Fitorisanamento

Fitorisanamanto

Il fitorisanamento (dal greco φυτος, pianta), fitorimedio o fitorimediazione (in inglese phytoremediation) è una tecnologia naturale di bonifica dei suoli che utilizza alcune piante che sono in grado di fitoestrarre metalli pesanti e/o indurre la degradazione di composti organici in terreni contaminati.

Storia modifica

L'idea di base risale già agli anni cinquanta, quando alcuni ricercatori sovietici osservarono che piante semiacquatiche come il giacinto (Eichhornia crassipes) e la lenticchia d'acqua (Lemna minor) avevano la capacità di assorbire metalli tossici come il piombo, lo zinco e il cadmio dalle acque contaminate, o che piante come il crescione alpino prosperavano in terreni ricchi di zinco e di nichel.
Tra le piante con queste caratteristiche è citato l'uso dell'erba storna alpestre, (Noccaea alpestris o Thlaspi alpestre), capace di assorbire zinco, piombo ed altri metalli pesanti dal terreno.
Questa pianta, che in Italia cresce spontanea soprattutto sull'Appennino tosco-emiliano, si sviluppa bene sul suolo inquinato dai metalli pesanti, che per elevate concentrazioni potrebbero essere tossici per altre specie vegetali.
Grazie a dei geni contenuti nel suo Dna, assorbe metalli dalle radici e li accumula nelle foglie all'interno dei vacuoli dove restano intrappolati fino a quando le foglie non cadono sul terreno.
Anziché lasciare che le foglie cadano queste possono essere recuperate, essiccate e trasformate in polvere ricca di metalli pesanti che possono essere estratti e utilizzati nell'industria.
L'erba alpestre non ha necessità dei metalli pesanti per crescere ma in questo modo diminuisce la concentrazione di sostanze tossiche alle sue radici.

Altre piante iperaccumulatrici di sostanze tossiche sono state trovate tra le famiglie di Brassicaceae, Euphorbiaceae, Asteraceae, Lamiaceae, e Scrophulariaceae.
Tra di esse si ricordano alcuni esempi:

Vantaggi e svantaggi modifica

Vantaggi modifica

  • Costi ridotti in rapporto alle tecniche di bonifica convenzionali.
  • Facile monitoraggio.
  • Possibilità di recuperare prodotti (es. metalli) che possono avere un valore di mercato
  • Essendo basata sull’impiego di organismi viventi, presenta un elevato valore ecologico, favorendo al contempo l’aumento della biodiversità di siti degradati.
  • Elevato grado di accettabilità sociale.

Svantaggi modifica

  • Il campo di applicazione è limitato agli ambienti accessibili alle piante.
  • Processo pressoché circoscritto alle zone di terreno raggiungibili dalle radici delle piante.
  • Richiede tempi più lunghi rispetto alla maggior parte delle tecniche di bonifica convenzionali
  • In molti casi la biomassa prodotta durante il processo risulta contaminata e deve essere opportunamente gestita al fine di evitare la dispersione dei contaminanti nell’ambiente.

Classificazione modifica

Fito-estrazione modifica

La pianta è in grado di assorbire alcuni contaminanti dal suolo (es. metalli pesanti) e di trasferirli alle parti aeree (fusto, foglie etc.); la raccolta di tali parti permette di ridurre gradualmente (soprattutto dopo diversi cicli di raccolta ripetuti negli anni) i livelli di questi composti nel suolo[1]. Le specie potenzialmente utilizzabili in fitoestrazione si dividono in due grandi famiglie: le piante iperaccumulatrici[2] e le piante a rapido accrescimento[3].

Fito-stabilizzazione modifica

La pianta produce sostanze che rendono insolubile (immobilizzazione) l’inquinante nel terreno impedendone la dispersione nell’ambiente circostante[4]. Si tratta di un metodo “passivo” perché non si tratta di una vera e propria tecnica di bonifica quanto piuttosto di una strategia di contenimento del problema.

