Giannetto Bongiovanni

giornalista e scrittore italiano (1890-1964)

Giannetto Bongiovanni (Dosolo, 8 novembre 1890Brescello, 30 novembre 1964) è stato un giornalista e scrittore italiano. Si impegnò in entrambe le professioni senza cedere alle mode e ai gusti dei tempi. Per tutta la vita egli portò dentro di sé la nostalgia affettuosa per uno spazio-tempo ideali, che amò rievocare nei racconti e nelle novelle di Padania.

Biografia modifica

Formazione e prime esperienze modifica

Il padre, maestro elementare, lo avvia agli studi classici, che egli segue nelle città di Mantova, Parma e Cremona. Finito il liceo, viene ammesso al Collegio Ghislieri di Pavia per l'istruzione dei giovani in disagiate condizioni economiche, meritevoli per il profitto scolastico. Bongiovanni frequenta la facoltà di giurisprudenza, ma non si laurea, pare per contrasti sorti con il relatore in sede di discussione della tesi. Più probabilmente, durante l'apprendistato di giornalista alla Provincia Pavese, matura la decisione di rinunciare alla toga. Da Pavia va a Trieste, dove a capo del movimento pro Università Italiana, pubblica un numero unico, cui dà la propria collaborazione anche Cesare Battisti. Tornato a Mantova, è prima redattore e poi direttore della Provincia di Mantova. Bongiovanni, la dirige dal 16 settembre 1914 al1'8 ottobre 1915 e dal 16 febbraio 1919 al l° maggio 1920, data in cui il quotidiano cessa le pubblicazioni. La Provincia di Mantova, attraverso gli articoli di Ivanoe Bonomi e dello stesso Bongiovanni, si batte per l'entrata in guerra dell'Italia contro gli imperi centrali. L'8 ottobre 1915, coerente con le proprie idee, Bongiovanni lascia la direzione del giornale e parte volontario per il fronte dove nell'ottobre 1916 viene promosso tenente dei bombardieri. Nella primavera del 1917 conosce occasionalmente a Gorizia il generale Capello, del quale scriverà nel 1946 un interessante, acuto profilo, nella prefazione al libro della di lui figlia Laura: N. 3264 (Generale Capello), edito da Garzanti.

Il periodo milanese e l'esperienza di inviato speciale modifica

Finita la guerra, il 16 febbraio 1919 Bongiovanni riprende la direzione della Provincia di Mantova, ma con scemato entusiasmo. Verso la fine dell'anno 1920 parte per Milano alla ventura. Dopo alcuni mesi di attesa approda alla redazione del Secolo, chiamatovi da Mario Missiroli, che ne fu direttore nel periodo 1921-1923. Del Secolo Bongiovanni è per oltre sei anni inviato speciale e come tale percorre l'Europa e segue operazioni belliche in Libia e in Marocco. È in Libia nel periodo novembre 1923 - gennaio 1924 al seguito delle truppe metropolitane e coloniali impegnate nella riconquista dei territori perduti dall'Italia nella guerra 1915-18. Le testimonianze sono raccolte nel libro Insciallah! (Come Dio vuole), pubblicato nel 1924. Tiene corrispondenza epistolare con Gabriele D'Annunzio. Una lettera, accompagnata da una fotografia, comincia con "Mio caro Giannetto, eravamo vicini ieri nella barca francescana di Gaeta quando parlavo...". E più avanti prosegue: "In tanta dissoluzione di anime, più disfatte che le foglie cadute sul suolo umido dell'arengo di ieri, è infinitamente dolce incontrare all'improvviso un'anima intiera e fraterna...". La fotografia porta la dedica: "Al compagno d'armi Giannetto Bongiovanni, il Lanciere bianco e il Monaco bigio, Gabriele D'Annunzio". Bongiovanni vede per la prima volta D'Annunzio durante la prima guerra mondiale al campo di aviazione di Aiello. In un colloquio a Gardone, nel gennaio 1924, parlano di Mantova, di Isabella d'Este e di Andrea Mantegna. Bongiovanni rivede il poeta in occasione della visita di Mussolini al Vittoriale e durante una gara motonautica sul Garda. L'ultima volta è quando un ordine telegrafico del Giornale d'Italia lo manda al Vittoriale dove D'Annunzio era morto.

Nel 1925 viene inviato in Marocco, dove era in corso l'insurrezione nazionalista di Abd el-Krim contro francesi e spagnoli. In quel "paese quasi favoloso" resta dal luglio all'ottobre e scrive vivaci corrispondenze che raccoglie nel libro Cicogne minareti fucilate (1927). L'attività giornalistica di Bongiovanni va sempre di pari passo con quella di scrittore. Nel 1923, infatti, aveva già pubblicato il romanzo Il ceppo, un'opera prima eccellente con la quale si era imposto all'attenzione della critica nazionale.

