Con l'espressione homo religiosus («uomo religioso») gli studiosi delle scienze umane, antropologi e fenomenologi delle religioni indicano la prevalenza del senso religioso del sacro come peculiarità tipica di quella natura dell'uomo il quale, secondo alcune definizioni:

Rilievo della dea Hathor nel complesso dei templi di Philae, in Egitto.

«assume nel mondo un modo specifico di esistenza, che si esprime nelle numerose forme religiose che la storia ci mostra. Egli si riconosce dal suo stile di vita;»

«crede sempre all'esistenza di una realtà assoluta, il sacro, che trascende questo mondo ma che in esso si manifesta e che quindi lo santifica e lo rende reale»

Origine del termine modifica

L'autore che coniò l'espressione homo religiosus fu Gerardus van der Leeuw (1890-1950) che lo oppose all'homo negligens:[1]

«Possiamo quindi intendere la definizione del giurista Masurio Sabino: "'Religiosus' est, quod propter sanctitatem aliquam remotum ac sepistum a nobis est". ['Religiosus' è qualcosa che per il suo carattere sacro è lontano e separato da noi] Ecco precisamente in che cosa consiste il sacro. Usargli sempre debiti riguardi: è questo l'elemento principale della relazione fra l'uomo e lo straordinario. L'etimologia più verosimile fa derivare la parola religio da relegere, osservare, stare attenti; homo religiosus è il contrario di homo negligens

Religiosità e magismo modifica

La moderna antropologia della religione ravvisa una certa continuità tra il pensiero magico e la spiritualità dell'homo religiosus,[2] sollevando il problema riguardante la reale efficacia dei poteri sulla natura derivanti dalle pratiche religiose.[3]

«I poteri sulla natura che il magismo asserisce di possedere sono frutto di un'illusione o sono reali? Questi poteri sono stati semplicemente sostituiti nella nostra civiltà da altri di qualità diversa, ovvero l'umanità non li ha mai posseduti se non nella sua fantasia prodiga di illusioni?»

L'attestazione del loro effettivo funzionamento ha condotto antropologi come Ernesto de Martino e Mircea Eliade a rivedere le categorie concettuali su cui si fondava la precedente antropologia di impostazione illuminista.[3]

Già secondo Rudolf Otto, del resto, ciò che contraddistingue l'homo religiosus è il suo rapporto con un elemento ineffabile e inaccessibile alla ragione, che egli chiamava «numinoso», pur essendogli state attribuite denominazioni diverse nel corso della storia delle religioni.[5]

Note modifica

  1. ^ La citazione di Masurio Sabino è tratta da Aulo Gellio, Le notti attiche, Libro IV, 9.
  2. ^ Jania Sarno, Le icone che danzano, pag. 39, LIM, 2008.
  3. ^ a b Pietro Angelini, Eliade, De Martino e il problema dei poteri magici, in Mircea Eliade: Le forme della Tradizione e del Sacro, pag. VIII, a cura di Giovanni Casadio e Pietro Mander, Roma, Mediterranee, 2014.
  4. ^ Cfr. E. De Martino, Dal laboratorio del mondo magico, in Carteggi 1940-1943, a cura di P. Angelini, 2007, p. 49.
  5. ^ Julien Ries, in Le Origini e il problema dell'homo religiosus, pag. 37, a cura di Emmanuel Anati, Jaca Book, 1989.

Bibliografia modifica

  • Pierfrancesco Stagi, Homo religiosus Forme e storia. Saggio di filosofia della religione, Studium Edizioni, Roma 2020

Voci correlate modifica