Fito-trasformazione modifica

La pianta produce metaboliti in grado di modificare e/o degradare gli inquinanti nel terreno. Le radici di alcune piante presentano la capacità di secernere alcune sostanze (essudati radicali) in grado di favorire la degradazione di queste sostanze. Il mais (Zea mays L.), ad esempio, è ben conosciuto per questa proprietà[5].

Fito-stimolazione modifica

Il processo, conosciuto anche con il termine degradazione rizosferica, è tipicamente espletato dall’azione di microrganismi che vivono nella rizosfera i quali operano la degradazione di alcune tipologie di inquinanti organici. Questo processo può, riguardare anche alcune piante aquatiche (es antocerote) che operano in cooperazione con gruppi microbici attivi nella degradazione di alcune molecole come l’Atrazina[6].

Fito-volatilizzazione modifica

La pianta è in grado di assorbire i contaminanti, di trasferirli alle parti aeree e di eliminarli nell’atmosfera attraverso la traspirazione[7].

Rizo-filtrazione modifica

È un processo abbastanza analogo alla fito-estrazione ma che viene generalmente impiegato in zone umide attraverso l’impiego di piante acquatiche[8] o adattate ad ambienti umidi[9][10].

Note modifica

  1. ^ Ebbs, S.D., M.M. Lasat, D.J. Brady, J. Cornish, R. Gordon and L.V. Kochian, 1997. Heavy metals in the environment: Phytoextraction of cadmium and zinc from a contaminated soil. Journal of Environmental Quality, 26: 1424-1430
  2. ^ Rascio, N., and F. Navari-Izzo. "Heavy Metal Hyperaccumulating Plants: How and Why do they do it? and what Makes them so Interesting?" Plant Science 180.2 (2011): 169-81. SCOPUS. Web. 16 October 2011
  3. ^ Guidi Nissim W.,Palm E.,Mancuso S.,Azzarello E. (2018) “Trace element phytoextraction from contaminated soil: a case study under Mediterranean climate”. Environmental Science and Pollution Research https://doi.org/10.1007/s11356-018-1197-x
  4. ^ Moreno-Jiménez, E., E. Esteban, R.O. Carpena-Ruiz, M.C. Lobo and J.M. Pemnalosa, 2012. Phytostabilisation with Mediterranean shrubs and liming improved soil quality in a pot experiment with a pyrite mine soil. Journal of Hazardous Materials, 201-202: 52-59
  5. ^ Yoshitomi, K.J. and J.R. Shann, 2001. Corn (Zea mays L.) root exudates and their impact on 14C-pyrene mineralization. Soil Biology and Biochemistry, 33: 1769-1776
  6. ^ Rupassara, S. I.; Larson, R. A.; Sims, G. K. & Marley, K. A. (2002), "Degradation of Atrazine by Hornwort in Aquatic Systems", Bioremediation Journal, 6 (3): 217–224, doi:10.1080/10889860290777576
  7. ^ Andersen, R.G., E.C. Booth, L.C. Marr, M.A. Widdowson and J.T. Novak, 2008. Volatilization and biodegradation of naphthalene in the vadose zone impacted by phytoremediation. Environmental Science and Technology, 42: 2575-2581
  8. ^ Comeau, Y., J. Brisson, J.-P. Réville, C. Forget and A. Drizo, 2001. Phosphorus removal from trout farm effluents by constructed wetlands. Water Science Technology, 44: 55-60
  9. ^ Guidi Nissim W., Jerbi A., Lafleur B., Fluet R., Labrecque M. (2015) “Willows for the treatment of municipal wastewater: long-term performance under different irrigation rates”.Ecological Engineering 81: 395-404. https://dx.doi.org/10.1016/j.ecoleng.2015.04.067
  10. ^ Guidi Nissim W., Voicu A., Labrecque M. (2014) “Willow short-rotation coppice for treatment of polluted groundwater”. Ecological Engineering, 62:102-114 https://dx.doi.org/10.1016/j.ecoleng.2013.10.005

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