Gli indifferenti (film 1964)

film del 1964 diretto da Francesco Maselli

Gli indifferenti è un film del 1964 diretto da Francesco Maselli, tratto dall'omonimo romanzo di Alberto Moravia.

Gli indifferenti
Claudia Cardinale e Rod Steiger in una scena del film
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1964
Durata90 min
Dati tecniciB/N
Generedrammatico
RegiaFrancesco Maselli
SoggettoAlberto Moravia (romanzo)
SceneggiaturaSuso Cecchi D'Amico, Francesco Maselli
ProduttoreFranco Cristaldi
Casa di produzioneCompagnie Cinématographique de France, Lux Film, Sicilia Cinematografica, Ultra Film, Vides Cinematografica
FotografiaGianni Di Venanzo
MontaggioRuggero Mastroianni
MusicheGiovanni Fusco
ScenografiaLuigi Scaccianoce
CostumiMarcel Escoffier
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali

La pellicola è il primo adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Alberto Moravia, seguito dalla versione del 2020 di Leonardo Guerra Seràgnoli.

Trama modifica

 
Tomas Milian in una scena del film
 
Rod Steiger in una scena del film

In una piovosa Roma autunnale degli anni venti, attorno alla figura di Leo Merumeci, lucido e determinato uomo d'affari, tra difficoltà economiche, vuoti riti sociali, ipocrisie, noia e solitudine, si catalizza il disfacimento della prestigiosa famiglia borghese degli Ardengo.

Dopo avere per anni assecondato, quale suo amante, le illusioni vitalistiche dell'ormai spenta Maria Grazia, la madre rimasta vedova, e sostenuto con prestiti i barcollanti assetti economici della famiglia, Leo passa all'incasso.

È in possesso delle ipoteche sulla lussuosa residenza della stirpe e attraverso di esse vuole giungere sino a Carla, la giovane figlia. Non la ama, ma la sua bellezza gioverebbe alla sua immagine di uomo di successo e il nome degli Ardengo al suo prestigio sociale.

L'iniziale ripugnanza di Carla verso i corteggiamenti e i convegni clandestini con l'amante di sua madre, che, non senza cinismo si definisce «quasi suo padre», cederà di fronte alla prospettiva di una vita indigente, fuori dell'unico ambiente in cui si sente in grado di sopravvivere.

Venuto a conoscenza della relazione, il fratello Michele, in uno dei suoi impulsivi slanci romantici, dopo aver fallito un goffo tentativo di uccidere Leo, propone a Carla di lasciare insieme quel mondo vuoto e corrotto e costruirsi una vita altrove. Ma come lei si rassegnerà, cercando in una squallida relazione con Lisa, amica di sua madre e precedente amante di Leo, un riscatto alla sua stanca vita borghese.

Produzione modifica

Il film e il romanzo modifica

Giovanni Grazzini definì il film «...il più felice ...di quelli derivati sinora da opere di Moravia»[1]. Nello stesso articolo, pur all'interno di una fedele ricostruzione degli ambienti descritti nel romanzo, egli indicava un tentativo di attualizzare il film, di renderlo più moderno, in particolare ricorrendo al tema antonioniano della solitudine. Lo stesso Alberto Moravia era consapevole di tale operazione.[2] Su ciò si accese il confronto critico. Senza una traduzione più libera e storicizzata allo stesso tempo,[3] privati del preciso contesto storico e sociale – l'inerzia, l'incapacità propositiva della borghesia italiana del periodo fascista, di fronte al crollo degli antichi valori[4] – di cui era sincera espressione il romanzo, i personaggi apparivano «...vecchi, polverosi e, qua e là, addirittura stantii»[4].

Né seria ricostruzione storica, né convincente attualizzazione dei temi del romanzo, il film fu avvertito come una non necessaria operazione commerciale, sorretta dalla popolarità di Moravia – undici trasposizioni cinematografiche di sue opere nel solo periodo 1960-1964 – e da un cast internazionale di notevole livello.[5]

Fotografia modifica

Solo consensi vi furono invece per lo staff tecnico, in particolare per la fotografia di Gianni Di Venanzo.[1][3] In funzione di un'immagine «tragica, cadaverica, degenerata...»,[6] si cercò di lavorare con pochissima luce, «rischiando continuamente di andare in sottoesposizione,[6] tanto che, ad un certo punto della lavorazione, Paulette Goddard ebbe ad esclamare: «Accendete la luce non ci si vede qui!».[7]

Riconoscimenti modifica

Note modifica

  1. ^ a b Corriere della Sera del 9 ottobre 1964
  2. ^ Morando Morandini, Autorialità ed alto artigianato, in Storia del cinema italiano, 1960-1964 Marsilio. Edizioni di Bianco & Nero, Venezia, 2001
  3. ^ a b Tullio Kezich, Il cinema degli anni Sessanta, 1962-1967, Edizioni Il Formichiere
  4. ^ a b Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 16 ottobre 1964
  5. ^ Adelio Ferrero, Recensioni e saggi, 1956-1977, Edizioni Falsopiano, Alessandria, 1995
  6. ^ a b Giorgio De Vincenti, Conversazione sul cinema con Francesco Maselli, in Miccichè (a cura di), Gli sbandati di Francesco Maselli. Un film generazionale, Progetto Cinema, Lindau, Torino, 1998
  7. ^ Alberto Farassini e Ugo De Berti, Le invenzioni: dalla tecnica allo stile, in Storia del cinema italiano, 1960-1964, Marsilio. Edizioni di Bianco & Nero. Venezia, 2001

Collegamenti esterni modifica

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