Lev Leopoldoff (Saratov, agosto 1898Parigi, 1957) è stato un ingegnere e militare russo, emigrato in Francia dopo la fine della guerra civile si dedicò alla progettazione di un aereo da turismo e addestramento, designato L.3 Colibri prodotto in grande serie.

Biografia modifica

 
Il Leopoldoff L 55 fotografato sull'aerodromo di Cerny-La-Ferté-Alais, a Cerny, Francia, il 9 giugno 2019 .

Nacque a Saratov una città sulle rive del Volga, nell'agosto del 1898 figlio di Jules, comandante della polizia cittadina e di Marie Kissilov.[1] Crebbe all'interno di una famiglia di forti tradizioni militare,[N 1] e all'età di circa dieci anni si appassionò al mondo dell'aviazione quando vide a terra un biplano Farman.[1]

Ammiratore del lavoro di Nikolaj Egorovič Žukovskij, padre fondatore dell'aerodinamica, idrodinamica e aeronautica russa, entrò nella Scuola superiore di aeronautica a Mosca dove ottenne la laurea in ingegneria nel corso del 1918.[1] Essendo tale scuola una organizzazione paramilitare ricevette il grado di ufficiale, e lui e gli altri allievi, sapendo guidare, furono assegnati all'esercito come comandanti e conduttori di autoblinde.[1] Nell'autunno del 1918 entrò nei ranghi dell'Armata Bianca quando scoppiò la rivoluzione d'ottobre.[2] Per due anni partecipò ai combattimenti tra le forze fedeli allo Zar Nicola II e le truppe rivoluzionare in tutto il sud della Russia.[1]

Nel 1920 si trovava a Odessa, sulle rive del Mar Nero, quando infuriava una epidemia di tifo. Ammalatosi, fu curato e riuscì ad imbarcarsi su una delle ultima navi dirette a Costantinopoli, mentre l'Armata Rossa stava per attaccare la città.[1] Rinchiuso in un campo profughi gestito dai francesi, riuscì a fuggire confondendosi tra la folla, lavorando inizialmente come autista di ambulanze, e vivendo di strani lavori si trasferì a ovest lungo le coste mediterranee del Nord Africa, arrivando infine a Tozeur, in Tunisia, e poi a Douz dove ottenne un lavoro qualificato nello sviluppo dei primi canali di irrigazione dei palmeti.[1]

Rimase in questo paese per qualche tempo finché, nel 1923, riuscì a rintracciare la sua famiglia, che si trovava in esilio in Francia.[1] Grazie a suo fratello Boris raggiunse il territorio metropolitano e arrivò a Parigi con pochi soldi.[1] Come molti rifugiati russi bianchi trovò lavoro come tassista notturno, il cui reddito gli permise di acquistare un proprio mezzo.[1] Alla fine degli anni Venti, sposò Judith Erika Nord, una ballerina di spicco al Lido e insegnante di danza della città, incontrata durante le sue corse in taxi.[1]

Lavorando duramente acquisì, in partnership, quattro automobili e iniziò a guadagnare decentemente con la sua attività.[1] Nel 1932 ebbe l'idea di progettare un proprio aereo, di cui disegnò un gran numero di schizzi associati a misure, calcoli e note.[1] Non trovando aiuto per il suo progetto, o un hangar o una officina dove costruire il suo velivolo, egli usò una stanza nel suo appartamento di Vincennes per avviarne la costruzione.[2] Il primo Leopoldoff L.3 Colibri volò per la prima volta nel settembre 1933, e i primi esemplari furono realizzati dal 1937 dalla Aucouturier-Dugoua & Cie, e poi da una propria società, la Société des Avions Leopoldoff.[1] Prima dello scoppio della seconda guerra mondiale ne furono realizzati 33 esemplari, e la produzione fu poi ripresa al termine del conflitto, dapprima in Marocco, e poi in Francia come L-7 Colibri, raggiungendo un totale di 125 esemplari.[2] Si spense a Parigi nel 1957.[2]

Note modifica

Annotazioni modifica

  1. ^ Un suo avo era stato nominato cavaliere dalla regina Caterina di Russia per le prodezze compiute nella guerra contro i contro i tatari.

Fonti modifica

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n Passieux.
  2. ^ a b c d Shortfinals.

Bibliografia modifica

  • (EN) Leonard Bridgman, Jane's All The World's Aircraft 1951–52, London, Sampson Low, Marston & Company, Ltd., 1951.
  • (EN) William Green, The Aircraft of the World, Macdonald & Co. (Publishers) Ltd, 1965.
  • (EN) Rod Simpson, Airlife's World Aircraft, Airlife Publishing Ltd., 2001, ISBN 1-84037-115-3.

Collegamenti esterni modifica