Iki (filosofia)

concetto della filosofia orientale

Iki (いき?) è la pronuncia giapponese dell'ideogramma cinese sui (粹). La parola entrò in uso nel XVII secolo: pronunciata alla cinese, indicava «cose degne di particolare considerazione», forse abbreviazione di bassui ("eccellente").

Nel periodo Genroku il termine sui compare nella letteratura erotica, per indicare «persone assai esperte nelle arti dell'amore» e «profonde conoscitrici delle emozioni umane». Successivamente, nel periodo Bunka-Bunsei, questa parola venne usata per definire l'estetica dei luoghi in cui si esercitava la prostituzione, e quindi un certo stile di comportamento tipico della geisha.

Iki era dunque la capacità di destreggiarsi emotivamente in situazioni di tensione, la capacità di coniugare spontaneità e artificio raggiungendo un grado di raffinatezza supremo sia sul piano etico che su quello estetico. Da questo grado superlativo del comportamento derivò all'iki/sui il significato di "essenza".

Per Shūzō Kuki questa parola riassume l'essenza della cultura giapponese in quanto racchiude in sé "seduzione", "energia spirituale", "rinuncia". Tre virtù tradizionalmente espresse dalle figure emblematiche del Giappone: la geisha, il samurai, il bonzo.

I tre momenti della struttura dell'iki modifica

Il primo, la "seduzione" sessuale costituisce la caratteristica dominante[1]; gli altri due - il secondo, l'"energia spirituale"[2], e il terzo, la "rinuncia" - ne determinano la coloritura etnica e storica. La determinazione d'essere originaria della seduzione è la possibilità del rapporto duale.

Ma l'"energia spirituale" - secondo attributo - infonde più tensione e più durata alla possibilità di apertura all'altro ("seduzione"). Vale a dire che l'"energia spirituale" potenzia l'essenza della seduzione.

Anche la "rinuncia" - terzo attributo - non è affatto incompatibile con la "seduzione". La quale, proprio in quanto non raggiunge il suo fine ipotetico, rimane fedele a se stessa.

Allora, che la "seduzione" sappia rinunciare al suo fine ipotetico non solo non è un controsenso, ma è appunto ciò che permette il dispiegarsi della sua essenza originaria. Si determina un'affermazione che poggia su una negazione. In breve nel modo d'essere iki la "seduzione" viene limitata fino alla sua compiutezza ontologica da l'"energia spirituale" e dalla "rinuncia". In tal senso l'iki è dunque la quintessenza della seduzione.

«Se abbiamo definito l'iki come un fenomeno di coscienza ricco di qualità, come «seduzione» che si realizza ontologicamente grazie all'ideale etico del Bushidô e all'Irrealtà buddhista, non potremo forse dire che è «attrattiva erotica (seduzione) capace di sprezzatura (rinuncia) e dotata di tensione (energia spirituale)»?»

Esempi di iki modifica

Esempi non iki modifica

Per comprendere l'iki sono utili degli esempi atti a esplicitarne le sfumature sottilmente erotiche del concetto.

«La provocazione erotica delle Sirene «che si dondolano sui bianchi rami dei pioppi» e le sfrenatezze delle Baccanti «che tanto piacciono ai loro amici Satiri ossia la seduzione di stile occidentale che dà spettacolo di sé ancheggiando nella platealità del reale, è quanto di più distante vi sia dall'iki. Il quale all'altro sesso rivolge appena un cenno allusivo.»

L'erotismo occidentale pertanto appare troppo allusivo anche dei gesti delle Veneri scolpite che coprono le nudità, come ad esempio i nudi delle riviste.[3] Ma anche le allusioni occidentali come strizzare l’occhio o tendere le labbra.[4]

Una ghirlanda di svastica non è iki.[5] I motivi figurati non sono iki, a differenza di quelli geometrici.[6] I colori sgargianti.[7]

Esempi iki modifica

 
Esempio di bellezza iki nello sguardo allusivo, del volto slanciato e nella posizione inclinata atta a rompere l’equilibrio in una stampa di Utamaro

Tra gli esempi iki troviamo il vestito di stoffa trasparente a contatto con la pelle.[8] Oppure una donna appena uscita dal bagno.[3] L’attribuito estetico è simile a quello occidentale (odierno), ossia di una figura slanciata. Lo sguardo non deve mai essere troppo diretto ma di sottecchi, atto a richiamare seduzione e allusione. La bocca è piccola e con il rossetto atta a mostrare una tensione con un sorriso malinconico e non evidente. Il trucco è appena accennato per non cadere nel volgare. Questa rappresentazione è tipica di molti ukiyo-e di Utamaro.

Sono inoltre iki non solo certe acconciature codificate ma anche i capelli annodati frettolosamente e tuttavia ancora scomposti. Il colore dei capelli è in genere nero e mai biondo, come tipicamente sono quelli delle donne giapponesi. Il piede nudo è iki, così come le movenze eleganti delle mani.[9]

Un kimono con righe verticali in un corpo slanciato è iki, all’opposto un corpo grasso con le righe verticali non lo è.[10] Per essere iki un colore deve rientrare nelle gamme di grigio, marrone e blu.[11]

«[…] nelle parti in cui si richiede una certa eleganza, l'architettura iki mostra spesso caratteri simili a quelli della decorazione iki. Tende, per esempio, a evitare il più possibile le linee curve. Non si può neanche immaginare che sia iki una stanza circolare o un soffitto rotondo. L'architettura iki non apprezza le curve delle finestre ovali o a corolla. E preferisce le forme squadrate a quelle arcuate anche per i trafori ornamentali che abbelliscono la parte superiore (ranma) delle porte scorrevoli interne. Ma su questo punto è un po' più indulgente della decorazione, che è indipendente e astratta.»

Note modifica

  1. ^

    «[…] il primo attributo dell' iki è la «seduzione» dell'altro sesso. Che il rapporto fra i sessi costituisca l'essere originario dell'iki si deduce dal fatto che ikigoto (faccenda iki) è sinonimo di irogoto (faccenda erotica). E quando si dice ikina hanashi (storia iki) si fa riferimento a una relazione sessuale.»

  2. ^ Shūzō Kuki parla del concetto di shinjūdate ossia il pegno di fedeltà che le prostitute giapponesi offrivano all’amante per convincerlo della loro sincerità. Esse si strappavano un'unghia, facevano un giuramento col sangue infilandosi un ago sotto l'unghia, si tagliavano i capelli, si tatuavano il nome dell'amato assieme alla parola vita, si tagliavano il mignolo oppure commettevano un doppio suicidio. Tale coraggio esprimeva una forma di spiritualizzazione della seduzione, caratteristica potente dell'iki.
  3. ^ a b Kuki, 1992, p. 87.
  4. ^ Kuki, 1992, p. 90.
  5. ^ Kuki, 1992, p. 105.
  6. ^ Kuki, 1992, p. 107.
  7. ^ Kuki, 1992, p. 108.
  8. ^ Kuki, 1992, p. 86.
  9. ^ Kuki, 1992, p. 93.
  10. ^ Kuki, 1992, p. 102.
  11. ^ Kuki, 1992, p. 109.

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