Leonida Bissolati

politico italiano

Leonida Bissolati, nato Leonida Bergamaschi (Cremona, 20 febbraio 1857Roma, 6 maggio 1920), è stato un politico italiano, uno dei fondatori del Partito Socialista Riformista Italiano.

Leonida Bissolati Bergamaschi

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato10 giugno 1895 –
6 maggio 1920
LegislaturaXIX, XX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV
Gruppo
parlamentare
Socialista
CollegioPescarolo ed Uniti
Sito istituzionale

Ministro dell'Assistenza Militare e Pensioni di Guerra[1]
Durata mandato1º novembre 1917 –
31 dicembre 1918
Capo di StatoVittorio Emanuele III
PresidenteVittorio Emanuele Orlando, Paolo Boselli

Dati generali
Partito politicoPSI (1880-1912)
PSRI (1912-1920)
Titolo di studioLaurea in Giurisprudenza
UniversitàUniversità di Bologna
ProfessioneAvvocato, pubblicista, giornalista

Biografia modifica

Fu uno dei più importanti dirigenti del movimento socialista italiano a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

La famiglia e gli studi modifica

Nacque dalla relazione tra Stefano Bissolati, canonico, e Paolina Caccialupi, moglie di Demetrio Bergamaschi; gli fu pertanto inizialmente imposto il cognome di quest'ultimo. Nel 1861 Stefano smise l'abito talare e nel 1865, essendo Paolina rimasta vedova, la sposò, adottando il figlio. La scelta di tornare allo stato laicale fu dettata da una profonda crisi di coscienza, dovuta tra l'altro all'atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti del mondo moderno e in particolare del Risorgimento italiano[2].

Leonida Bissolati si laureò in legge a vent'anni all'Università di Bologna.

Nella sua città natale esercitò la professione di avvocato, pubblicando anche numerosi articoli su riviste e quotidiani.

Nel 1885 sposò Ginevra Coggi, morta di tisi nel 1894. In seguito ebbe come compagna Carolina Cassola, in libera unione fino alle nozze avvenute nel 1913.

L'impegno nel Partito Socialista Italiano modifica

Dal 1880 e per 18 anni fu eletto consigliere comunale a Cremona, inizialmente nelle file dei radicali, per poi aderire ai movimenti socialisti.

Rivestì incarichi all'Assessorato all'istruzione.

Tra il 1889 e il 1895 organizzò le agitazioni contadine e le lotte sociali per ottenere migliori condizioni di vita nelle campagne.

Nel 1889 fondò L'Eco del Popolo, che successivamente divenne l'organo locale del Partito Socialista Italiano, e pubblicò una parziale traduzione del Manifesto di Marx ed Engels.

 
Locandina pubblicitaria pro abbonamento all'Avanti! del 1896

La fondazione dell'Avanti! modifica

Nel 1896 divenne direttore dell'Avanti!, organo ufficiale del Partito Socialista Italiano.

Nel primo numero del nuovo giornale, nell'editoriale inaugurale ne tracciò un manifesto politico-ideale identitario, lanciando una sfida all'ordine costituito. Rivolgendosi direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'Interno dell'epoca Antonio Starabba, marchese di Rudinì, che aveva ammonito i dirigenti e gli iscritti al neonato PSI con l'intimazione: “di qui non si passa”, Bissolati rispose, con un titolo che passerà nella storia del socialismo e del giornalismo, “Di qui si passa”, manifestando la fede e la certezza "scientifica" nell'affermazione delle ragioni dei socialisti e nella conquista del potere da parte dei lavoratori.

Questo titolo verrà poi ripreso da molti direttori dell'Avanti! in occasione di eventi particolarmente importanti della vita del partito e del giornale.

Il 12 maggio del 1899, a causa della repressione governativa a seguito dei moti di Milano, Bissolati venne arrestato insieme a tutta la redazione dell'Avanti. Il giornale poté comunque continuare le sue pubblicazioni sotto la direzione provvisoria di Enrico Ferri. Bissolati venne rilasciato due mesi dopo perché la Camera non diede l'autorizzazione a procedere contro di lui, escludendo che potesse aver preso parte ai tumulti avenuti a Milano, dove era giunto solo il 9 maggio.[3]

Diede le dimissioni dall'incarico nel 1903, per poi accettare nuovamente la direzione del quotidiano tra il 1908 ed il 1910.

L'impegno parlamentare modifica

Alle elezioni politiche del 1895 si candidò come deputato nel collegio di Pescarolo ed Uniti e vinse al ballottaggio contro il candidato del partito conservatore Alessandro Anselmi, ma l'elezione fu in seguito annullata dalla giunta delle elezioni. Nel 1897 si ripresentò nello stesso collegio e vinse al primo turno, sempre contro lo stesso Anselmi.[4]. Massone, membro del Grande Oriente d'Italia, nel 1902 rappresentò la Loggia "Alsazia-Lorena" al Congresso mondiale del Libero Pensiero a Losanna[5], nel 1908 presentò alla Camera dei deputati una mozione volta ad abolire l'insegnamento della religione nella scuola elementare e nel corso della Gran loggia annuale del Grande Oriente d'Italia il Gran maestro Ettore Ferrari propose la censura all'indirizzo di quei parlamentari aderenti alla massoneria che si erano rifiutati di votarla. Il Sovrano gran commendatore in pectore del Rito scozzese antico e accettato, Saverio Fera, forte oppositore della politicizzazione forzata perseguita da Ferrari all'interno dell'obbedienza, pose il veto formale contro la proposta di censura. Lo scontro arrivò fino alla scissione, che si consumò il 24 giugno 1908 nel seno del Supremo Consiglio d'Italia del Rito scozzese antico ed accettato.

L'adesione alla Guerra di Libia e l'interventismo modifica

Nel febbraio del 1912 la sua mancata opposizione alla Guerra di Libia provocò le sue dimissioni da parlamentare e gli valse accuse di sciovinismo da parte di Lenin[6]. Cinque mesi più tardi fu espulso dal Partito Socialista Italiano.

Bissolati fu uno dei più autorevoli leader dell'intervento nella prima guerra mondiale. Si arruolò volontario a 58 anni compiuti nel 4º reggimento alpini, col grado di sergente. Partecipò ai combattimenti per la conquista del Monte Nero; venne ferito due volte e fu decorato di medaglia d'argento. Alternò la permanenza al fronte con soggiorni a Roma per i lavori parlamentari. Nel giugno 1916 entrò come ministro nel governo Boselli con il compito di collegare il governo al fronte. Sotto l'influsso di Cadorna, prese una posizione contro i pacifisti che volevano una pace di compromesso. La tragedia di Caporetto la visse al fronte, portandolo a una grave crisi personale. Nell'autunno 1917, con il governo Orlando, assunse la responsabilità dell'Assistenza militare e delle Pensioni di guerra. Dopo un violento scontro con il ministro degli esteri Sonnino, il 28 dicembre 1918 rassegnò le dimissioni dal governo.

La fondazione del Partito Socialista Riformista Italiano modifica

Bissolati non rinunciò tuttavia all'attività politica, concorrendo alla fondazione del Partito Socialista Riformista Italiano insieme a Ivanoe Bonomi e Angiolo Cabrini.

Il 1º novembre 1917 divenne ministro dell'Assistenza Militare e Pensioni di Guerra del governo Boselli e del successivo governo Orlando. In questo ruolo ebbe contatti diretti con i generali italiani impegnati sul fronte della prima guerra mondiale.

Il dopoguerra modifica

Alla fine del conflitto concordò le nuove linee di frontiera in accordo coi princìpi della Società delle Nazioni, ma i contrasti che ne derivarono lo spinsero a dimettersi dal governo il 28 dicembre 1918.

Le sue dimissioni furono messe in relazione a presunti contrasti sorti con Ivanoe Bonomi e suscitarono dubbi e perplessità negli ambienti vicini a Bissolati: mentre "Ernesto Nathan stigmatizzò duramente la decisione di Bissolati, Giuseppe Meoni, che nella giunta esecutiva del Goi ricopriva l’importante carica di grande oratore, difese la scelta dell’esponente social-riformista"[7].

 
«LEONIDA BISSOLATI
assertore magnanimo
dell’idealità socialista
La città
ridesta a tempi nuovi
1857 – 1920»
Lapide posta a Cremona

Bissolati volle spiegare pubblicamente la propria posizione tenendo un discorso pubblico a Milano, al Teatro alla Scala. La sera dell'11 gennaio 1919 Bissolati si presentò in un teatro gremito in ogni ordine di posti. Ma la lettura del discorso fu interrotta più volte dalla gazzarra organizzata da Mussolini e Marinetti, in cui nazionalisti, futuristi ed ex combattenti gli impedirono di parlare, senza peraltro essere contrastati dalle autorità pubbliche.[8]

In occasione delle elezioni politiche del 1919, che si tennero in novembre, Bissolati risultò nuovamente eletto nel suo collegio di Cremona.

