Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù

dipinto di Dosso Dossi

Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù è un dipinto a olio su tela (111,3x150 cm) di Dosso Dossi, databile al 1523-1524 circa e conservato nel Castello di Wawel[1] a Cracovia.

Giove pittore di farfalle, Mercurio e la Virtù
AutoreDosso Dossi
Data1523-1524 circa
Tecnicaolio su tela
Dimensioni111,3×150 cm
UbicazioneCastello di Wawel, Cracovia

Descrizione e stile modifica

 
Sala italiana, Palais Lanckoroński, Vienna, 1895

L'opera è uno dei complessi dipinti allegorici ed esoterici che erano in voga alla corte di Ferrara nel primo Cinquecento, quando a corte erano ospitati letterati illustri tra i quali spiccava l'Ariosto. Lo spunto letterario è fornito dall'intercenale Virtus di Leon Battista Alberti[2], cui viene data dall'ideatore della raffigurazione una nuova interpretazione in chiave onirica[3].

Dossi costruì un dipinto con tre figure principali legate da continui rimandi, in una struttura che ricorda l'arte veneziana ma più densa di simboli e messaggi reconditi, che mettono in secondo piano anche la bellezza delle figure o del paesaggio, qui ridotto a un accenno sintetico sullo sfondo di un cielo carico di nubi.

A sinistra Giove, riconoscibile per la saetta appoggiata ai piedi, è ritratto nell'atto creativo, cioè mentre dipinge delle farfalle su una tela. L'animale è simbolo della volatilità del pensiero, così come anche l'arcobaleno che appare dietro il cavalletto è emblema dell'evanescenza delle idee. Col dipingere egli sottintende come al principio di ogni creazione sia necessario un'idea ispiratrice, legata a un concetto di ordine universale. La sua veste rossa, illuminata in maniera incidente, crea una forte macchia di colore, che si ricollega al drappo dello stesso colore su cui è seduto Mercurio, il secondo personaggio al centro. Anche i suoi attributi sono evidenti: il petaso e i calzari alati, nonché il caduceo dorato, che esprimeva il suo potere esoterico di addormentare e ridestare i viventi. Egli è il dio del Sonno e il conduttore dei sogni (dux somniorum[4]), e il suo gesto di invocare il silenzio è rivolto a frenare l'irruenza del terzo personaggio, la donna che si presenta alle soglie dell'Olimpo. In passato è stata frequentemente identificata con la Virtù, ma essa non ne possiede le caratteristiche iconografiche[5]. La sua immagine corrisponde piuttosto a quella dell'Aurora[6], come dimostrano i suoi attributi tipici: testa coronata di fiori, ghirlande di cui è agghindata, braccia nude, veste tripartita scossa dal vento[7]. L’Aurora, secondo una tradizione che ricorre anche in Dante[8], è colei che, al suo apparire mattutino, disperde il sonno, e Mercurio le impedisce l'ingresso in Olimpo perché vuol proteggere il sonno di Giove. Questi dipinge ad occhi chiusi, e Dosso, seguendo l'analogia platonica tra sogno e pittura[9], allude al fatto che il signore degli dei sta sognando. Giove presenta la fisionomia del duca Alfonso I[10], e il dipinto, destinato alla camera da letto del duca nel Castello del Belvedere[11], è un’allegorica difesa del sonno e del sogno, nel luogo riservato al riposo e agli svaghi del signore estense.

Note modifica

  1. ^ Nel 1888 Karl Lanckoroński acquistò il dipinto per la sua collezione di Palais Lanckoroński a Vienna. Nel 1938 fu confiscato dallo Stato Nazista in quanto proprietà polacca. Dopo la seconda guerra mondiale era poi esposto al Kunsthistorisches Museum. Restituito il dipinto ai legittimi eredi, la figlia Karolina Lanckorońska e la Fondazione Lanckoroński lo donò nel 2000 al Castello di Wawel a Cracovia, vedi Jerzy Miziołek The Lanckoronski collection in Poland, in Antichità viva 34, 1995 (1996); Jerzy Miziołek, The awakening of Paris and the beauty of the Goddesses. Two Cassoni from the Lanckoroński collection, in Mitteilungen Des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, vol. 51, no. 3/4, 2007, pp. 299–336.
  2. ^ G. Mancini, Leonis Baptistae Alberti Opera inedita et pauca separatim impressa, Firenze 1890, pp.132-135.
  3. ^ Paoli, pp. 48-51
  4. ^ C. Scherer, Hermes als Seelenführer, Schlaf-und Traumgott, in Ausführliches Lexikon der griechischen und römischen Mythologie (a cura di W.H. Roscher), I, 2, Leipzig, 1890, coll. 2373-2376.
  5. ^ La sua immagine non corrisponde né alle descrizioni della Virtù fornite dai mitografi gravitanti sulla corte estense, Lilio Gregorio Giraldi e Vincenzo Cartari, né alle iconografie che sarebbero state fornite successivamente da Cesare Ripa.
  6. ^ Paoli, pp. 43-45
  7. ^ Si veda la codificazione dell'immagine dell'Aurora che Annibal Caro fornirà in una lettera a Taddeo Zuccari del 2 novembre 1562 (A. Caro, Lettere scelte, a cura di E. Marcucci, Firenze 1871, pp.191-192).
  8. ^ Purgatorio, XXVII, 112-113.
  9. ^ Sofista, 266, C 5-9; cfr. L.M. Napolitano Valditara, Platone e le ‘ragioni’ dell’immagine. Percorsi filosofici e deviazioni tra metafore e miti, Milano, Vita e Pensiero, 2007, pp. 18-19.
  10. ^ Biasini, pp. 9-29
  11. ^ Sulla destinazione del dipinto per il Castello del Belvedere, ora non più esistente, cfr. Farinella.

Bibliografia modifica

  • Matilde Battistini, Simboli e Allegorie, Milano, Elect, 2002, ISBN 9788843581740.
  • Giorgia Biasini, Giove pittore di farfalle. Un'ipotesi interpretativa del dipinto di Dosso Dossi, in Schifanoia, n. 13-14, 1992, pp. 9-29.
  • Vincenzo Farinella, Dipingere farfalle. Giove, Mercurio e la Virtù di Dosso Dossi: un elogio dell'Otium e della pittura per Alfonso I d'Este, Firenze, 2007, ISBN 978-8859602675.
  • Marco Paoli, Il sogno di Giove di Dosso Dossi e altri saggi sulla cultura del Cinquecento, Lucca, Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti, 2013, ISBN 978-8865501863.

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