Fondazione Calouste Gulbenkian

La Fondazione Calouste Gulbenkian è un complesso comprendente due musei (Museo Calouste Gulbenkian e Centro d'Arte Moderna José de Azeredo Perdigão), una sala concerti (con relative Orchestra Gulbenkian e Coro Gulbenkian), gli uffici della fondazione e un parco pubblico. Completata nel 1969 a Lisbona è una delle opere architettoniche portoghesi più importanti del tempo.

Fondazione Calouste Gulbenkian
Fundação Calouste Gulbenkian
Fondazione1956
FondatoreCalouste Gulbenkian
Sede centraleBandiera del Portogallo Lisbona
PresidenteBandiera del Portogallo António M. Feijó
Sito web

La Fondazione ha succursali a Londra e a Parigi[1]. In quest'ultima sede sono ambientate scene basilari del film di La Lettera . Il regista Manoel de Oliveira vi situa l'elegante gioielleria contemplata alla vendita dove si incontrano per la prima volta Monsieur de Clèves e la futura moglie Catherine de Chartres e la sala da concerto dove si esibiscono, in tempi diversi, Maria João Pires e Pedro Abrunhosa.

Storia modifica

La fondazione Gulbenkian prende nome da Calouste Sarkis Gulbenkian (1869-1955), personaggio affascinante, arricchitosi col commercio di petrolio, appassionato collezionista d'arte e grande amante della natura. Nato a Istanbul (24 marzo 1869) studiò a Londra, dove conseguì una laurea in ingegneria e scienze applicate, per poi spostarsi in Francia (Parigi, Benerville-sur-Mer) e infine trasferirsi definitivamente a Lisbona nel 1942. Diversamente da tanti altri ricchi personaggi dell'epoca la sua passione per l'arte non era solo un hobby ma qualcosa di davvero intenso e per il quale nutriva una grande passione e di cui era notevole conoscitore. Pur avendo consiglieri e mecenati che lo aiutavano nel gestire le sue collezioni (principalmente dipinti ma anche scultura, oggettistica, mobili, stampe, ecc) manteneva un certo controllo e una certa consapevolezza specifica nel campo. Come anticipato la collezione d'arte di Gulbenkian comprendeva una grande varietà di materiale, si trattava di una delle più eminenti raccolte del tempo e per questo motivo venne spesso prestata a grandi musei che la rendessero fruibile al pubblico (National Gallery di Londra 1936-1950, National Gallery of Art di Washington, ecc). Tra gli illustri artisti collezionati da Gulbenkian ed oggi visibili nel museo della fondazione troviamo: Francesco Guardi, Canaletto, William Turner, Édouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Claude Monet, Jan Baptist Weenix, John Singer Sargent e tanti altri. Come già detto il suo interesse non si limitava unicamente all'arte ma si estendeva alla natura e in particolare ai giardini, del cui “disegno” era un estimatore.

In seguito alla morte il 20 luglio del 1955 a Lisbona il Times dedicò un ricco articolo alla vita di Gulbenkian e dopo circa un mese anche il Daily Telegraph pubblicò la sua storia, nella quale, tra le altre cose, dichiarava l'intenzione di Gulbenkian di fondare un nuovo museo a Lisbona per ospitare la sua collezione.

Il 18 luglio 1956 viene ufficialmente riconosciuta la Fondazione Calouste Gulbenkian, giusto in tempo per celebrare il primo anniversario della morte.[2]

Fin dall'inizio degli anni Settanta, ancor prima della Rivoluzione dei Garofani, definita «spartiacque della storia portoghese contemporanea, il Cinema Novo in Portogallo aveva segnato un momento di rottura» attraverso opere come Verdes Anos di Paulo Rocha, Belarmino di Fernando Lopes e Acto de Primavera di Manoel de Oliveira. In quegli anni Il Centro portoghese di Cinema fu «appoggiato finanziariamente dalla Fondazione Gulbekian».[3]

L'architettura modifica

I primi sforzi della fondazione si concentrarono nel trovare una sede adeguata, a questo scopo José de Azeredo Perdigão (direttore della fondazione) si mise in contatto con alcuni ingegneri ed architetti con i quali misero in piedi una squadra di lavoro dedicata allo scopo. Inizialmente il gruppo si focalizzò nella ricerca di un luogo ove erigere il complesso della fondazione, questo fu riconosciuto nel parco “Santa Gertrude” a Nord della città poco sopra Parco Edoardo VII nel 1957.

