Hylobates lar

specie di animali della famiglia Hylobatidae

Il gibbone dalle mani bianche (Hylobates lar Linnaeus, 1771), anche noto come lar o gibbone lar, è un primate appartenente alla famiglia Hylobatidae, in via d'estinzione.[1] È uno dei gibboni più conosciuti ed è la specie più presente in cattività, insieme al siamango (Symphalangus syndactylus).

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Gibbone dalle mani bianche[1]
allo zoo di Salisburgo, Austria
Stato di conservazione
In pericolo[2][3]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Primates
Sottordine Haplorrhini
Infraordine Simiiformes
Famiglia Hylobatidae
Genere Hylobates
Specie H. lar
Nomenclatura binomiale
Hylobates lar
(Linnaeus, 1771)
Areale
Areale del gibbone dalle mane bianche

Tassonomia modifica

Esistono cinque sottospecie del gibbone dalle mani bianche:[1][4]

Descrizione modifica

 
Primo piano

Il gibbone dalle mani bianche (in posizione eretta) è alto circa 70-80 cm e arriva a pesare fino a 12 kg.[5] La colorazione della pelliccia del gibbone dalle mani bianche varia dal nero e dal marrone scuro al marrone chiaro, color sabbia. Le mani e i piedi sono di colore bianco, così come un anello di peli bianchi che circonda il viso glabro dalla pelle scura. I sessi differiscono appena per le dimensioni, ed entrambi i sessi possono assumere le stesse colorazioni.

I gibboni sono animali brachiatori, ossia si muovono attraverso i rami delle foreste dondolandosi tra i rami utilizzando le lunghe braccia. Riflettendo questa modalità di locomozione, il gibbone dalle mani bianche ha dita ricurve, mani allungate, braccia estremamente lunghe e gambe relativamente corte, che gli conferiscono un indice intermembrale di 129,7, uno dei più alti tra i primati.[6] Come in tutte le grandi scimmie, il numero delle vertebre caudali è stato ridotto drasticamente, con conseguente perdita di una coda funzionale. I gibboni hanno un'imbottitura dura e ossea sui glutei, nota come callosità ischiatiche o cuscinetti per sedersi.

Distribuzione e habitat modifica

 
Un esemplare dalla pelliccia scura mentre si arrampica

I gibboni dalle mani bianche hanno l'areale più vasto di qualsiasi altra specie di gibbone.[7] Si trovano in Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar e Thailandia.[8] Storicamente, il loro areale si estendeva dal sud-ovest della Cina alla Thailandia e dalla Birmania a sud fino all'intera penisola malese nelle foreste pluviali tropicali primarie e secondarie. È presente anche nella parte nord-occidentale dell'isola di Sumatra. Negli ultimi decenni, in particolare, l'areale continentale si è ridotto e frammentato. I gibboni dalle mani bianche sono probabilmente estinti in Cina, ma se popolazioni residue esistono ancora, è possibile che occupino la regione a sud-ovest dello Yunnan, il loro areale storico.[8]

Il gibbone dalle mani bianche si trova solitamente nelle foreste dipterocarpe di pianura, nella foresta dipterocarpe collinari e nella foresta dipterocarpe montane, tra cui la foresta pluviale primaria di pianura e quelle submontane, le foreste di bambù decidue miste e le foreste sempreverdi stagionali. Di solito non si trovano a più di 1200 metri sul livello del mare.[9] Il territorio dei gibboni è altamente allopatrico, solitamente separato da grandi fiumi. Di conseguenza, il loro areale si estende attraverso il Myanmar meridionale e orientale, ma solo a est del fiume Salween. Si trovano anche attraverso la penisola malese. I gibboni dalle mani bianche si trovano anche a ovest del fiume Mekong nel Laos nordoccidentale e nel nord di Sumatra.[10] Questa specie vive in simpatria con molti altri primati e grandi scimmie, compresi oranghi (Pongo pygmaeus), siamanghi (S. syndactylus), gibboni pileati (Hylobates pileatus), langur dalla faccia viola (Trachypithecus spp.), langur di Thomas (Presbytis thomasi), loris lento (Nycticebus coucang) e diverse specie di macachi (Macaca spp.).[11] In Thailandia, la popolazione dei gibboni dalle mani bianche, probabilmente, comprende tra i 15.000 e i 20.000 individui, mentre in Cina, se ne esistono ancora, è possibile che la loro popolazione conti appena dieci esemplari.[12]