L'ultimo saluto dei socialisti modifica

Il 1º maggio 1920 venne posta la prima pietra della nuova sede milanese dell'Avanti! in via Ludovico da Settala, che verrà costruita grazie alla sottoscrizione popolare lanciata all'indomani della devastazione fascista del 15 aprile 1919 della precedente sede di via San Damiano 16:[9]

«Un immenso corteo sommerso dalle bandiere rosse si forma in piazza Cinque Giornate e si ingrossa a ogni incrocio mentre arriva all’angolo tra via Settala e via San Gregorio, che i compagni scoprono in mezzo agli applausi essere stata ribattezzata con una nuova targa stradale “Via Avanti!”. (...) Gli ex direttori dell’'Avanti! sono tutti presenti. Manca Bissolati, che è ammalato in ospedale a Roma e che, ministro e uomo di governo, ormai milita in un altro partito. Oddino Morgari lo ricorda con parole commosse. Il popolo socialista sa essere giusto e generoso: le accoglie con un grande applauso. Bissolati, quando lo saprà, nel letto di ospedale dove morirà dopo pochi giorni, piangerà di gioia.»

Leonida Bissolati morì a Roma il 6 maggio 1920 per un'infezione post-operatoria.

È sepolto a Roma nel Cimitero del Verano.

Riferimenti nella cultura di massa modifica

Il suo nome è citato nel film I cinque dell'Adamello, regia di Pino Mercanti (1954).

Porta il suo nome la Canottieri Leonida Bissolati, associazione sportiva con sede a Cremona.

Opere modifica

  • Diario di Guerra, edizione integrale a cura di Alessandro Tortato, Mursia, Milano (2014) ISBN 978-88-425-4615-3

Note modifica

  1. ^ Legislature / XXIV Legislatura del Regno d'Italia / I Governo Orlando, su storia.camera.it. URL consultato il 6 maggio 2016.
  2. ^ Angelo Ara, BISSOLATI, Leonida, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 10, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1968. URL consultato il 22 gennaio 2019.
  3. ^ Giorgio Candeloro, Storia dell'italia moderna. Volume settimo. La crisi di fine secolo e l'età giolittiana, Milano, Feltrinelli, 1974, p. 60.
  4. ^ ISTAT, Statistica delle elezioni generali del 1897, p. 30.
  5. ^ Aldo A. Mola,Storia della Massoneria in Italia, Bompiani/Giunti, Firenze-Milano, 2018, p. 325.
  6. ^ Lenin, La situazione e i compiti dell'Internazionale Socialista, "Sotsjal-demokrat", n. 33, 1º novembre 1914.
  7. ^ M. Mondini (a cura di), La guerra come apocalisse. Interpretazioni, disvelamenti, paure, Bologna, Il Mulino, 2016, p. 87, secondo cui, come conseguenza, "cinque logge milanesi capeggiate dal medico Luigi Resnati votarono un ordine del giorno contro Nathan e verso la metà di febbraio decisero di abbandonare il Grande Oriente d’Italia e di costituirsi in «Gruppo indipendente di rito scozzese». Il 29 aprile 1919 indirizzarono ai confratelli una circolare nella quale delineavano un programma di azione politica di chiara ispirazione democratica e riformista, che appariva in evidente contrasto con quello dei vertici di Palazzo Giustiniani". La circolare è riprodotta in G. Padulo, Contributo alla storia della massoneria da Giolitti a Mussolini, in «Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici», 8, 1983-1984, p. 265.
  8. ^ R. De Felice, "Mussolini il rivoluzionario", Einaudi, Torino, 1965, p. 485-490.
  9. ^ Ugo Intini, "Avanti! Un giornale, un'epoca", Ponte Sisto, Roma, 2012., su avantionline.it. URL consultato il 3 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2018).

Bibliografia modifica

  • Ugoberto Alfassio Grimaldi e Gherardo Bozzetti, Bissolati. Milano, Rizzoli, 1983 ISBN L28000.
  • Carlo Sforza, Bissolati, in: Costruttori e distruttori, Donatello De Luigi, Roma, 1945, pagg. 255-260.
  • Nicola Tranfaglia, La prima guerra mondiale e il fascismo. Milano, TEA, 1996 ISBN 88-7818-072-6

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