 
Copertina Il Ceppo

Con Il ceppo e la successiva raccolta di novelle Consigli a Madlén (1925), che in parte precedono cronologicamente il romanzo, Bongiovanni avvia il suo discorso amoroso sul paese natale e sul Po, che continua ininterrottamente fino alla morte.

L'argomento della Padania viene ripreso da Bongiovanni in un articolo dedicato a Cesare Zavattini e apparso sul giornale Pro Mutilati, pubblicato a Luzzara (RE) nella Pasqua del 1928, dove afferma "Non ci sono per noi padani sponda destra o sinistra, di qua o di La. Il fiume non divide. Unisce. Noi siamo padani". Rimasto disoccupato nella primavera del 1927 a seguito della chiusura del Secolo, si allontana da Milano e vive per cinque anni tra Como e Varese, facendo frequenti puntate a Dosolo; attraversa momenti difficili, di vera indigenza, ma non si avvilisce mai, anzi intensifica la collaborazione esterna con giornali e riviste (Il Resto del Carlino, la Sera, Cronaca Prealpina, la Voce di Mantova, la Illustrazione Italiana, eccetera) e si sobbarca ad un notevole lavoro, scrivendo tre opere importanti, che pubblica con cadenza annuale. È del 1929 la biografia di Baldessar Castiglione, il mantovano di Casatico. Studiando il Castiglione si appassiona alla storia e fa i primi approcci con Isabella d'Este. Nel 1930 pubblica I Gonzaga, con il sottotitolo Profili e scorci di una grande casata. Ritorna in un capitolo del libro Isabella d'Este, della quale Bongiovanni amplia il ritratto, che porterà a compimento nel 1939. Nel 1931 pubblica La Compagnia del Trivelin, terza opera di Padania. Nello stesso anno cura, con il giornalista Mario Rivoire, una guida storico-artistico-turistica di Varese e provincia. A Varese si dedica anche alla pittura, come appare da un articolo di Cronaca Prealpina, riportato sulla Voce di Mantova del 5 aprile 1931. Nel 1932 rientra a Milano e nell'ottobre sposa la signora Tina Chiesi di Brescello. Il matrimonio pone fine al suo nomadismo e ad una vita sentimentale piuttosto tempestosa, facile com'era alle cotte che in gioventù lo avevano portato a un tentativo di suicidio. Nella moglie, che ha amato sempre teneramente, trova una valida collaboratrice - firmeranno insieme, nel 1961, il libro Singrén ha 4 anni. Ma il matrimonio lo pone anche di fronte alla realtà del pane quotidiano, che la collaborazione ai giornali e i libri non sempre assicuravano. Va quindi alla ricerca di una occupazione stabile e nei primi mesi del 1933, per interessamento del commediografo Gino Rocca, presidente della Federazione lombarda dei giornalisti, ottiene il posto di corrispondente da Milano del Giornale d'Italia di Roma. Per dieci anni Bongiovanni si limita a telefonare le notizie milanesi al giornale di Roma e a scrivere le corrispondenze che gli vengono ordinate, senza tradire le proprie convinzioni democratiche e artistiche. In questo periodo interrompe il ciclo delle opere di Padania, dedicandosi alle ricerche storico-biografiche. Bisognerà aspettare il 1945 per leggere un altro romanzo di Padania, Quattro occhi azzurri. Nel 1934 pubblica la Vita di Antonio Panizzi, il carbonaro brescellese che, esule in Inghilterra, diventò bibliotecario capo e segretario del Museo Britannico a Londra. Segue l'anno dopo Con Fogazzaro in Valsolda. Nel 1939 va in stampa la migliore opera in senso assoluto di Bongiovanni: Isabella d'Este, marchesa di Mantova, pubblicata dalla Casa Editrice Treves (rilevata in quegli anni da Garzanti). Il libro riscuote un notevole successo e nel 1941, tradotto in tedesco da Werner Johannes Guggenheim, esce in una bellissima edizione riccamente illustrata e rilegata presso la Casa Editrice Rascher di Zurigo-Lipsia. Nello stesso anno in cui esce Isabella d'Este comincia a scrivere romanzi gialli e avventurosi. È un calo di qualità, ma, nel genere, rivela una fervida fantasia e una grande padronanza del mestiere. Scrive una quindicina di questi libri, mai dozzinali, sei dei quali sono pubblicati nella collana Il Romanzo Mensile del Corriere della Sera. Per tutta la durata della guerra si dedica soltanto a tale produzione, se si esclude il volumetto Dal carteggia inedito Verdi-Vigna, uscito nel 1941 nelle edizioni del Giornale d'Italia. Al viadanese Cesare Vigna, illustre psichiatra e musicologo, l'amico Giuseppe Verdi, aveva dedicato la prima edizione dello spartito della Traviata.