Biologia modifica

 
Scheletro
 
Un gibbone dalle mani bianche mentre si dondola allo zoo di Lille, Francia

I gibboni dalle mani bianche sono primati arboricoli diurni, che vivono la maggior parte della loro vita sulle cime degli alberi delle foreste pluviali. Questa specie è attiva per una media di 8,7 ore al giorno, lasciando i loro ripari notturni intorno all'alba, ritornandovi, in media, 3,4 ore prima del tramonto. In media, i gibboni dalle mani bianche trascorrono le loro giornate nutrendosi (32,6%), riposando (26,2%), spostandosi (24,2%), socializzando (11,3%), vocalizzando (4,0%) e in incontri intergruppo (1,9%), anche se le percentuali di queste attività possono cambiare anche in modo significativo nel corso dell'anno.[13]

Questi animali scendono raramente a terra, usando invece le lunghe braccia per brachiare, utilizzando le loro mani uncinate per aggrapparsi ai rami, muovendosi rapidamente con grande slancio, oscillando da un ramo all'altro. Sebbene scendano raramente a terra, quando lo fanno si muovono in modo bipede alzando in alto le lunghe braccia per mantenersi in equilibrio. La loro organizzazione sociale è dominata da coppie monogame, con un maschio e una femmina e la loro prole. Quando uno dei cuccioli raggiunge la maturità sessuale, abbandona il nucleo familiare per crearne uno proprio. Tuttavia, questa concezione tradizionale è stata oggetto di esame. Studi a lungo termine condotti nel Parco nazionale di Khao Yai, in Thailandia, suggeriscono che il loro sistema di accoppiamento è alquanto flessibile, incorporando copulazioni extra-coniugali, cambi di partner e raggruppamenti poliandrici.[14] Questa poliandria multimaschile può essere attribuita all'uso cooperativo del territorio e alla difesa delle femmine. Con l'aumentare delle dimensioni del loro territorio, i maschi hanno più successo nel difenderlo in coppia o in gruppo.[15] Inoltre, le copulazioni extra-coniugali possono aumentare la possibilità di riproduzione con un compagno di qualità genetica superiore e diminuire la possibilità di infanticidio.[16]

Canto modifica

Coppia di gibboni dalle mani bianche mentre cantano

I gruppi familiari abitano un territorio stabile, che proteggono dagli altri gibboni allontanandoli con i loro richiami. Ogni mattina la famiglia si riunisce ai margini del proprio territorio intonando un "canto", un duetto tra la coppia riproduttiva. Ogni specie di gibbone ha un richiamo tipizzato e ogni coppia riproduttiva ha variazioni uniche su quel tema. Il canto del gibbone dalle mani bianche è caratterizzato dall'uso frequente di fischi brevi con fischi più complessi, insieme ad un'apertura e chiusura "tremante" della bocca.[17] Questi richiami sono uno dei tratti utilizzati dai primatologi per determinare quale specie di gibbone stia occupando un determinato territorio.[4] Recenti studi hanno dimostrato che il canto del gibbone viene utilizzato anche per comunicare un potenziale pericolo di predazione. In presenza di tigri, leopardi nebulosi, aquile serpentarie crestate e pitoni reticolati i canti contenevano elementi acuti paragonabili ad un wow, rispetto ai normali duetti.[18]

Dieta modifica

 
Un esemplare mentre mangia delle carote

Il gibbone dalle mani bianche ha una dieta prevalentemente frugivoro, in cui la frutta costituisce il 50% della sua dieta, con foglie (29%), insetti (13%) e fiori (9%) che formano il restante.[6] In natura, i gibboni dalle mani bianche si nutrono di un gran varietà di alimenti, inclusi fichi e altri piccoli frutti dolci, frutti di liane, frutti d'albero e bacche, nonché giovani foglie, boccioli e fiori, germogli, viti, germogli di vite e insetti, come mantidi e vespe, e persino uova di uccelli.[19] Durante i mesi estivi, quando fichi e foglie scarseggiano, il consumo di insetti aumenta di venti volte rispetto ai mesi invernali.[13]

La sua formula dentale è generalizzata per le scimmie del Vecchio Mondo e le grandi scimmie (inclusi gli esseri umani). L'arcata dentale è a forma di U e la mandibola è sottile e leggera. Gli incisivi sono larghi e piatti, mentre i molari hanno cuspidi basse e arrotondate con smalto spesso. La caratteristica più evidente della dentatura di questa specie è la presenza di grandi canini simili a pugnali sia nella mascella superiore che in quella inferiore. Questi canini non sono sessualmente dimorfici.[13]

Riproduzione modifica

 
Madre con cucciolo, allo zoo di Cincinnati

La strategia riproduttiva di questa specie è simile a quella degli altri gibboni. Gli accoppiamenti possono avvenire durante tutto l'anno, ma la maggior parte dei concepimenti avviene durante la stagione secca in marzo, con un picco di nascite durante la tarda stagione delle piogge, in Ottobre.[20] In media, le femmine si riproducono per la prima volta a circa 11 anni in natura, molto più tardi che in cattività.[21] La gestazione dura in media 6-7 mesi,[5] e le gravidanze portano alla nascita di un singolo cucciolo alla volta. I giovani vengono allattati per circa due anni, raggiungendo la maturità sessuale a circa otto anni. L'aspettativa di vita dei gibboni dalle mani bianche in natura è di circa 25 anni.[22]

Conservazione modifica

In base ai criteri della Lista Rossa IUCN questa specie è stata classificata come in Pericolo (Endangered).[2]

I gibboni dalle mani bianche sono minacciati da diversi fattori: vengono cacciati per la loro carne, a volte i genitori vengono uccisi per catturare i cuccioli che vengono venduti come animali domestici, ma forse il pericolo più pervasivo è la perdita e la frammentazione dell'habitat. L'habitat dei gibboni è già minacciati dal disboscamento per la costruzione di strade, agricoltura, ecoturismo, creazioni di nuovi pascoli, incendi boschivi, disboscamento di sussistenza, disboscamento illegale, nuovi insediamenti di villaggi e piantagioni di palma da olio.[23] È, inoltre, la specie di gibbone più presente in cattività, insieme al siamango (Symphalangus syndactylus), aumentando la popolazione mondiale di questa specie.

