Liprando

prete italiano

Liprando (... – Bergamo, 6 - 7 gennaio 1113) è stato un presbitero italiano di Milano, diventato famoso per una disputa con l'arcivescovo Grossolano, che lo portò a passare attraverso due pire infuocate per dimostrare l'accusa di simonia che aveva rivolto contro l'arcivescovo.

Biografia modifica

Secondo il cronista Arnolfo, Liprando era figlio di un prete, dettaglio importante in un periodo in cui Milano era piagata dalle lotte tra i patarini, che si opponevano al concubinaggio e ad altre pratiche del clero giudicate inadatte a uomini di religione, e coloro che difendevano le tradizioni della Chiesa milanese. Liprando divenne prete a sua volta, divenendo titolare della chiesa di San Paolo in Compito, oltre che membro del clero decumano della città,[1] e probabilmente si unì al movimento patarino.

Il 5 aprile, giovedì santo, dell'anno 1075, il capo dei patarini Erlembaldo Cotta rifiutò per la seconda volta l'olio crismale consacrato da preti a suo dire simoniaci, e i canonici della cattedrale rifiutarono a loro volta di celebrare i riti in modo diverso dalla tradizione. Il giorno di Pasqua pertanto Liprando si offrì volontario e impose il crisma di Erlembaldo ai catecumeni, battezzandoli. Durante gli scontri che seguirono di lì a pochi giorni, nei quali i patarini vennero cacciati da Milano, Liprando fu catturato da uomini della fazione avversaria che gli tagliarono il naso e le orecchie, sfigurandolo per sempre. Fu accolto a Bergamo nel monastero di Astino dove morì forse il 6 gennaio, giorno dell'Epifania, e dove gli furono celebrate solenni esequie e dove fu sepolto.[2]

Nella cultura di massa modifica

Nel 1965, Enzo Jannacci gli ha dedicato la canzone Prete Liprando e il giudizio di Dio, su testo di Dario Fo, pubblicata nell'album Enzo Jannacci in teatro.

Note modifica

  1. ^ Quando, nel 569, di fronte all'avanzata longobarda, il vescovo milanese Onorato si era rifugiato a Genova, città bizantina, non tutto il clero ambrosiano fuggì con lui, e anzi a Milano giunsero, in aiuto al clero locale rimasto, dei missionari siri e greci. Si inaugurava così un periodo di dualismo nel clero milanese.

    «Con il ritorno in sede del metropolita Giovanni il Buono (649) [...] vengono a convivere, non sempre pacificamente, due ordini clericali: il maior e il minor. Il primo, reduce da Genova, è costituito dai cardinales (termine apparso nel 787) od ordinarii, officianti dapprima le basiliche più venerate ("matrici"), poi dal IX secolo solo la cattedrale, e dalle cui file proviene spesso l'arcivescovo. Il secondo è composto dai decumani (denominazione dell'864) o peregrini, addetti alla cura pastorale (analogamente alle contemporanee diaconie caritative romane) e diretti da un primicerius, detto anche coepiscopus (forse per le sue funzioni di supplenza svolte durante l'esilio del vescovo). [...] La distinzione fra i due ordini, rilevante fino al XIII secolo, va via via estinguendosi, lasciando tracce nella liturgia, fino a scomparire col decreto di soppressione dei decumani, sollecitato da Carlo Borromeo e promulgato da Pio V (1569).»

  2. ^ Giuseppe Ronchetti, Memorie istoriche della città e della chiesa di Bergamo, 1895, p. 21.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica