Heidegger e il nazionalsocialismo

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Voce principale: Martin Heidegger.

Il rapporto tra il filosofo tedesco Martin Heidegger e il nazismo è stato, ed è tuttora, oggetto di una controversia e di diverse interpretazioni da parte degli studiosi[1].
A tale dibattito si è aggiunto quello derivato dalla pubblicazione nel 2014 dei primi Quaderni Neri, che hanno rivelato forti presenze di antisemitismo nella sua filosofia[2].

La vicenda modifica

La discussione sul presunto coinvolgimento nelle vicende storiche e politiche del nazismo concerne il periodo in cui Heidegger assunse la carica di rettore dell'Università di Friburgo nel 1933.[3] Fu allora che egli aderì al Partito Nazionalsocialista[4]. In questa occasione Heidegger pronunciò un discorso dal titolo L'autoaffermazione dell'università tedesca, nel quale difendeva l'autonomia dell'istituzione universitaria rispetto alla cosiddetta "scienza politicizzata", ma senza alcun riferimento al Partito nazista.[5]

 
L'Università di Friburgo in Brisgovia

Nello stesso anno, tuttavia, il 3 novembre pronunciò un altro discorso, dal titolo Appello agli studenti tedeschi, in cui si espresse in questi termini: «Non teoremi e idee siano le regole del vostro vivere. Il Führer stesso e solo lui è la realtà tedesca dell'oggi e del domani e la sua legge»; concluse poi il discorso ufficiale con la frase del saluto nazista, «Heil Hitler».[6] A ogni modo si dimise dall'incarico di rettore nel 1934, pur continuando a insegnare; da quel momento in poi Heidegger non partecipò più direttamente all'azione politica del nazismo.[7]

Le reazioni modifica

Molte sono state le reazioni e le interpretazioni, in particolare di condanna, seguite a questi discorsi pronunciati dal pensatore tedesco. Alcuni suoi allievi o discepoli, come Karl Löwith o Emmanuel Lévinas,[8] hanno preso le distanze sin dagli anni Trenta e Quaranta, sottolineando anche quanto l'esplicito anti-umanismo dell'opera heideggeriana abbia contribuito, in un certo senso, all'elaborazione di un'ideologia totalitaria, negatrice dei diritti umani quale quella nazista.[9] Altri, come Hans-Georg Gadamer, hanno preso le difese del maestro,[10] sottolineando la superficialità di molte accuse, spesso scarsamente documentate e tendenziose,[11] che non tengono conto di come Heidegger, nei suoi corsi degli anni '30, abbia anzi cercato di mostrare il fondamento nichilistico del nazismo, soprattutto in relazione al biologismo razziale.[12]

In una lettera privata ad Hannah Arendt, sua studentessa e amante per un periodo, Heidegger si difende dalle accuse di antisemitismo. Nell'inverno del 1932/1933 Arendt scrive una lettera a Heidegger chiedendogli se fossero vere alcune dicerie su sue presunte condotte "antisemite", non conserviamo il testo della lettera della Arendt, ma conserviamo la risposta di Heidegger:

«Le dicerie che ti inquietano sono calunnie, del tutto simili ad altre tre esperienze che mi sono toccate negli ultimi anni. Che difficilmente io abbia potuto escludere gli ebrei dagli inviti ai seminari risulta dalla circostanza che negli ultimi quattro semestri non ho fatto nessun invito a seminari. Che poi io non saluti gli ebrei è una maldicenza talmente grave da dovermela tenere a mente per l'avvenire. Per spiegarti quali siano i miei rapporti con gli ebrei, ti elenco semplicemente questi fatti: In questo semestre invernale io sono in congedo, e ho quindi reso noto per tempo, fin da quest'estate, che volevo essere lasciato tranquillo e che non avrei accettato lavori o altre incombenze. Ciò nonostante c'è qualcuno che, dovendo conseguire urgentemente il dottorato, è venuto a chiedere a me, e io l'ho accolto: è un ebreo. C'è un altro che viene da me tutti i mesi per riferirmi d'un grosso lavoro in fase di elaborazione (che non è né una tesi di dottorato né di libera docenza) ed è ancora un ebreo. Un altro ancora mi ha spedito alcune settimane fa un voluminoso lavoro perché lo rivedessi urgentemente: anche lui è un ebreo. Sono ebrei i due borsisti a cui negli ultimi tre semestri ho fatto avere dei sussidi dall'Organizzazione per il sostegno della ricerca scientifica tedesca. Un altro ebreo ancora ha ottenuto grazie a me una borsa di studio per Roma. Chi voglia chiamare ciò «antisemitismo militante» faccia pure. Peraltro, in questioni universitarie sono antisemita quanto lo ero dieci anni fa a Marburgo, quando questa mia posizione antisemita ebbe perfino l'appoggio di Jacobsthal e Friedländer. Tutto questo non ha niente a che vedere con i miei rapporti personali con ebrei (per esempio Husserl, Misch, Cassirer e altri). E tanto meno può toccare la mia relazione con te. Che da parecchio tempo io mi ritiri in me stesso si spiega col fatto che tutto il mio lavoro ha incontrato la più desolante incomprensione e con esperienze personali poco piacevoli che ho dovuto fare nella mia attività di insegnamento.»

Heidegger rispose pubblicamente alle accuse solo in un'intervista del 1966, uscita postuma, in cui sostenne che durante il suo rettorato aveva rifiutato l'ordine di un capo delle SA di affiggere il Manifesto sugli ebrei, proibito il rogo di libri davanti all'università e, come affermò, aveva cercato di non far togliere dalla biblioteca i libri di autori ebrei.[13]

Nel 1987 un libro di Victor Farias ha sollevato nuovamente la polemica,[14] del resto mai sopita, sulla compromissione biografica e filosofica di Heidegger con l'ideologia e la vicenda storica del nazismo. Le tesi di Farias, tuttavia, sono state criticate a fondo da François Fédier, pensatore francese, allievo di Jean Beaufret, che ne ha denunciato la mancanza di basi documentali e l'intento esclusivamente diffamatorio.[15] In ogni caso, ancora oggi molti ritengono che Heidegger non abbia mai pronunciato un'abiura esplicita riguardo al nazismo,[16] sebbene egli in realtà abbia fornito varie spiegazioni del suo coinvolgimento politico, come, ad esempio, in un'intervista al periodico tedesco Der Spiegel,[17] pubblicata, per suo stesso volere, dopo la sua morte.[18]

Si è discusso anche se Heidegger non abbia mai condannato nemmeno l'Olocausto; risulta in effetti che egli non abbia mai pubblicato nulla sul tema, né sui campi di sterminio nazisti, ma che tuttavia li abbia menzionati con accezione negativa in un discorso sulla tecnica e gli usi negativi di essa.[19] In una conferenza del 1949 dal titolo Das Ge-stell ("dell'imposizione"), dichiarò: «L'agricoltura è ora un'industria motorizzata per la produzione di cibo - in essenza, una cosa analoga alla produzione di corpi nelle camere a gas e nei campi di sterminio, al bloccare e affamare delle nazioni, alla fabbricazione di bombe all'idrogeno».[19]

Ulteriori reazioni di condanna modifica

Di recente il filosofo torinese Maurizio Ferraris ha ricordato come:

«(...) quello che non si è visto in generale (e che ha provocato una semi-cecità circa le propensioni ideologiche di Heidegger) è che il pensiero heideggeriano nel suo insieme è iper-gerarchico, e che l'appello al nichilismo e alla volontà di potenza, l'insistenza sulla Decisione, l'abbandono della nozione tradizionale di "verità", costituiscono una adesione profonda e non opportunistica al Führerprinzip"[20]

Anche Emmanuel Faye nel suo libro Heidegger. L'introduzione del nazismo nella filosofia,[21] ha sostenuto che l'intero pensiero filosofico di Heidegger sarebbe completamente, seppur in maniera celata, permeato dall'ideologia nazista. Il libro intende dimostrare come non solo la "persona" Heidegger sarebbe stata a pieno titolo inserita negli schemi della burocrazia tedesca di quegli anni, ma come il suo pensiero avrebbe ereditato termini e concetti dalla propaganda nazista; profonde influenze nell'ontologia di Heidegger (quindi, nel settore che più lontano sembra dal fatto politico "privato") avrebbero avuto testi come il Mein Kampf di Adolf Hitler, la cosiddetta "biologia della razza" e le riletture nazionaliste dei poeti del romanticismo tedesco.

Faye propone un ridimensionamento notevole della figura di Heidegger e una relativizzazione del suo pensiero al periodo storico nel quale fu elaborato; esso non si distinguerebbe, se non per sfumature e maggiore abilità di sintesi e organizzazione, dal pensiero dei molteplici intellettuali che operarono nel e a favore del regime nazista, e che con la fine del regime nazista sarebbero divenuti pura e semplice testimonianza di un periodo storico. Faye è anche autore di alcuni articoli di quotidiano, in cui sostiene che già nel 1922 a Todtnauberg, con la moglie Elfride, Heidegger avrebbe predisposto, vicino a un ostello della gioventù, la sua Hütte (capanna, baita), dove la moglie sarebbe stata incaricata, secondo la testimonianza di Günther Anders, di attirare nei movimenti giovanili nazionalsocialisti degli studenti.[22]

Il volume collettaneo del 2007 Heidegger à plus forte raison vuole tuttavia dimostrare la completa inattendibilità del libro di E. Faye.[23]

I "Quaderni neri" modifica

Fatta salva quindi l'adesione di Heidegger al nazismo, certamente secondo una visione del tutto personale dello stesso, adesione che egli non ritratterà mai, diversi studiosi si sono interrogati se la sua filosofia potesse contenere anche delle posizioni antisemite.

Hadrien France-Lanord (specialista di Heidegger) nella voce Antisémitisme del Le Dictionnaire Martin Heidegger (curato da Philippe Arjakovsky, François Fédier, Hadrien France-Lanord, Editions du Cerf, 2013) afferma, nel 2013, testualmente (p. 27):

(FR)

«Il n'y a, dans toute l'œuvre de Heidegger publiée à ce jour (84 volumes sur 102), pas une seule phrase antisémite.»

(IT)

«Non c'è, in tutta l'opera di Heidegger pubblicata ad oggi (84 volumi su 102), una sola frase antisemita»

Il rifiuto di considerare Heidegger antisemita, fu la posizione di importanti studiosi quali, ad esempio, il già citato Rüdiger Safranski («Heidegger antisemita? Non lo fu nel senso del folle sistema ideologico dei nazionalsocialisti. Risulta evidente che né nei corsi di lezioni né negli scritti filosofici, né nei suoi discorsi e pamphlets politici si possono trovare osservazioni antisemite e razziste.», p. 309) e Bern Martin[24].

Donatella Di Cesare [25] rileva anche come tale posizione di rifiuto nel considerare Heidegger come un "antisemita" sia stata condivisa da molti allievi ebrei di Heidegger quali Karl Löwith, Hans Jonas, Hannah Arendt e Herbert Marcuse che pure non gli fecero mancare critiche.

Nel 2014, tuttavia, la casa editrice tedesca Vittorio Klostermann di Francoforte, casa editrice che cura la Gesamtausgabe di Heidegger prevista in 102 volumi, ha dato alle stampe i volumi n. 94, 95 e 96 contenenti i primi Schwarze Hefte ("Quaderni Neri", taccuini in cui il filosofo raccoglieva, rivedendoli, i suoi pensieri, di fatto una vera e propria opera filosofica) titolati come Überlegungen (Riflessioni, dal II al XV; il I è andato perduto) che coprono il periodo compreso tra il 1931 e il 1941. Questi testi, fino a quel momento sconosciuti in quanto mai pubblicati, contengono delle affermazioni chiaramente antisemite. Così nei 1.694 passaggi numerati nelle Überlegungen (a cui vanno aggiunte le 120 pagine dell'ultimo volume che non contengono la numerazione), Heidegger cita per quattordici volte temi inerenti agli ebrei e all'ebraismo, sette di questi quattordici passaggi sono chiaramente antisemiti.

Il dibattito tra gli studiosi sui temi sollevati dalla pubblicazione dei primi Schwarze Hefte è ancora aperto. Così per lo stesso curatore delle edizioni degli Schwarze Hefte, Peter Trawny, la presenza di tratti antisemiti nel pensiero heideggeriano è indubitabile [26]. La specialista di Heidegger Donatella Di Cesare, nella sua opera Heidegger e gli ebrei - I "Quaderni neri" del 2014, rileva, ad esempio, come la posizione di Heidegger sugli ebrei non possa essere considerata solo in base alla "quantità" dei passaggi degli Überlegungen, quanto piuttosto su come questi "passaggi", unitamente ad altre espressioni maggiormente utilizzate in qualità di "sinonimi", possano far comprendere l'effettiva posizione filosofica di Heidegger sugli ebrei, qui evidentemente intesi come popolo posto al di fuori della storia dell'essere, il che iscriverebbe Heidegger in quella tradizione antigiudaica propria della filosofia tedesca, ad esempio di Kant, Fichte, Hegel e Schopenhauer, nonché di buona parte della passata cultura filosofica europea. La studiosa Francesca Brencio, considerando che la prospettiva ermeneutica di tali affermazioni sia ancora di fatto assente, avanza invece l'ipotesi che tale antisemitismo sia piuttosto legato «alla spietata critica che Heidegger muove al cristianesimo»[27]. Di tutt'altro avviso il figlio di Heidegger, Hermann Heidegger, storico e curatore testamentario delle opere del filosofo tedesco, nonché diretto curatore di alcuni volumi della Martin Heidegger Gesamtausgabe che, in un suo articolo del 6 agosto 2015 pubblicato dallo Die Zeit di Amburgo, sostiene che il filosofo non è mai stato antisemita[28]. Allo stesso modo, il principale curatore della Martin Heidegger Gesamtausgabe, Friedrich-Wilhelm von Herrmann, in un articolo a sua firma pubblicato il 4 ottobre 2015 sul quotidiano italiano il Corriere della Sera[29] respinge l'accusa di antisemitismo rivolta al filosofo tedesco, evidenziando come un'analisi strettamente filologica dei termini usati negli Schwarze Hefte conduca a delle conclusioni assolutamente diverse rispetto a quelle finora considerate dai suoi critici e da lui considerate "improvvisate".

Apologie di Heidegger modifica

Molti studenti di Heidegger, invece, che seguirono direttamente le sue lezioni, hanno preso le sue difese. Lo studente Siegfried Bröse ad esempio, uditore dei corsi di Heidegger dal 1934 al 1944, così si espresse:

«Almeno a partire dalla fine del 1934 e l'inizio del 1935, e con una sempre maggiore lucidità, Heidegger non ha mai perso l'occasione, durante i suoi corsi, di precisare il suo punto di vista rispetto ai discorsi del ministro della Propaganda del Reich, Goebbels, e di altri corifei, e molto spesso con una tale acutezza nella critica e una tale chiarezza nel rifiuto che i suoi studenti potevano quanto meno temere di essere perseguiti politicamente.[…] I corsi di Heidegger non erano frequentati soltanto da studenti, ma anche da persone che esercitavano già da tempo una professione, o addirittura da pensionati; ogni volta che ebbi l'occasione di parlare con costoro, emergeva sempre l'ammirazione per il coraggio con il quale Heidegger, dall'alto della sua posizione filosofica e nel rigore del suo discorso, osava attaccare il nazionalsocialismo.»

Così Hermine Rohner, allieva di Heidegger dal 1940 al 1943:

«[Heidegger] non mostrava alcun timore, persino nei corsi aperti agli studenti di tutte le facoltà, […] di criticare il nazionalsocialismo in maniera così esplicita e con il taglio così asciutto che era solito imprimere ai termini che sceglieva, che mi capitò di esserne spaventata al punto d'alzare lo sguardo al cielo per augurarmi, di tutto cuore, dopo la catastrofe che si era abbattuta su Hans e Sophie Scholl, che non ci fosse ad assistere alcuna persona dalla mentalità analoga a quella del sinistro usciere dell'università di Monaco. Altrimenti la stessa sorte sarebbe sicuramente toccata a Heidegger. Mi meravigliavo, dopo qualche giorno, di trovarlo ancora al suo posto.»

Altre prese di posizione modifica

 
Per Habermas, l'acriticità di Heidegger nei confronti del nazismo sarebbe dovuta alla sua deresponsabilizzante svolta (Kehre) verso l'Essere come Tempo e Storia: «Egli distacca le sue azioni ed affermazioni da sé come persona empirica e le attribuisce ad un destino di cui non si deve rispondere.»[32]

Altri ancora, come Jürgen Habermas, hanno preso una posizione critica nei confronti di Heidegger.[32] Si è anche rilevato che nei riferimenti di Heidegger alla sua situazione storica, che a suo dire vedeva l'Europa stretta «nella grande tenaglia tra Russia e America», fra il totalitarismo sovietico da un lato e il regime monopolista dall'altro, ma accomunati entrambi dal fatto di esprimere «lo stesso triste correre della tecnica scatenata», egli avrebbe espresso l'esigenza insopprimibile di una svolta radicale delle condizioni e delle situazioni storico-linguistiche in cui l'essere umano si trova "gettato" suo malgrado.[33]

Secondo Derrida il cosiddetto «silenzio di Heidegger sul nazismo» sarebbe scaturito invece dalla consapevolezza, da parte del filosofo, della propria inadeguatezza nel misurarsi criticamente con lo spirito di questa ideologia.[34] Recentemente, l'intervista di Heidegger allo Spiegel è stata analizzata dal punto di vista filosofico e psicoanalitico, sulla base dei principi della decostruzione: in particolare, l'intervista è caratterizzata da una serie di lapsus che tradirebbero la "cattiva coscienza" del filosofo di fronte alla "questione ebraica".[35]

Note modifica

  1. ^
    (EN)

    «Heidegger's political engagement raises troubling questions about the connection between his philosophical thought and his political commitment. All attempts to settle them, however, have produced ambivalent results. First of all, the debate has so far been conducted in a factional spirit. Heidegger's critics have used the historical record to tear at the fabric of his philosophy, and his defenders have sought to insulate the philosophy (in whole or in part) from his unfortunate political engagement. While the first group is inclined to argue that his philosophy is "political from beginning to end" and that his politics are "a logical outgrowth of his philosophy" the second group has naturally tended to minimize the links between the two. The motivations of Heidegger's defenders are, of course, obvious. Those of his detractors, on the other hand, are diverse in character and include not only an aversion to Heidegger's thought and style, a hostility to existential or "continental" philosophy, and a hidden intention to promote another philosophical agenda, but even a distaste for philosophy as a whole. Whatever the motivations on either side, the resulting debate has proven intense and generally less illuminating than one might wish. For the problem of all factionalism is that it already knows the answers to the questions it asks. In contrast, it seems appropriate to subject Heidegger's work and deeds to a questioning that does not already presume to know its answers, that is not afraid to leave questions open, and that can claim for itself the title of a philosophical investigation.»

    (IT)

    «L'impegno politico di Heidegger genera domande preoccupanti riguardo alla connessione tra il suo pensiero filosofico e il suo impegno politico. Tutti i tentativi di definirli, comunque, hanno prodotto risultati ambivalenti. Innanzitutto, il dibattito è stato condotto a fondo con spirito fazioso. I critici di Heidegger hanno usato i dati storici per stravolgere i fondamenti della sua filosofia e i suoi difensori hanno cercato di isolare la filosofia (in tutto o in parte) dal suo sfortunato impegno politico. Mentre il primo gruppo è incline a dimostrare che la sua filosofia è "politica dall'inizio alla fine" e le sue politiche sono "una logica conseguenza della sua filosofia", il secondo gruppo era teso naturalmente a minimizzare il collegamento tra i due. Le motivazioni dei difensori di Heidegger sono, comunque, ovvie. Quelle dei suoi detrattori, d'altro canto, sono diverse nella qualità e rivelano non solo un'avversione verso il pensiero e lo stile di Heidegger, un'ostilità alla filosofia esistenziale o "continentale" e una celata intenzione di favorire una diversa impostazione filosofica, ma anche un disgusto per la filosofia nel suo complesso. Indipendentemente dalle motivazioni delle due parti, il dibattito che ne è risultato si è dimostrato intenso e in genere meno illuminante di quanto si possa desiderare. Perché il problema di tutte le faziosità è che si conosce già la risposta alla domanda che viene posta. Al contrario pare appropriato al soggetto dell'opera di Heidegger e ai fatti in questione che non si presuma di conoscere già la risposta, che non si tema di lasciare aperta la domanda e che si possa pretendere per sé il diritto a un'investigazione filosofica.»

