Jōchō

scultore giapponese

Jōchō (定朝?; ... – Kyoto, 1057) è stato uno scultore giapponese.

Scultura di Amitabha Buddha realizzata da Jōchō

Biografia modifica

 
Testa di un Bodhisattva, attribuita a Jocho, Arthur M. Sackler Museum, Harvard University, Cambridge

Jōchō è ritenuto dalla critica artistica il padre della scultura giapponese.[1]

Figlio d'arte, Jōchō esordì lavorando al tempio di Hōjō a Kyoto, prima di ricevere la nomina di scultore ufficiale delle immagini di Buddha.[1]

Jōchō nel corso della sua carriera divenne l'artista favorito di Fujiwara no Michinaga, importante uomo politico contemporaneo, e ricevette numerosi titoli e riconoscimenti, tra i quali quello di "Ponte della legge" nel 1022 e di "Occhio della legge" nel 1048.[1]

Jōchō rinnovò la scultura giapponese introducendo nuovi canoni di proporzione e una nuova tecnica chiamata yosegi (寄木?) che consiste nel tagliare una statua in parecchi pezzi di legno e poi riassemblarli dall'interno, invece di eseguire la scultura con un solo blocco di legno come si usava tradizionalmente.[2][3] Uno tra i numerosi vantaggi di questa tecnica fu che permise a diversi assistenti di lavorare sulla scultura in una sola volta, accelerando notevolmente il processo. Jōchō, come maestro, effettuò il lavoro di rifinitura.[4]

La tecnica portò a un nuovo canone per le proporzioni che gli storici dell'arte menzionano come prova del genio di Jōchō.[4] Ha basato le misurazioni su un'unità pari alla distanza tra il mento e l'attaccatura dei capelli della figura scolpita. La distanza tra ogni ginocchio è uguale alla distanza dal fondo delle gambe ai capelli.[4] Le ginocchia larghe e distanziate formano così la base di un disegno triangolare, trasmettendo una sensazione di stabilità e di pace.[5] Le espressioni delle sculture di Jōchō trasmettono compassione ed eleganza, e la scultura dettagliata e precisa dei lineamenti del viso proietta una certa gentilezza.[4]

L'opera più significativa di Jōchō ed anche l'unica che è sopravvissuta nel corso dei secoli è una scultura raffigurante Amitabha Buddha, conservata nel Byōdō-in di Uji. La statua è caratterizzata da elementi espressivi che saranno presenti nella posteriore dottrina Jōdo-shū.[1][6]

Note modifica

  1. ^ a b c d le muse, VI, Novara, De Agostini, 1964, p. 145.
  2. ^ Britannica.com.
  3. ^ The Great Buddhist Sculptor, Jocho (nel sito Uwamuki), su uwamuki.com. URL consultato il 1º giugno 2017.
  4. ^ a b c d (EN) Noma, Seiroku, The Arts of Japan: Ancient and Medieval, Kodansha International, 2003, p. 163.
  5. ^ (EN) Robert Treat Paine e Alexander Soper, The Art and Architecture of Japan, Penguin Books Ltd., 1981, p. 93.
  6. ^ Treccani.it.

Bibliografia modifica

  • (EN) Luigi Lanzi, History of Painting in Italy; From the Period of the Revival of the Fine Arts to the End of the Eighteenth Century, Londra, Thomas Roscoe, 1847.
  • (EN) Noma, Seiroku, The Arts of Japan: Ancient and Medieval, Kodansha International, 2003.
  • (EN) Robert Treat Paine e Alexander Soper, The Art and Architecture of Japan, Penguin Books Ltd., 1981.
  • (EN) Penelope Mason, History of Japanese Art, New Jersey, Pearson Education Inc., 2005.
  • (EN) Donald H. Shively e William H. McCullough, The Cambridge History of Japan, Cambridge University Press, 1999.

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