Giulio Paolo

giurista romano

Giulio Paolo (in latino Iulius Paulus; Patavium, II secoloIII secolo), conosciuto e citato con il solo cognome Paolo, è stato un giureconsulto romano e prefetto del pretorio.

Biografia modifica

Paolo esercitò la carica di prefetto del pretorio al tempo dell'imperatore Alessandro Severo, ma è ricordato come giureconsulto per i suoi commenti a opere giuridiche e testi normativi, compilati durante la Roma repubblicana.

 
Frontespizio dell'edizione del Codex Theodosianus, pubblicata da Guillaume Rouillé a cura di Jacques Cujas, contenente anche le cosiddette Pauli sententiae (1566)

Dopo Eneo Domizio Ulpiano, di cui fu contemporaneo, risulta essere l'ultimo rappresentante della giurisprudenza di epoca classica e l'autore più utilizzato nella compilazione del Corpus iuris civilis, voluto dall'imperatore Giustiniano I, con l'utilizzo di passi tratti dalle sue 86 opere, suddivise in 319 libri. I suoi Commentari sono organizzati cosìː Ad sabinum (16 libri) e Ad edictum (78 libri). I 23 libri di Brevium sono un abbreviato commento dell'editto pretorio e i 5 libri delle sue Sentenze, in cui ha raccolto massime arricchendole di glosse, hanno particolare interesse, per il diritto privato e il diritto penale. Altri suoi scritti sono didatticiː le Regulae e le Institutiones. È considerato un raccoglitore di precedenti dottrine. Giulio Paolo era uno dei cinque giuristi dell'antichità, le cui opinioni contavano nei tribunali. Circa un sesto del Digesto è formato da elaborazioni di suoi scritti.[1]

In un costituto del 239 dell'imperatore Gordiano in materia di nozze, dove è citato un suo responso, Paolo è chiamato «vir prudentissimus Paulus» (Codex, 5, 4, 6)[2][3].

In epoca postclassica una raccolta di pareri giurisprudenziali romani a lui attribuita, dal titolo Pauli sententiae, ebbe grande fortuna e influenzò notevolmente la scienza giuridica del tempo. L'effettiva paternità dell'opera è tuttavia oggetto di discussione.

I padovani lo ricordano come uno dei loro grandi concittadini, assieme a Tito Livio, Pietro d'Abano e Alberto da Padova dell'ordine agostiniano degli Eremitani (questi ultimi due vissuti tra il XIII e il XIV secolo), nelle lunette poste sopra le quattro porte pretorie sotto le logge del Palazzo della Ragione.

L'iscrizione latina posta sotto il bassorilievo che ritrae Giulio Paolo recita:

«PAULUS PATAVINUS IURISCONSULTOR<UM> CLAR<ISSIMUS> HUIUS URBIS DECUS AETERN<UM, ALEX<ANDRI> MAMMEAE TEMPORIB<US> FLORUIT, AD PRAETURAM PRAEFECTURAM CONSULATUMQ<UE> EVECTUS, CUIUSQ<UE> SAPIENTIAM TANTI FECIT JUSTINIAN<US> IMPERAT<OR>, UT NULLA CIVIL<IS> IURIS PARTICULA HUIUS LEGIB<US> NON DECORETUR, QUI SPLENDORE FAMAE IMMORTALIS OCULIS POSTERITATIS ADMIRAND<US>, INSIG<N>I IMAGINE HIC MERITO DECORATUR.»

Opere modifica

Note modifica

  1. ^ Giovanni Pugliese,  p. 70.
  2. ^ (LA) Codex Iustinianus, recognovit Paulus Krueger, Berolini, apud Weidmannos, 1892, p. 195.
  3. ^ Giustiniano chiama «viri prudentes» Triboniano, Teofilo e Doroteo (Imperatoriam, 6).

Bibliografia modifica

  • Giovanni Pugliese, Paolo, Giulio, in Dizionario Letterario Bompiani. Autori, III, Milano, Bompiani, 1957, p. 70.

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Collegamenti esterni modifica

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