  2. ^ Ad esempio, alla presa di posizione del curatore della pubblicazione dei Quaderni Neri nei volumi 94, 95, e 96, Peter Trawny per il quale

    «C'è un antisemitismo onto-storico nei testi di Heidegger che sembra contaminare non pochi aspetti del suo pensiero. Questo dato di fatto getta una nuova luce sulla filosofia heideggeriana e sulla sua ricezione. Se finora il coinvolgimento di Heidegger durante il nazismo è stato un problema che ha portato in parte a condanne eccessive e in parte a riserve legittime, la pubblicazione dei Quaderni neri rende impossibile ignorare l'esistenza di una forma specifica di antisemitismo che, per di più, emerge in un periodo in cui il filosofo critica fortemente il nazismo.»

    Si è opposto il figlio di Heidegger, Hermann Heidegger, storico e curatore testamentario delle opere del filosofo tedesco, nonché diretto curatore di alcuni volumi della Martin Heidegger Gesamtausgabe che, in un suo articolo del 6 agosto 2015 pubblicato dallo Die Zeit di Amburgo, ha ribadito che il filosofo non è mai stato antisemita(Cfr. qui).
  3. ^ Heidegger e il controverso rapporto con il nazionalsocialismo, su oltrelalinea.news. URL consultato il 1º giugno 2022.
  4. ^ Cfr. ad esempio, Guida a Heidegger (a cura di Franco Volpi), p. 319.
  5. ^ Cfr. il Discorso di rettorato Archiviato il 14 agosto 2012 in Internet Archive. pronunciato da Heidegger il 7 maggio 1933.
  6. ^ Heidegger e i nazisti Archiviato il 20 giugno 2015 in Internet Archive.
  7. ^ Per avere informazioni circa la ricezione sulla stampa italiana dell'intera vicenda, è possibile consultare i documenti pubblicati on line al seguente link: [1].
  8. ^ E. Levinas, Alcune riflessioni sulla filosofia dell'hitlerismo (1934), trad. it. Quodlibet, 1997.
  9. ^ K. Löwith, Der europäische Nihilismus (1940), Il nichilismo europeo. Considerazioni sugli antefatti spirituali della guerra europea, trad. it., Laterza, Roma-Bari 1999.
  10. ^ Cfr. l'intervista a Gadamer, Heidegger fu un gran genio senza coraggio, 22 maggio 2001.
  11. ^ Gadamer, Superficialità e ignoranza. In merito alla pubblicazione di Victor Farias, in Risposta a colloquio con Martin Heidegger, pp. 175 e segg., op. cit.
  12. ^ Nelle lezioni del '33 il filosofo avviò lo strappo da Hitler, dall'archivio storico del Corriere della Sera, 16 aprile 2011.
  13. ^ Ormai solo un Dio ci può salvare (1966).
  14. ^ Victor Farias, Heidegger et le nazisme, Verdier, Lagrasse 1987; trad. it. di M. Marchetti e P. Amari, Bollati Boringhieri, Torino 1988.
  15. ^ François Fédier, Heidegger e la politica. Anatomia di uno scandalo, ed. it. a cura di Gino Zaccaria, trad. di Maurizio Borghi, Egea 1993.
  16. ^ Le opinioni di alcuni sostenitori di questa tesi sono riportate in AA.VV., Risposta a colloquio con Martin Heidegger, trad. it. di Carlo Tatasciatore, Guida, Napoli 1992.
  17. ^ Parte dell'intervista è pubblicata ne Il colloquio di «Der Spiegel» con Martin Heidegger, in AA.VV., Risposta a colloquio con Martin Heidegger, op. cit., pp. 107 e segg.
  18. ^ Si veda il breve riepilogo nell'intervista a Nicolas Tertulian per l'Enciclopedia Multimediale delle scienze filosofiche Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive..
  19. ^ a b Thomas Sheehan, "Heidegger and the Nazis", a review of Victor Farias' Heidegger et le nazisme, in The New York Review of Books, Vol. XXXV, n°10, June 16, 1988, pp.38-47
  20. ^ Maurizio Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Laterza, Bari 2012, p. 15.
  21. ^ E. Faye, Heidegger, l'introduction du nazisme dans la philosophie. Autour des séminaires inédits de 1933-1945, Parigi, 2005.
  22. ^ Emmanuel Faye, «Così pubblicò i suoi corsi per celebrare il nazismo», in Corriere della Sera, Milano, Rcs Quotidiani S.p.A., 03/05/2012. URL consultato il 04/06/2014.
  23. ^ M. Amato, Ph. Arjakovsky, M. Conche, H. Crétella, F. Dastur, P. David, F. Fédier, H. France-Lanord, M. Gallou, G. Guest, A. Schild, Heidegger à plus forte raison, Fayard, Paris, 2007. Una raccolta di contributi poi confluiti nel volume è disponibile al sito Paroles des Jours.
  24. ^ Cfr. Martin Bern, Martin Heidegger und der Nationalsozialismus in Martin Heidegger und das "Dritte Reich". Ein Kompendium (a cura di Martin Bern), WBG, Darmstadt, 1987, pp. 14-50.
  25. ^ Cfr. Donatella Di Cesare, Heidegger e gli ebrei - I "Quaderni neri", Torino, Boringhieri 2014, versione mobi pos. 152
  26. ^

    «C'è un antisemitismo onto-storico nei testi di Heidegger che sembra contaminare non pochi aspetti del suo pensiero. Questo dato di fatto getta una nuova luce sulla filosofia heideggeriana e sulla sua ricezione. Se finora il coinvolgimento di Heidegger durante il nazismo è stato un problema che ha portato in parte a condanne eccessive e in parte a riserve legittime, la pubblicazione dei Quaderni neri rende impossibile ignorare l'esistenza di una forma specifica di antisemitismo che, per di più, emerge in un periodo in cui il filosofo critica fortemente il nazismo.»

  27. ^ Francesca Brencio, Heidegger, una patata bollente, in La pietà del pensiero. Heidegger e i Quaderni Neri, Passignano sul Trasimento, Aguaplano, 2015, p. 139
  28. ^ Cfr. qui
  29. ^ Cfr. p. 39.
  30. ^ Lettera pubblicata sulla rivista francese Critique nel novembre 1966.
  31. ^ Tratto da "Libro Bianco", Studenti di Heidegger e il nazismo Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive.
  32. ^ a b Jürgen Habermas, Der Philosophische Diskurs der Moderne. Zwölf Vorlesungen, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1985. Tr. it.: Il discorso filosofico della modernità. Dodici lezioni, Roma-Bari, Editori Laterza, 2ª ed. 2003, p. 159. ISBN 88-420-5239-6; ISBN 978-88-420-5239-5.
  33. ^ Heidegger, Einführung in die Metaphysik, Niemeyer, Tübingen 1953; trad. di G. Masi, in Introduzione alla metafisica, Milano, Mursia, 1968, pag. 48.
  34. ^ Derrida, Il silenzio di Heidegger, in Risposta a colloquio con Martin Heidegger, op. cit., p. 183.
  35. ^ F. Dal Bo, La lingua malata. Linguaggio e violenza nella filosofia contemporanea, Bologna, Clueb, 2008. ISBN 978-88-491-2841-3

Bibliografia modifica

  • Donatella Di Cesare, Heidegger e gli ebrei. I «Quaderni neri», Torino, Bollati Boringhieri, 2014
  • Adriano Fabris (a cura di), Metafisica e antisemitismo: I Quaderni Neri di Heidegger tra filosofia e politica, Pisa, ETS, 2014
  • Victor Farias, Heidegger e il nazismo, Torino, Bollati Boringhieri, 1988
  • Martin Heidegger, Scritti politici, 1933-1966, a cura di François Fédier, Gino Zaccaria, Maurizio Borghi, Milano, Piemme, 1998
  • Jean-François Lyotard, Heidegger e "gli ebrei", Milano, Feltrinelli, 1989.

Collegamenti esterni modifica

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