Sfollato a Dosolo e ritorno a Milano modifica

Nonostante i bombardamenti resiste a Milano fino all'agosto del 1943, quando gli aerei alleati gli distruggono l'appartamento. Sfollato a Dosolo con la moglie, nella pace relativa della campagna, comincia a scrivere un romanzo sui Gonzaga. Ma nell'autunno del 1944 arrivano in paese i tedeschi che reclutano tutti gli uomini validi, Bongiovanni compreso, per fortificare la linea del Po. Da quella esperienza trae il bellissimo romanzo Cartolina verde uscito nel 1951. A Dosolo fa parte del Comitato di liberazione clandestino, come rappresentante del Partito Democratico del lavoro. Il 25 aprile, insieme con i componenti del Comitato, Bongiovanni occupa il Municipio di Dosolo. Nominato capo della polizia - un capo bonario in camiciola e sandali francescani - si interessa principalmente degli interrogatori dei fascisti più compromessi, che erano stati rinchiusi nelle celle della caserma dei carabinieri. Torna presto a Milano, da solo, per riprendere le collaborazioni con i giornali, avendo assoluta necessita di denaro per vivere. Non appena il Giornale d'Italia ricomincia le pubblicazioni, gli viene riaffidato il posto di corrispondente ed egli si accampa nella Sala Stampa con una branda e un fornelletto a spirito. Continua a scrivere novelle e romanzi avventurosi, traduce polizieschi di Georges Simenon per Mondadori, collabora con articoli di vario genere al Resto del Carlino. È del 1946 la già citata prefazione al libro di Laura Capello, parte della quale è dedicata alla ricostruzione del fallito attentato a Mussolini da parte di Tito Zaniboni e dei rapporti di quest'ultimo con il generale Luigi Capello. Sull‘argomento Bongiovanni ha uno scambio di lettere con Zaniboni, del quale traccia un interessante ed affettuoso ritratto. Tanta era la considerazione che avevano di lui i colleghi che nel 1950 Bongiovanni viene eletto alla presidenza della Sala Stampa di Milano, carica che mantiene fino alla morte. Nello stesso periodo comincia anche a collaborare alla trasmissione radiofonica del Gazzettino Padano. Nel 1954 esce Destino dei Gonzaga, il lungo romanzo elaborato a Dosolo, che narra la appassionante vicenda dei principi che ressero Mantova per quattro seco1i. Nei cinque episodi di cui è composto il libro (La congiura, 1328; L'incognito, 1414; Messaggio segreto, 1495; Agli estremi, 1630; I fedeli amanti, 1707) passano vicende famose, personaggi storici e immaginari. Nel 1955 l'ultimo libro importante, Sulle orme di Francesco Petrarca, con il quale Bongiovanni va a ricercare l'avventuroso poeta nelle sue dimore più significative: Avignone, Carpentras, Isle sur Sorgue, Vaucluse, Fontaine de Vaucluse, Selvapiana, Parma, Mantova, Pavia, Milano, Arquà. Nel 1960 esce presso le Edizioni Moderne Canesi una ristampa di Isabella d'Este, che rinnova il successo del 1939. Anche se non scrive o non pubblica altre opere di narrativa padana, continua tuttavia a pensare al Po, a lavorare per il Po "mare dei poveri", idealizzando, entusiasmandosi, la vita fluviale. L'idea è quella della costituzione di una associazione di amici del Po. Propone l'argomento durante un convegno di giornalisti e pittori a Piacenza nell'estate del 1962, in occasione dell'apertura a Palazzo Farnese della mostra intitolata "Al nostro Po". La proposta è accolta con entusiasmo e gli viene affidato l‘incarico "di saggiare il terreno e di lanciare l'idea". Egli mette tutto il suo impegno nella ricerca delle adesioni, appoggiato da due autorevoli personaggi padani quali Cesare Zavattini e Dino Villani, e l'anno dopo, il 13 settembre 1963, è ufficialmente costituita a Milano l'Associazione "Amici del Po", con le finalità indicate da Bongiovanni, chiamato subito a far parte del Consiglio Direttivo. Il 18 marzo 1961, nell'aula consiliare della Amministrazione Provinciale di Mantova, presenti autorità, giornalisti, esponenti del mondo della cultura, Bongiovanni riceve una delle prime medaglie d'oro assegnate dalla Gazzetta di Mantova ai "benemeriti di Mantova". Muore a Brescello il 30 novembre 1964, dopo aver dettato alla moglie l'ultima corrispondenza per la Gazzetta di Mantova. Giannetto Bongiovanni è morto tra le braccia dell'adorata moglie, scriveva il giornale locale, mandando un pensiero alla sua Mantova, comprendendo idealmente tutta la provincia "sin giù alle terre del basso viadanese care all'infanzia, lambite dal Po", come aveva scritto molti anni addietro, nel 1916, inviando dal Carso i saluti e gli auguri di Natale ai colleghi della Provincia di Mantova e ai suoi conterranei.

Opere[1] modifica

Pubblicazioni modifica

  • L'erede. Come un sogno. Scene, Mantova, A. Baruffaldi, 1914, pp. 62.
  • Sulle orme di Alberto Cantoni, Mantova, La Provincia, 1920.
  • Il ceppo, Milano, Sonzogno, 1923, pp. 238.
  • Insciallah, Milano, Sonzogno, 1924, pp. 208.
  • Consigli a Madlén, Milano, Sonzogno, 1925, pp. 216. `
  • Cicogne minareti fucilate, Milano, C. Vanelli, 1927, pp. 190.
  • Baldessar Castiglione, Milano, Alpes, 1929, pp. 234.
  • I Gonzaga, Milano, Athena, 1930, pp. 196.
  • La Compagnia del Trivelin, Milano, Sonzogno, 1931, pp. 256.
  • Varese e la sua provincia, Varese, stab. tip. Littorio, 1931, pp. 411.
  • Vita di Antonio Panizzi, Milano, Editoriale IV Novembre, 1934, pp. 254.
  • Con Fogazzaro in Valsolda, Vicenza, E. Jacchia, 1935, pp. 217.
  • Isabella d'Este, marchesa di Mantova, Milano, Fratelli Treves, 1939, pp. 323,
  • Isabella d'Este, marchesa di Mantova, edito in tedesco da Rascher, 1941.
  • Le quattro profezie, Milano, tip. Corriere della Sera, 1939, "Il romanzo.mensile", n. 4.
  • Al Belvedere si balla, Milano, tip. Corriere della Sera, 1939, "Il romanzo mensile", n. 10.
  • Il ritratto dell'altra, Milano, tip. Corriere della Sera, 1941, “Il romanzo mensile". n...
  • I ranocchi di giada, Roma, "Tribuna illustrata”, 1941.
  • Delitto in biblioteca, Milano, Edital, 1941, pp. 46.
  • Dal carteggio inedito Verdi-Vigna, Roma, edizioni Il giornale d'Italia, 1941, pp. 75.
  • Senorita passione, Milano, tip. Corriere della Sera, 1942, pp. 64, "Il romanzo mensile", n. 2
  • Il tesoro dei carraresi, Milano, Editoriale italiana, 1942, pp. 218.
  • Il cavaliere errante, Milano, tip. Corriere della Sera, 1943, pp. 64, "Il romanzo.mensile", n. 4
  • Sei gocce rosse Milano, tip. Corriere della Sera, 1943, pp. 62, “Il romanzo mensile", n. 11.
  • Messaggio segreto, Milano, edizioni Alpe, 1944, pp. 64.
  • Misteri al Palazzone, Milano, edizioni Alpe, 1945, pp. 48.
  • Quattro occhi azzurri, Milano, Valsecchi, 1945, ppi 286.
  • Cartolina verde, Milano, Gastaldi, 1950, pp. 204.
  • Ricordo di Ruggero Ruggeri, Guastalla, 1953, pp. 11.
  • Destino dei Gonzaga, Mantova, edizioni CITEM, 1954, pp. 312.
  • L'uomo della giostra, Mantova, edizioni CITEM, 1954, pp. 69.
  • Sulle orme di Francesco Petrarca, Milano, Gastaldi, 1955, pp. 159.
  • Singrén ha 4 anni, Milano, Omnia editrice, 1961, pp. 149.

Altri scritti modifica

  • I sette savi.
  • Tu ucciderai una donna.
  • Non sei donna fatale.
  • Il manichino che uccide.

Note modifica

  1. ^ Cfr: L'argine più alto, A. Ghinzelli, M. Gabrieli, Editrice Il Campanile, 1982
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