuto poeta. Eumolpo in punto di morte decide di nominare come suo erede chi si nutrirà delle sue carni, ma Encolpio rifiuta questo atto di cannibalismo.

La cena di Trimalcione modifica

Come l'opera frammentaria da cui è tratto, il film non ha un'unità narrativa ben definita e lineare: la scena della cena di Trimalcione, liberto arricchito ma ignorante e volgare, è l'unica parte completa ripresa dall'opera di Petronio. Eumolpo, ubriacatosi insieme agli altri commensali, offende Trimalcione, che si era vantato poeta e filosofo: per questo motivo viene catturato e torturato. La scena si sposta con Encolpio che osserva ciò che accade senza aiutare il compagno d'avventura. In seguito i commensali e i servi di Trimalcione inscenano la morte di quest'ultimo e il suo funerale, con il liberto arricchito che dirige dalla bara tutto il rito kitsch in un'atmosfera surreale e decadente.

Differenze dal testo letterario modifica

Il film non è una trasposizione letterale dell'originale di Petronio. Tra le principali modifiche apportate dal regista c’è l'aggiunta dell'episodio dell'oracolo ermafrodita, che non c'è in Petronio. Nell'adattamento di Fellini, viene rapito da Ascilto e muore per disidratazione in una landa desolata durante il cammino. Anche la conseguente morte di Ascilto, verso la fine del film, è una manipolazione dell'originale. Altre interpolazioni di Fellini sono l'episodio del minotauro nel labirinto (che prima cerca di uccidere Encolpio, per poi riconciliarsi con lui e cercare di baciarlo), e quello della donna ninfomane il cui marito ingaggia Ascilto perché la soddisfi.

Produzione modifica

Cast modifica

In questo film fece il suo debutto un giovane Alvaro Vitali, appena scoperto da Federico Fellini, che interpreta uno degli attori della compagnia di Vernacchio; nel cast vi è inoltre un cameo dell'attore comico americano Richard Simmons e tra le comparse utilizzate nel film c'è anche Renato Fiacchini, in arte Renato Zero. Nel ruolo del Minotauro recita Luigi Montefiori, che di lì a qualche anno sarà presenza fissa in polizieschi all'italiana e spaghetti-western, con il nome d'arte di George Eastman. Per il ruolo di Trimalcione, Fellini aveva inizialmente pensato a Bud Spencer, che però rifiutò la parte, perché sarebbe dovuto comparire nudo[1]. Inoltre al film prese parte, come comparsa, il cestita Suleiman Ali Nashnush, noto per essere lo sportivo più alto del mondo in vita (245 cm).

Concorrenza modifica

Nello stesso anno dell'uscita del film Gian Luigi Polidoro firmò un'altra pellicola incentrata sull'opera di Petronio, intitolata appunto Satyricon, con Ugo Tognazzi nei panni del vecchio Trimalcione e Don Backy. Per distinguersi da questa, l'opera felliniana dovette riportare il nome del regista nel titolo (infatti all'estero, dove il problema non si poneva, il film si chiama semplicemente Satyricon). In realtà Fellini stava già lavorando al suo Satyricon, prodotto da Alberto Grimaldi, quando il produttore Alfredo Bini (che forse avrebbe voluto ingaggiare il regista per la propria Casa di produzione oppure aveva intravisto le ottime possibilità di guadagno prospettate dal titolo), decise di affidarne a Polidoro una propria trasposizione, che uscì alcuni mesi prima di quella di Fellini e che fu sequestrata con l'accusa di oscenità. Secondo la versione di Alfredo Bini, invece, il primo progetto di un film tratto dall'opera di Petronio sarebbe stato il suo (risalente al 1963), e per questa ragione la vertenza giudiziaria che ne seguì portò come esito al cambio del titolo del film prodotto da Grimaldi, che divenne non più soltanto Satyricon ma Fellini Satyricon.[2]

Critica modifica

«Nella sua struttura di ricognizione onirica di un passato inconoscibile e di rapporto fantastorico sulla Roma imperiale al tramonto, come guardata attraverso l'oblò di un'astronave, il Satyricon non nasconde le sue ambizioni di essere un film sull'oggi. L'itinerario picaresco e becero dei due vitelloni antichi (purtroppo né personaggi veri né simboli) lascia il posto a un'ansia esistenziale e religiosa, all'interrogazione sul significato del nostro passaggio terreno. Su questo versante – al di là della straordinaria ricchezza figurativa, funerea e notturna dell'insieme – i momenti più felici sono l'episodio della villa dei suicidi e l'addio alla vita del poeta Eumolpo»

Il critico cinematografico Davide Rinaldi così spiega l'intimo significato del film ponendo un parallelo con La dolce vita:

«Come ne La dolce vita, il Fellini Satyricon mette i riflettori sulle abiezioni umane, i sogni, le babilonie, la negatività del protagonista, ma mentre il primo film si muoveva nell'ambito della civiltà contemporanea (riconoscibile per tutti) il secondo indaga l'inconscio collettivo, e per questo rappresenta un percorso e un'opera più ostica, a tratti noiosa, non di certo rassicurante. Gli spettatori assistono al film come se questo fosse fatto di sabbie mobili: ogni elemento contiene dei buchi neri in cui perdersi e per cui perdere continuamente il filo del discorso. La grandezza del Fellini Satyricon consiste ancora una volta nella sua inutilità, nel suo essere svincolato dai problemi dell'oggi e del domani, ma di rivolgersi direttamente nell'interiorità dell'umanità, al di là di confini spaziali, temporali, sociali.[4]»

Riconoscimenti modifica

Parodia modifica

Nel 1970 il regista comico Mariano Laurenti firmerà una parodia di Fellini Satyricon con la partecipazione di Franco Franchi, Ciccio Ingrassia ed Edwige Fenech, intitolata Satiricosissimo, dove Federico Fellini e il suo film sono spesso nominati.

Note modifica

  1. ^ Bud Spencer: «Fellini mi voleva nudo nel film Satyricon. Rifiutai la parte», su corrieredelmezzogiorno.corriere.it.
  2. ^ Alfredo Bini, Hotel Paolini, il Saggiatore, Milano 2018, pp. 102-3.
  3. ^ Luisa, Laura e Morando Morandini, Il Morandini – Dizionario dei film, Bologna 2003.
  4. ^ Davide Rinaldi, Un sogno imperiale: il Fellini Satyricon, in Cinemateque.it, 2005.

Bibliografia modifica

  • Liliana Betti, Federico A.C.: disegni per il 'Satyricon' di Federico Fellini, Milano, Libri Edizioni, 1970.
  • (EN) Gilda Frantz, Fellini Satyricon, in Psychological Perspectives, vol. 1, n. 2, autunno 1970, pp. 157-161.
  • (EN) Arnando José Prats, The Individual, The World and the Life of Myth in Fellini Satyricon, in South Atlantic Bulletin, vol. 44, n. 2, maggio 1979, pp. 45-58.

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