Situato nell'area triangolare delimitata dalla Estrada de Benfica il Parque de Santa Gertrude si affacciava a sud su Largo do São Sebastião. Nel corso degli anni l'area subì diversi cambiamenti, mantenendo tuttavia il forte carattere naturalistico ospitando fattorie, giardini, parchi tropicali, giardini zoologici. Nel 1884 infatti il parco divenne la casa del giardino zoologico di Lisbona finché nel 1917 fu pianificata la lottizzazione dell'area per privatizzare i lotti e venderli, il progetto non ebbe mai luogo e il parco divenne da prima una sorta di piccolo ippodromo e poi, dal 1943, comincio ad ospitare fiere popolari.

Il concorso puntava ad ottenere un'opera che potesse contribuire all'avanzamento dell'architettura moderna Portoghese, per questo si pensò di aprire la partecipazione unicamente a team nazionali. I giudici al contrario sarebbero stati in parte Portoghesi e in parte stranieri così da garantire che l'opera fosse consapevole del contesto internazionale architettonico, oltre ad assolvere il ruolo di giudici il gruppo avrebbe poi collaborato al progetto in vece di tutor per sviluppare il progetto con il team vincente (tra i componenti del gruppo di giudici troviamo: Franco Albini, Leslie Martin, J. Dubuisson, G. Lagneau, Afonso Eduardo Reidy).

Il programma prevedeva la realizzazione di quattro edifici principali: Auditorium, museo, biblioteca e uffici oltre al mantenimento e valorizzazione del parco. Il gruppo, dei tre team invitati, che risultò vincitore fu quello composto dagli architetti Alberto Pessoa, Pedro Cid e Rui Jervis Atouguia; la loro proposta convinse unanimemente i giudici che lo scelsero il 20 marzo 1960; il progetto risultava ben integrato nel contesto naturalistico ed estremamente efficace nel dialogo tra interno ed esterno.

Il progetto definitivo, sviluppato insieme ai tutor, fu sottoposto ed approvato il 31 luglio 1961, oltre ai disegni di progetto fu redatta una relazione in cui si metteva in evidenza la forza dell'edificio come struttura organica ben integrata nel paesaggio (si sentiva l'influenza dello scritto di Bruno Zevi sull'architettura organica di Frank Lloyd Wright) e con una grande valenza pubblica, entrambe caratteristiche che richiamavano alla personalità del fondatore della fondazione.[2]

Descrizione modifica

Il progetto prevedeva tre volumi principali: Uffici (sede della fondazione), Museo (con biblioteca annessa) e Auditorium.

La sede e gli uffici della fondazione, con la hall di ingresso principale, si trovano nell'edificio più alto del complesso (che comunque non supera i quattro piani), un volume fortemente orizzontale, modulare e diviso per fasce (vetrate e aggetti che funzionano da micro giardini e brise-soleil), un corpo estremamente semplice e pulito reso monumentale dalla collocazione sulla “collina” creata dai parcheggi interrati al di sotto. All'interno la volontà di creare un dialogo continuo tra dentro e fuori si concretizza nell'apertura di enormi vetrate (che corrono lungo tutto il perimetro libero dalla funzione portante) e nell'uso di un soffitto piuttosto basso che “schiaccia” la visuale dell'osservatore verso l'esterno. Queste soluzioni e la scelta dei materiali (principalmente cemento, tessuto e legno) rendono l'ambiente caldo, accogliente e a misura d'uomo nonostante la grandezza.

Il Museo si trova collocazione in un parallelepipedo forato all'interno da due patii e collegato al volume principale tramite una galleria nella parte est dell'edificio. Anche il Museo offre un continuo dialogo tra interno ed esterno pur mantenendo spazi totalmente schermati dalla luce naturale per proteggere le opere d'arte, per questo motivo l'edificio non presenta le ampie vetrate lungo tutto il perimetro dell'edificio principale ma sporadiche aperture giustapposte all'interno della razionale griglia strutturale. Questa griglia organizza anche la suddivisione degli spazi interni. I due piani dell'edificio ospitano il museo e la biblioteca, questa si colloca nel piano inferiore e si apre a sud con una lunga vetrata all'altezza del giardino.

