Josephoartigasia

specie di animali della famiglia Dinomyidae
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Josephoartigasia monesi è una specie estinta di roditore caviomorpho sudamericano, nonché il più grande roditore conosciuto, che visse nel Pliocene-Pleistocene inferiore, circa 4-2 milioni di anni fa.[1] J. monesi è una delle due specie del genere Josephoartigasia, l'altra è J. magna.[1] L'animale è talvolta chiamato anche pacarana gigante, dal nome del suo parente vivente più prossimo, il pacarana (Dinomys branickii) della famiglia Dinomyidae.[1] Si stima che questo animale potesse raggiungere un peso di una tonnellata,[1] un peso record tra tutti i roditori viventi o estinti.[1]

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Josephoartigasia monesi
Ricostruzione di J. monesi
Intervallo geologico
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Rodentia
Famiglia Dinomyidae
Genere † Josephoartigasia
Specie J. monesi
Nomenclatura binomiale
† Josephoartigasia monesi[1]
Rinderknecht & Blanco, 2008

Descrizione modifica

 
Ricostruzione della testa di J. monesi

Il cranio dell'olotipo è lungo circa 53 centimetri (21 pollici), e l'unico incisivo preservatosi è lungo più di 30 centimetri (12 pollici). Si stima che la lunghezza totale del corpo fosse di 3 metri (9,8 piedi), con un'altezza di 1,5 metri (4 piedi 11 pollici).

Massa corporea modifica

Con la sua imponente massa J. monesi ha sostituito Phoberomys insolita e Phoberomys pattersoni, due specie imparentate ed un po' più antiche che vivevano in Venezuela durante il tardo Miocene, come il più grande roditore mai vissuto. Tuttavia, i confronti delle sue dimensioni sono difficili da calcolare poiché le precedenti stime di 400 e 700 kg (880 e 1 540 libbre) per P. pattersoni erano basate su elementi degli arti anteriori e posteriori, che non sono presenti nell'esemplare di J. monesi.[1]

Confrontando il cranio con varie specie esistenti di roditori, gli autori dell'articolo originale hanno stimato una massa compresa tra 468 e 2 586 kg (1 032 e 5 701 libbre), con una stima media di 1 211 kg (2 670 libbre).[1] Una ricerca successiva ha rivisitato questi calcoli e ha fornito una stima più conservativa, con un peso compreso tra 350 e 1 534 kg (772 e 3 382 libbre), con un peso medio di 900 kg (2 000 libbre).[2]

Scoperta ed etimologia modifica

J. monesi è noto da un cranio quasi completo, ritrovato nella Formazione San José sulla costa del Río de la Plata, in Uruguay.[1] Scoperto nel 1987, l'esemplare venne descritto scientificamente solo nel 2008. Oggi questo cranio è conservato nel Museo nazionale di storia e antropologia dell'Uruguay.[3] Josephoartigasia monesi prende il nome dall'eroe nazionale uruguaiano José Gervasio Artigas e dal paleontologo Álvaro Mones, per il suo studio sul roditore nel 1966.[1]

Paleobiologia modifica

I temibili denti anteriori e le grandi dimensioni di questo roditore potrebbero essere stati usati per i combattimenti intraspecifici tra maschi per il diritto di riprodursi con le femmine, e potrebbero aver anche contribuito a difendersi dai predatori, tra cui sparassodonti, felini dai denti a sciabola e uccelli del terrore.[4]

J. monesi viveva in un ambiente estuarino o in un sistema di delta fluviali ricoperti di ricche foreste,[1] nutrendosi di morbida vegetazione acquatica.[5] È inoltre probabile che questo animale si nutrisse di piante e frutti acquatici, poiché i suoi molari erano molto piccoli e non adatti a brucare l'erba o altra vegetazione abrasiva simile. I mammiferi più grandi hanno anche il vantaggio di poter accedere a risorse alimentari di bassa qualità, come il legno, che le specie più piccole non sono in grado di digerire.[4]

L'analisi agli elementi finiti è stata utilizzata per stimare la massima forza del morso di J. monesi.[6] Questo studio ha concluso che il morso di J. monesi poteva generare fino a 4165 N di forza, tre volte più potente di quanto previsto per le tigri moderne.[7] Lo studio ha anche ipotizzato che J. monesi si comportasse in modo simile agli elefanti, utilizzando i suoi enormi incisivi come zanne per scavare in cerca di cibo e/o per difendersi da predatori e membri della propria specie.[6]

Note modifica

  1. ^ a b c d e f g h i j k (EN) Andrés Rinderknecht, R. Ernesto Blanco, The largest fossil rodent (PDF), in Proceedings of the Royal Society B Biological Sciences, 15 gennaio 2008, DOI:10.1098/rspb.2007.1645. URL consultato il 16 gennaio 2008.
    «Josephoartigasia monesi sp. nov. (family: Dinomyidae; Rodentia: Hystricognathi: Caviomorpha)»
  2. ^ Virginie Millien, The largest among the smallest: the body mass of the giant rodent Josephoartigasia monesi, in Proceedings of the Royal Society B, vol. 275, n. 1646, maggio 2008, pp. 1953–5; discussion 1957–8, DOI:10.1098/rspb.2008.0087, PMC 2596365, PMID 18495621.
  3. ^ Raphael G. Satter, Fossil remains of 2,000-pound rodent found, in NBC News, 16 gennaio 2008. URL consultato il 17 gennaio 2008.
  4. ^ a b James Owen, Bull-Size Rodent Discovered -- Biggest Yet, in National Geographic News. URL consultato il 6 dicembre 2013.
  5. ^ (EN) Catherine Brahic, One-tonne rodent discovered in South America, su newscientist.com, New Scientist, 17 gennaio 2008. URL consultato il 16 gennaio 2008.
  6. ^ a b Philip G. Cox, Andrés Rinderknecht e R. Ernesto Blanco, Predicting bite force and cranial biomechanics in the largest fossil rodent using finite element analysis, in Journal of Anatomy, vol. 226, n. 3, 2015, pp. 215–23, DOI:10.1111/joa.12282, PMC 4337660, PMID 25652795.
  7. ^ Sid Perkins, Ratzilla: Ancient giant rodent chomped like a crocodile, in Science, 2015, DOI:10.1126/science.aaa7792.

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