La testa perduta di Damasceno Monteiro

romanzo scritto da Antonio Tabucchi

La testa perduta di Damasceno Monteiro è un romanzo di Antonio Tabucchi che, nonostante appartenga al genere definito "thriller", offre, in particolare nella seconda metà, parecchi spunti di riflessione, anche sulla teoria freudiana del sogno quale manifestazione dell'inconscio allo stato puro, sul sistema binario visto come motivo portante di tutta la struttura della Terra (ovvero l'unione degli opposti) e sulla concezione della letteratura come ragnatela che comprende ogni genere letterario di ogni epoca, in cui ogni scritto ha un legame con tutti gli altri, scoprendo nella dicotomia, nella caoticità e nel nichilismo l'essenza della realtà.

La testa perduta di Damasceno Monteiro
AutoreAntonio Tabucchi
1ª ed. originale1997
Genereromanzo
Sottogenerepoliziesco
Lingua originaleitaliano
AmbientazionePorto
ProtagonistiFirmino
CoprotagonistiMello Sequeira

Trama modifica

Il vecchio gitano Manolo scopre un cadavere decapitato tra i cespugli di un parco pubblico a Porto: restio all'integrazione con le istituzioni, rifiuta di denunciare il fatto alla polizia e di rilasciare dichiarazioni; accetterà invece di raccontare ciò che ha visto e sentito la notte dell'omicidio ad un giovane inviato di un giornale scandalistico di Lisbona, Firmino, il quale, da parte sua, sogna invece di dedicarsi un giorno alla ricerca letteraria e di scrivere un saggio su Vittorini e la sua influenza sul romanzo portoghese. Il giovane ucciso è Damasceno Monteiro, che si scoprirà essere il garzone di una ditta di Commercio internazionale, rimasto coinvolto in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti proveniente da Hong Kong e gestito addirittura dal sergente della Guarda Nacional che egli aveva ingenuamente tentato di ricattare quando a sua volta ne era stato scoperto.

L'accusa contro gli agenti della "guardia civil" viene sostenuta dall'avvocato Fernando de Mello Sequeira, detto Loton per via di una spiccata somiglianza fisica con l'attore Charles Laughton, seguace delle teorie del filosofo del diritto Hans Kelsen e in particolare della Grundnorm, tale che con l'intento di giungere ad una giustizia suprema si individui nella norma superiore la giustificazione ad ogni comportamento, anche il più aberrante. In fondo, si chiede de Mello, cosa saranno mai le azioni degli uomini di fronte all'infinità dello spazio e all'eternità del tempo? Ed ancora, citando il poeta Holderlin(il quale attendeva lettere dal passato che lo avrebbero aiutato a comprendere gli avvenimenti precedenti), l'avvocato (nella sua esperienza capace di decidere di quando in quando se aspettare, pubblicare l'articolo o emettere un comunicato stampa) conclude il discorso chiedendosi se, come il poeta è morto pazzo, non sia forse pazzia anche il suo voler attendere o cercare di sapere la verità circa il passato.

Le parole dell'avvocato infatti si rivelano fragili: le pur colte citazioni letterarie della sua sentita arringa non riescono a far presa sulla coscienza di una giuria distratta, forse vittima di intimidazioni dirette o indirette, e di esse nulla resta neppure nelle registrazioni fatte da Firmino.

Non di meno la realtà si rivela carica di soprusi, violenze, abusi, malversazioni, miseria, entro cui i diritti individuali vengono regolarmente calpestati anche dall'uso arbitrario del potere poliziesco: il sergente, infatti, come in seguito scoprirà lo stesso Firmino, sarà assolto, dacché tra l'altro costringerà dei suoi subordinati ad accollarsi le accuse di occultamento di cadavere e omissione di atti d'ufficio.

Il giornalista tuttavia sarà invitato da Loton a tornare per la riapertura del processo e, da parte sua, scoprirà inaspettatamente nel giornalismo una professione da esercitare con lucidità e come una missione, al di là sia delle intimidazioni sia delle differenze sociali.

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