L'auditorium si annette all'edificio principale a sud e consiste in un grande volume in parte interrato che si apre a sud con una vetrata sul laghetto del parco; questa apertura mette in relazione diretta la sala dell'auditorium con il parco, il laghetto e l'anfiteatro all'aperto offrendo agli spettatori un'esperienza straordinaria. Lo spazio della sala è estremamente funzionale in termini di acustica ed efficienza per performance teatrali e concerti, i materiali (ad esempio il legno Mussubi) sono scelti per le ottime prestazioni e il palco presenta un sistema di elevatori e pareti movibili che permettono di configurare lo spazio a seconda delle necessità. Correlato al progetto architettonico ma sviluppato da Gonçalo Ribeiro Telles e Antonio Facco Viana Barreto il progetto del Parco prese inizio nel 1961 proponendo un'area protetta all'interno del parco Gertrude.[2]

Il Parco all’interno della Fondazione rappresenta una parte fondamentale dell’intero progetto, infatti quasi l’87% dello spazio interno all’area è stata destinata al parco. Oltre alla sua dimensione risulta essere importante in quanto si fa rappresentante dei principi del progetto paesaggistico all’interno del movimento moderno in Portogallo. Una delle caratteristiche del parco è quella di avere una ricchezza e eterogeneità di elementi naturali, colori, profumi, specie animali. In questo senso il parco diventa una vera e propria esperienza all’interno della città di Lisbona che richiama l’attenzione sia di adulti che di bambini. La sua geometria e i suoi percorsi sono caratterizzati principalmente da forme morbide e curvilinee che però dialogano in maniera coerente con la rigida monumentalità degli edifici che riescono ad instaurare un forte e intimo dialogo con esso.[4]

Dieci anni dopo l'apertura del complesso Gulbenkian, il presidente della Fondazione incaricò l'architetto José Aleixo da França Sommer Ribeiro di portare avanti uno studio su dove collocare un nuovo Centro Artistico e Culturale, il CAM progettato e costruito tra il 1977 e il 1983. L'idea del CAM (Centro di Arte Moderna) nasceva sia dalla carenza di musei dedicati all'arte moderna in Portogallo sia dalla volontà di espandere la visione dell'arte verso una fruizione più informale e caratterizzata da diverse tipologie di audience, con l'intento inoltre di far conoscere la Fondazione a livello internazionale. L'edificio definisce una L la cui entrata e foyer si attesta nel fronte strada. Un tunnel sotterraneo collega il CAM con il Teatro all'aperto che si trova all'interno del parco e con il parcheggio sotterraneo del Museo, garantendo così un'unità con il resto del complesso. Lo spazio espositivo è flessibile e combina luce artificiale e luce naturale grazie alla struttura progettata dall'ingegnere Serra da Fonseca.[5]

Materiali e design modifica

In generale il complesso presenta una cura straordinaria negli interni, questo fu il primo esempio in Portogallo in cui un edificio di grande scala presentasse un approccio organico al design degli interni in relazione con l'architettura. Diversi designer lavorarono agli arredi del complesso (Daciano da Costa, Eduardo Anahory, Rogelio Ribeiro, ecc), tutti con un approccio diverso ma seguendo le linee di semplicità dell'architettura e l'uso dei materiali ben studiato (legno, tessuti, acciaio, cuoio, vetro). I materiali usati principalmente sono quattro, all'esterno troviamo il cemento lasciato a vista e segnato dalle venature del legno usato come cassa-forma, la pietra (Granito) usata nella promenade del museo per nobilitarlo e infine il vetro "bronzato"; entrando all'interno della struttura, i materiali già elencati fanno da legante tra interno ed esterno mentre il legno (principalmente frassino e mussubi) compare puntualmente nell'arredo, nel contro-soffitto e in alcune pareti divisorie.

Un'altra particolarità evidente all'interno della fondazione è la presenza di alcuni pezzi d'arte inseriti direttamente nell'apparato architettonico. L'idea alla base era quella di dare spazio ad artisti portoghesi di tre diverse generazioni: Almada Negreiros e Jorge Barradas (artisti emersi nella seconda decade del secolo), João Abel Manta (rappresentante degli anni '50) e infine Artur Rosa, Manuela Jorge e Vitor Fortes (rappresentanti dei giovani emergenti).[2]

Note modifica

  1. ^ (FR) Fondation Calouste Gulbenkian, Délégation en France, Paris. URL consultato il 26 maggio 2023.
  2. ^ a b c d (EN) GULBENKIAN - ARCHITECTURE AND LANDSCAPE, Lisboa, CALOUSTE GULBENKIAN FOUNDATION, 2006, ISBN 972-98728-7-2.
  3. ^ Roberto Turigliatto, Introduzione a Amori di perdizione, in Torino Film FGestival 17° Cinema giovani, Torino, Lindau s.r.l., 1999.
  4. ^ Tostões, A., Carapinha, A., & Corte-Real, P. (2006). Gulbenkian: Architecture and landscape. Lisbon: Calouste Gulbenkian Foundation.
  5. ^ Tostões, A. (2012). Calouste Gulbenkian foundation: The buildings. Lisboa: Fundacão Calouste Gulbenkian.

Bibliografia modifica

  • (PT) 1.o Congresso Nacional de Arquitectura. (2008). 1.o Congresso Nacional de Arquitectura. Lisboa: Caleidoscópio.
  • (PT) Alberto Pessoa. (28 de Agosto de 2014).
  • (PT) Almeida, P. V. (1986). A charneira 1900. In P. V. Almeida, História da Arte em Portugal: A arquitectura moderna. (pp. 9-23). Lisboa: Alfa.
  • (PT) Almeida, P. V. (1986). As décadas pós- Congresso. In P. V. Almeida, História da Arte em Portugal: A arquitectura moderna. (pp. 24-34). Lisboa: Alfa.
  • (PT) Arquitectos, O. d. (s.d.). Ordem dos Arquitectos. Obtido em 04 de Abril de 2015, de Portal dos Arquitectos: http://www.arquitectos.pt/index.htm?no=101068:215
  • (PT) Bandeira, F. (1998). Sistema de informação para o patrimonio arquitetonico. Obtido em 10 de Abril de 2015, de SIPA: http://www.monumentos.pt/Site/APP_PagesUser/SIPA.aspx?id=7810
  • (PT) Becker, A. (1998). Arquitectura do Século XX. Lisboa: Ministerio da Cultura.
  • (PT) Duarte, C. S. (1969). A sede e museu da Fundação Calouste Gulbenkian. In C. S. Duarte, Arquitectura Planeamento Design Artes Plásticas (pp. 211-229). Lisboa: Fundação Calouste Gulbenkian.
  • (PT) Duarte, C. S. (1969). A sede e museu da Fundação Calouste Gulbenkian. In C. S. Duarte, Arquitectura Planeamento Design Artes Plásticas (pp. 211-229). Lisboa: Fundação Calouste Gulbenkian.
  • (PT) E., L. (28 de 12 de 2012). Arquiteto fala... Obtido em 04 de Abril de 2015, de https://arquitetofala.blogspot.pt/2011/12/arquitetura-moderna.html
  • (PT) Instituto Superior Tecnico. (s.d.). Instituto Superior Tecnico. Obtido em 04 de Abril de 2015, de 100 IST: http://100.ist.utl.pt/momentos/duarte-pacheco/
  • (PT) Silvio Colin. (28 de 07 de 2010). Obtido em 04 de Abril de 2015, de Coisa da Arquitetura: https://coisasdaarquitetura.wordpress.com/2010/07/28/ciam-o-movimento- moderno-na-academia/
  • (PT) Tostões, A. (2004). Do Estádio Nacional ao Jardim Gulbenkian. In A. Tostões, Francisco Caldeira Cabral e a primeira geração de arquitectos. Lisboa: Fundação Calouste Gulbenkian.
  • (PT) Tostões, A. (2006). A arquitectura como imagen Gulbenkian. In A. Tostões, Sede e Museu Gulbenkian. A arquitectura dos anos 60. (pp. 21-40). Lisboa: Fundação Calouste Gulbenkian.
  • (PT) Tostões, A. (2012). A Arquitetura e a vida: Francisco Keil do Amaral, o arquiteto e o pedagogo, o cidadão e o homem. Lisboa: Argumentum e Ordem dos Arquitetos.
  • (EN) Tostões, A. (2013). Gulbenkian Arcthitecture and Landscape. Lisboa: Fundação Caloute Gulbenkian.

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN133186925 · ISNI (EN0000 0001 0710 5268 · BAV 494/7228 · ULAN (EN500301532 · LCCN (ENn80067089 · GND (DE1003185-6 · BNE (ESXX84429 (data) · BNF (FRcb118696222 (data) · J9U (ENHE987007261423805171 · WorldCat Identities (ENlccn-n80067089