L'uomo e il diavolo

film del 1954 diretto da Claude Autant-Lara

L'uomo e il diavolo (Le Rouge et le Noir) è un film del 1954 diretto da Claude Autant-Lara e tratto dal romanzo Il rosso e il nero di Stendhal.

L'uomo e il diavolo
Julien e Luise
Titolo originaleLe Rouge et le Noir
Lingua originalefrancese
Paese di produzioneFrancia, Italia
Anno1954
Durata185 minuti (versione integrale)
125 minuti (versione italiana)
Generesentimentale
RegiaClaude Autant-Lara
SoggettoStendhal (romanzo)
SceneggiaturaJean Aurenche, Claude Autant-Lara, Pierre Bost
ProduttoreHenry Deutschmeister, Gianni Hecht Lucari
Produttore esecutivoLouis Wipf
Casa di produzioneDocumento Film, Franco London Film
Distribuzione in italianoCEI-Incom
FotografiaMichel Kelber
MontaggioMadeleine Gug, Boris Lewin
MusicheRené Cloërec
ScenografiaMax Douy
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

«Un romanzo è uno specchio che ci portiamo lungo una strada»

Trama modifica

Francia, epoca della Restaurazione. Prima di entrare in seminario il giovane Julien Sorel viene introdotto dall'abate Chélan in casa del marchese de Renal in qualità di precettore. Qui conosce Luise, moglie del marchese, con la quale instaura un rapporto amoroso consumato ogni notte nella camera da letto di lei. La cameriera Elisa, innamorata di Julien ma non ricambiata, scopre la relazione tra i due e invia al marchese una lettera anonima informandolo del fatto. Costretto ad andare via di casa, Chélan lo affida all'abate Pirard, il quale dopo averlo tenuto sotto il suo controllo in seminario lo conduce a Parigi, collocandolo come segretario in casa del marchese de la Môle. Qui sboccia un secondo amore nei riguardi della bella Mathilde, figlia del marchese, il quale ne è all'oscuro; finché non giunge una lettera di Luise. Il marchese, decisamente contrario all'unione dei due, fa nascere in Julien un sentimento d'odio nei confronti di Luise. Deciso a vendicarsi le spara alle spalle, ferendola. A causa del gesto il tribunale sancisce la sua condanna a morte tramite ghigliottina. Pentia del suo gesto, Luise va a trovarlo in prigione per chiedere il suo perdono.

Edizione italiana e censura modifica

Avendo il film una durata di oltre tre ore, l'edizione italiana venne accorciata di un'ora esatta. Oltre alla consuetudine dell'epoca nel favorire i noleggiatori facendo molto raramente superare alle pellicole le due ore di durata per permettere un maggior numero di proiezioni, vi furono anche dei tagli per volere della censura.

Lo stesso Autant-Lara lanciò un appello sulle pagine di Cinema Nuovo contro i pesanti tagli effettuati:

«Il mio film ha una durata eccezionale, lo riconosco. Ma quali che siano le ragioni che si metteranno avanti per giustificare le soppressioni, io non saprei accettarle, a causa dei danni irreparabili che a esso recherebbero»

Di seguito i tagli e le modifiche effettuati su volontà della censura[2]:

  • Modifica della battuta "non sembra destinato ad essere vescovo tra qualche anno".
  • Eliminazione della parola "pretonzolo" (nel colloquio tra Mathilde e il fratello) alludendo a Julian.
  • Eliminazione della battuta di Julien: "Voglio la moglie, prima".
  • Eliminazione della scena in cui si vede Julien a letto con Luise mentre il marito bussa alla porta.
  • Eliminazione del "racconto" successivo di Luise da "Che ho fatto..." fino alla battuta di Julien "Così mi è sembrato...".
  • Eliminazione dei fotogrammi in cui Julien insinua la mano nel petto di Luise.
  • Eliminazione della battuta di Julien: "Mi avevano detto che sarei stato circondato di spionaggi e tradimenti di ogni sorta".
  • Modifica della battuta dell'abate Pirard: "Lo sarai sempre" in "No, assolutamente".
  • Eliminazione della parola "ecclesiastico" dalla battuta "troppo elegante per un ecclesiastico".
  • Accorciamento della scena tra Julien e Mathilde nella camera della ragazza ed eliminazione di ogni accenno alla Santa Messa.
  • Eliminazione della battuta di Matilde "Il disonore è un'arma molto forte in mano di una figlia".
  • Eliminazione della scena in cui il prete detta la lettera a Luise.
  • Modifica della battuta finale "Né Dio né gli uomini possono farci niente".

Venne inoltre vietata la visione ai minori di 16 anni.

Critica modifica

«Lasciando la novità del colore, assai ben trattato, essa avanza di gran lunga le precedenti per finezza di esecuzione, scavo psicologico e scrupolo di fedeltà testuale, il quale è stato tanto che in origine il film aveva la straordinaria durata di oltre tre ore. [...] Il film e improntato da cultura e buon gusto; vi si sente un attento e intelligente lettore di Stendhal. Restiamo però sempre nei campo della illustrazione, già pure sopraffina, dove, al tempo stesso che ammiriamo l'approssimazione al modello, avvertiamo la difficoltà di centrarlo; difficoltà che il regista ba cercato di superare con crepitanti monologhetti interiori di schietto sapore stendhaliano. Verso la fine la difficile fusione tra il testo e l'immagine è felicemente raggiunta così da suffragare l'impressione d'un film di tutta nobiltà, ambiziosamente proteso e non di rado risolto. Dove non sono possibili riserve è circa la ricostruzione dello sfondo, ammirevole per aderenza al tempo e sceltezza di particolari. [...]»

«[...] Autant-Lara ha commesso, nello sceneggiare il film, un errore; ha voluto mantenersi su un piano di "obbiettività"; quella tipica obbiettività di un autore che non vuole impegnarsi in idee, soprattutto idee politiche democratiche, altro che con la scelta dell'argomento e del personaggio, mentre non ne vuole partecipare lo spirito. Sicché tutto il lato napoleonico di Sorel, che a Stendhal serviva di spunto, era, anzi, il truc sotto la cui maschera apparivano tutte le sue idee anticonformiste, antimonarchiche, antiborghesi, democratiche, si è perduto sotto quell'etichetta di "osservazione ma non partecipazione". E il non portare innanzi questa bandiera napoleonica di Stendhal (quando il bonapartismo, in Francia, era il velame ammesso, dopo i moti del luglio 1830, con la monarchia orleanista, per esprimere le simpatie per la rivoluzione) potrebbe essere una forma d'infedeltà, pur nella fedeltà del rispetto del testo. Che appare mutato, praticamente, solo nel finale - quando la marchesina de La Mole si porta via la testa di Julien - per ovvie ragioni di censura. [...]»

Note modifica

Bibliografia modifica

  • Laura, Luisa e Morando Morandini, Il Morandini: dizionario dei film 2001, Zanichelli, Bologna, 2000. ISBN 88-08-03105-5.

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