Lodovico Mortara

avvocato e politico italiano

Lodovico Mortara (Mantova, 16 aprile 1855Roma, 1º gennaio 1937) è stato un giurista, magistrato e politico italiano, ministro della giustizia con il primo governo Nitti.

Lodovico Mortara

Ministro di grazia e giustizia del Regno d'Italia
Durata mandato23 giugno 1919 –
21 maggio 1920
PresidenteFrancesco Saverio Nitti
PredecessoreLuigi Facta
SuccessoreAlfredo Falcioni

Senatore del Regno d'Italia
LegislaturaXXIII
Sito istituzionale

Dati generali
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
ProfessioneDocente universitario

Biografia modifica

Nato in una famiglia ebraica a Mantova, suo padre Marco era il rabbino maggiore della comunità di Mantova. Avvocato e docente universitario di Procedura civile, a soli trent'anni pubblicò un magistrale pamphlet di politica del diritto: Lo Stato moderno e la giustizia. Questo gli consentì di ottenere nel 1886 la cattedra di Procedura Civile e Ordinamento Giudiziario presso la prestigiosa Università di Pisa.

Fu fra i promotori della riforma del procedimento sommario (Legge n. 107/1901) e redasse il decreto di attuazione.

Da quel momento incominciò una nuova carriera di parlamentare e membro di commissioni ministeriali. Nel 1919-1920 divenne ministro della giustizia con il primo governo Nitti.

Chiamato in magistratura per "meriti insigni", divenne membro della Corte di Cassazione e, successivamente, Primo Presidente della Corte d'appello di Ancona, Procuratore Generale a Palermo e, infine, Primo Presidente della Corte di Cassazione di Roma, incarico che tenne fino al 1923, quando il neonato regime fascista gli impose il pensionamento anticipato, con il pretesto di realizzare proprio quella Cassazione unica che egli sognava da poco meno di trent'anni.

Insieme con lui fu collocato a riposo anche il suo fedele amico Raffaele de Notaristefani di Vastogirardi, presidente dell'Associazione magistrati fino al 1922 e procuratore generale del re d'Italia presso la Corte di Cassazione.

Attività giuridica modifica

Come magistrato, Mortara si occupò di ogni sorta di controversie; sono rimaste giustamente famose, ciascuna nel proprio ambito, la sentenza del 1922, in cui affermò l'incostituzionalità di un decreto del governo Mussolini, e quella che, durante la sua presidenza di Corte d'Appello di Ancona, decise sulla richiesta di dieci maestre di Senigallia di riconoscere alle donne il diritto di essere iscritte nelle liste elettorali[1]. Egli ragionò molto sul diritto delle donne a essere incluse anche nel tessuto politico, nonostante i pregiudizi dell'epoca, con considerazioni che sono ancora di estrema attualità"[2].

Alla sua attività parlamentare e di accademico membro di commissioni ministeriali si deve una ricca attività riformatrice, in cui si segnalano, in particolare:

Massone, fu membro del Grande Oriente d'Italia e, nel 1920, del suo Supremo consiglio del Rito scozzese antico ed accettato[5].

Opere modifica

(parziale)

 
Istituzioni di procedura civile, 1922

Onorificenze modifica

Note modifica

  1. ^ Marco Severini, Dieci Donne, su liberilibri.it, liberilibri, 2012 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2016).
  2. ^ Giovanni Ziccardi, Il diritto (pro e contro) e le maestre di Senigallia che ottennero il voto nel 1906, su 27ª ora.corriere.it. URL consultato il 26 maggio 2016.
  3. ^ http://www.questionegiustizia.it/articolo/il-giudice-delle-donne_10-06-2017.php
  4. ^ Piero Chiara, Il pretore di Cuvio, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1973.
  5. ^ Luca Irwin Fragale, La Massoneria nel Parlamento. Primo novecento e Fascismo, Morlacchi Editore, 2021, p. 238.

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Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN24591230 · ISNI (EN0000 0000 8102 7723 · SBN RAVV071211 · BAV 495/237610 · LCCN (ENn93101437 · GND (DE120921200 · BNF (FRcb104459847 (data) · J9U (ENHE987007281111905171 · CONOR.SI (SL31413603 · WorldCat Identities (ENlccn-n93101437