Note modifica

  1. ^ a b c (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Hylobates lar, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ a b Brockelman, W. e Geissmann, T., Hylobates lar, vol. 2020, 2020, pp. e.T10548A17967253, DOI:10.2305/IUCN.UK.2020-2.RLTS.T10548A17967253.en. URL consultato il 19 novembre 2021.
  3. ^ Appendices | CITES, su cites.org. URL consultato il 14 gennaio 2022.
  4. ^ a b Thomas Geissmann, Gibbon Systematics and Species Identification, su gibbons.de. URL consultato il 13 aprile 2006.
  5. ^ a b Alessandro Minelli, Il grande dizionario illustrato degli animali, Edizioni primavera, 1992, p. 191, ISBN 8809452445.
  6. ^ a b Noel Rowe, Pictorial Guide to the Living Primates, East Hampton, N.Y., Pogonias Press, 1996, ISBN 9780964882515.
  7. ^ T.Q. Barlett, Intragroup and intergroup social interactions in white-handed gibbons., Int J Primatol, 2003, pp. 239–59.
  8. ^ a b D Brandon-Jones, AA Eudey, T Geissmann, CP Groves, DJ Melnick, JC Morales, M Shekelle e CB Stewart, Asian primate classification, in Int J Primatol, vol. 25, 2004, pp. 97–164, DOI:10.1023/B:IJOP.0000014647.18720.32.
  9. ^ DJ Chivers, The siamang and the gibbon in the Malay Peninsula, in D. Rumbaugh (a cura di), Gibbon and Siamang, vol. 1, Basel & New York, S. Karger, 1972, pp. 103–135.
  10. ^ Brockelman WY, Reichard U, Treesucon U, Raemaekers JJ, Dispersal, pair formation and social structure in gibbons (Hylobates lar)., Behav Ecol Sociobiol 42, 1998, pp. 329–39.
  11. ^ JO Ellefson, A natural history of white-handed gibbons in the Malayan peninsula, in D. Rumbaugh (a cura di), Gibbon and Siamang, vol. 3, Basel & New York, S. Karger, 1974, pp. 1–136.
  12. ^ T. Geissmann, Status reassessment of the gibbons: Results of the Asian Primate Red List Workshop 2006 (PDF), in Gibbon Journal, vol. 3, 2007, pp. 5–15.
  13. ^ a b c Bartlett TQ., The gibbons of Khao Yai: seasonal variation in behavior and ecology, Routledge, 2009, pp. 192, ISBN 9780131915046.
  14. ^ V. Sommer e U. Reichard, Rethinking Monogamy: The Gibbon Case, in P. Kappeler (a cura di), Primate Males: Causes and Consequences of Variation in Group Composition, Cambridge, Cambridge University Press, 2000, pp. 159–168, ISBN 0521658462.
  15. ^ Ulrich H. Reichard, The social organization and mating system of Khao Yai white-handed gibbons: 1992-2006., in The Gibbons, New York, Springer, 2009, pp. 347–384, DOI:10.1007/978-0-387-88604-6_17, ISBN 978-0-387-88603-9.
  16. ^ Reichard, U. e Sommer, V., Group Encounters in Wild Gibbons (Hylobates Lar): Agonism, Affiliation, and the Concept of Infanticide, in Behaviour, vol. 134, n. 15, 1997, pp. 1135–1174, DOI:10.1163/156853997x00106.
  17. ^ Thomas Geissmann, Sound Gallery: Hylobates lar, su gibbons.de. URL consultato il 29 aprile 2009.
  18. ^ Clarke, E., The Anti-Predator Behaviour of Wild White-Handed Gibbons (Hylobates Lar), in Behavioral Ecology and Sociobiology, 2011, JSTOR 41414714.
  19. ^ CR. Carpenter, A field study in Siam of the behavior and social relations of the gibbon (Hylobates Lar), vol. 16, n. 5, Comparative Psychology Monographs, 1940, pp. 1–212.
  20. ^ C Barelli, M Heistermann, C Boesch e UH Reichard, Mating patterns and sexual swellings in pair-living and multimale groups of wild white-handed gibbons, Hylobates lar, in Animal Behaviour, vol. 75, n. 3, 2008, pp. 991–1001, DOI:10.1016/j.anbehav.2007.08.012.
  21. ^ C Barelli, C Boesch, M Heistermann e UH Reichard, Female white-handed gibbons (Hylobates lar) lead group movements and have priority of access to food resources (PDF), in Behaviour, vol. 145, n. 7, 2008, pp. 965–81, DOI:10.1163/156853908784089243.
  22. ^ Barelli C, Heistermann M, Boesch C, Reichard UH, Sexual swellings in wild white-handed gibbon females (Hylobates lar) indicate the probability of ovulation., in Hormones and Behavior, vol. 51, n. 2, 2007, pp. 221–30, DOI:10.1016/j.yhbeh.2006.10.008, PMID 17137580.
  23. ^ P Yimkao e S Srikosamatara, Ecology and site-based conservation of the white-handed gibbon (Hylobates lar L.) in human-use forests in Mae Hong Son province, northern Thailand., in Nat Hist Bull Siam Soc, vol. 54, n. 1, 2006, pp. 109–38.

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