Francesco Maria Barracu

politico italiano

Francesco Maria Barracu (Santu Lussurgiu, 1º novembre 1885Dongo, 28 aprile 1945) è stato un militare italiano, combattente nella prima guerra mondiale e nella guerra d'Etiopia, membro del Partito Nazionale Fascista sin dal 1921, giornalista, e infine esponente di spicco del Governo della Repubblica Sociale Italiana. Fu catturato con Benito Mussolini mentre si dirigevano verso la Valtellina, venendo quindi fucilato dai partigiani, che ne esposero il cadavere a piazzale Loreto a Milano.

Francesco Maria Barracu

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica Sociale Italiana
Durata mandato23 settembre 1943 –
25 aprile 1945
Capo del governoBenito Mussolini
Predecessorecarica creata
Successorecarica abolita

Consigliere nazionale della Camera dei fasci e delle corporazioni
LegislaturaXXX
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Fascista
(fino al 1943)
Partito Fascista Repubblicano
(1943-1945)
ProfessioneMilitare, politico
Francesco Maria Barracu
NascitaSantu Lussurgiu, 1º novembre 1885
MorteDongo, 28 aprile 1945
Cause della morteFucilazione
Dati militari
Paese servito Regno d'Italia
Repubblica Sociale Italiana
Forza armata Regio Esercito
Esercito Nazionale Repubblicano
ArmaFanteria
UnitàBattaglione volontari di Sardegna "Giovanni Maria Angioy"
GradoColonnello
FeritePerdita di un occhio
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna di Libia (1913-1921)
Arbegnuoc
Campagna d'Italia
Comandante diIII Battaglione Dubat
Decorazionivedi qui
Altre carichePolitico
fonti nel corpo del testo
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Biografia modifica

Nacque a Santu Lussurgiu il 1º novembre 1885, figlio di Antonio e Maria Paola Motzo. Nella prima guerra mondiale, come tenente di fanteria del Regio esercito, perse il braccio destro e fu fatto prigioniero degli austriaci. Dopo uno scambio di prigionieri, prestò servizio in Libia. Smobilitato il 31 agosto del 1921 quale mutilato di guerra, si iscrisse quell'anno al Partito Nazionale Fascista, all'interno del quale ottenne diversi incarichi, tra cui quello di Presidente del Fascio della Sardegna.

Dall'ottobre 1935 partecipò alle operazioni militari in Africa Orientale durante la guerra d'Etiopia come capitano del Regio Corpo Truppe Coloniali, e nel dicembre 1936 fu comandante del III battaglione Dubat. Durante il conflitto perse un occhio, a seguito delle ferite ricevute il 3 marzo 1937, in un'azione di rastrellamento. Tornato in patria fu insignito della medaglia d'oro al valor militare. Si dedicò poi al giornalismo soprattutto su questioni coloniali. Nel 1941-42 fu segretario federale del PNF di Bengasi (Cirenaica), dove ottenne una medaglia d'argento al V.M. e successivamente di Catanzaro.

Dopo l'armistizio di Cassibile, seguì Benito Mussolini e partecipò alla fondazione della Repubblica Sociale Italiana (RSI), contribuendo a convincere il maresciallo Rodolfo Graziani ad assumere il ministero della Difesa Nazionale. Nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ebbe notevole ruolo sul trasferimento al nord dei funzionari dei ministeri e nell'organizzazione dell'amministrazione repubblicana. Tentò, ma senza successo, di annettere la Sardegna al governo di Salò, poi costituì una formazione di militi sardi nota come Battaglione volontari di Sardegna «Giovanni Maria Angioy».

Durante la prima riunione del neonato Partito Fascista Repubblicano attaccò duramente il segretario Alessandro Pavolini e il ministro Guido Buffarini-Guidi, supplicando invano Mussolini di prenderne il posto. Accusato da Giovanni Preziosi d'esser massone, negli ultimi mesi di guerra si schierò con la corrente estremista e chiese che Milano non venisse abbandonata, nel tentativo di farne l'«Alcazar del fascismo».

Dopo la celebre riunione alla sede arcivescovile del cardinale Schuster (cui partecipò), il 25 aprile 1945 seguì Mussolini nella sua fuga verso il lago di Como, ma fu preso prigioniero insieme ad altri gerarchi a Dongo dai partigiani, che tre giorni dopo lo fucilarono alle spalle. Prima dell'esecuzione, Barracu chiese inutilmente «Sono una medaglia d'oro, ho diritto ad essere fucilato al petto». Aveva 59 anni.

Il suo cadavere fu tra quelli esposti, insieme a Mussolini, a piazzale Loreto.

Onorificenze modifica

Francesco Barracu: capitano in s.p.e III battaglione arabo - somalo V rag. bande

«Espressione purissima del forte popolo sardo, superba figura di combattente e di valore leggendario, che non misura il pericolo ed il rischio se non per meglio affrontarli, che ha al suo attivo una lunga serie di azioni belliche ardimentose, condotte e risolte sempre brillantemente. Durante la campagna italo etiopica, assunto il comando di un reparto dubat, ha saputo avvincere i suoi uomini alla sua volontà eroica e guidarli, di vittoria in vittoria, in numerosi durissimi combattimenti. Incaricato di effettuare una ardita azione punitiva contro una cabila Ogaden, che faceva causa comune con gli abissini, coi soli 300 suoi dubat svolgeva un'operazione genialmente concepita ed audacemente condotta, che liberava il fianco sinistro delle nostre truppe del settore Ogaden, da una seria minaccia e fruttava il copioso bottino di un migliaio di fucili, 2500 cammelli e 1500 bovini. Durante la battaglia dell'Ogaden, col suo reparto d'invincibili dubat, confermava le sue elette doti di comandante e di valore personale e, per quanto ferito alla gola, rimaneva al posto d'onore contribuendo efficacemente al successo delle operazioni. Nella dura giornata di Uara Combo (3 marzo 1937) rimaneva gravemente ferito all'occhio sinistro, e benché conscio che il trascurare la ferita avrebbe potuto significare, come avvenne, la perdita dell'occhio stesso, rifiutava di farsi ricoverare all'ospedale e rimaneva col suo reparto fino ad operazioni ultimate. Al suo comandante che lo invitava a recarsi all'ospedale, rispondeva fra l'altro: "So di aver perduto un occhio. Non importa. Sono pronto ancora a ricominciare". Il suo eroismo è stato spesso apprezzato ed ammirato anche dal nemico. Ogaden-Hararino-Bale, marzo [1937.[1]»
— Regio Decreto 24 aprile 1939.[2]
«Comandante di un sottogruppo dubat impiegato in operazioni sul fronte, dava continuo esempio di sprezzo del pericolo. Attaccato sul fianco durante la marcia su Bircut da un gruppo di duecento abissini li respingeva con azione di movimento e di fuoco coordinando l'impiego di un plotone di carri d'assalto. Contrattaccato in forze manteneva la posizione consentendo l'avanzata indisturbata della testa d'avanguardia. Distintosi anche nei combattimenti di Gianagobò e di Bircut dove rimaneva leggermente ferito. Bircut, 16 aprile 1936
— Regio Decreto 14 agosto 1936.[3]
«Ardito e valoroso ufficiale, medaglia d'oro al valor militare per la conquista dell'Impero, chiedeva ed otteneva di partecipare volontariamente all'attuale campagna, rinunciando all'invalidità derivatagli dalla mutilazione. Calmo, sereno, pieno d'entusiasmo, fu sempre il primo in ogni rischiosa azione. Quale federale di Bengasi, nel corso di numerose azioni di bombardamento e mitragliamento effettuata dal nemico, sprezzante dell'offesa avversaria, accorreva per primo sui luoghi maggiormente colpiti per prodigare la sua efficace azione di soccorso e conforto, riuscendo col suo imperturbabile contegno ad infondere serena fiducia e incitamento alla resistenza. Fulgido esempio di alte virtù militari, di elevato spirito di abnegazione e di sereno sprezzo del pericolo. A.S., settembre-dicembre 1940
— Regio Decreto 19 febbraio 1942.[4]
«Comandante di un sottogruppo dubat in esplorazione sulla fronte di una colonna operante con perizia ed ardimento, condusse i suoi uomini all'attacco di forte posizione occupata da numerosi ribelli, conquistandola rapidamente. Contrattaccato da forze numericamente superiori, malgrado le gravi perdite e la deficienza di munizioni, resistette tenacemente fino all'arrivo del battaglione di avanguardia, animando i suoi uomini con l'esempio. Uara Comba, 3 marzo 1937
— Regio Decreto 24 ottobre 1938.[5]
«Medaglia d'oro dell'A.O.I., federale di Bengasi, continuamente esposto all'offesa del nemico, con generoso slancio e serena coscienza della propria missione, portava alle truppe la sua elevata parola di fede. Durante la critica fase di ripiegamento, si adoperava incessantemente all'assistenza dei civili, contribuendo validamente all'ordinato deflusso dei profughi. Esempio di dedizione alla Patria, di sacrificio e sprezzo del pericolo. Fronte della Marmarica, 19 novembre-20 dicembre 1940
 
Tomba di Francesco Maria Barracu nel Campo X del Cimitero Maggiore di Milano

Note modifica

  1. ^ Sito web della Presidenza della Repubblica
  2. ^ Registrato alla Corte dei conti li 20 marzo 1939, registro 4 Africa Italiana, foglio 242.
  3. ^ Registrato alla Corte dei conti il 14 ottobre 1936, registro 16 colonie, foglio 336.
  4. ^ Registrato alla Corte dei conti il 21 marzo 1942, registro 9 guerra, pag.258.
  5. ^ Registrato alla Corte dei conti il 13 gennaio 1939, registro 1 Africa Italiana, foglio 175.

Nella cultura di massa modifica

Filmografia modifica

Nel film del 1974 Mussolini ultimo atto, diretto da Carlo Lizzani, Barracu è interpretato da Andrea Aureli.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica