Museo archeologico Sigismondo Castromediano

museo italiano

Il museo "Sigismondo Castromediano" è un museo archeologico di Lecce, dotato anche di una piccola pinacoteca e di un lapidario.

Museo archeologico "Sigismondo Castromediano"
Facciata del Museo
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàLecce
Indirizzoviale Gallipoli, 28
Coordinate40°20′49.65″N 18°10′13.84″E / 40.347126°N 18.17051°E40.347126; 18.17051
Caratteristiche
TipoArcheologia
Istituzione1868
FondatoriSigismondo Castromediano
ProprietàProvincia di Lecce
Visitatori15 061 (2022)
Sito web

Descrizione modifica

È il museo più antico della Puglia[1], fondato nel 1868 da Sigismondo Castromediano, duca di Cavallino; conserva numerose testimonianze della civiltà messapica e degli insediamenti romani. Nella sezione preistorica è stata ricostruita la Grotta dei Cervi di Porto Badisco, con interessanti pitture rupestri.

 
Interno

Nella pinacoteca sono esposti dipinti che documentano gli influssi bizantini e veneziani sul lavoro degli artisti locali, dal medioevo fino al XVIII secolo (opere di Lorenzo Veneziano, Alvise Vivarini, Bartolomeo Vivarini, Paolo Finoglio, Pacecco De Rosa, Agostino Beltrano, Giovanni Andrea Coppola, Antonio Verrio, Andrea Malinconico e il figlio Nicola, Corrado Giaquinto, Francesco de Mura e Oronzo Tiso). Una sezione è dedicata alle cosiddette arti minori: ceramiche, vasellame, avori, bronzi e argenti di età barocca.

Dopo la morte del duca Castromediano, il museo fu lasciato in balia di se stesso e molti reperti conservati al suo interno andarono ad arricchire altri musei d'Italia, tra cui quello di Taranto, che col tempo si ingrandì al punto tale da diventare museo nazionale, a scapito del più antico museo di Lecce, che rimase sempre Museo provinciale. Da diversi anni, comunque, ha accresciuto notevolmente il proprio prestigio, specie per via dell'inaugurazione di un padiglione dedicato al grande tenore leccese Tito Schipa, famoso nel mondo.

Note modifica

  1. ^ Ettore M. De Juliis, Archeologia in Puglia, Adda, 1983, p. 3. URL consultato il 22 gennaio 2018.

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Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN139651061 · ISNI (EN0000 0001 2169 8135 · BAV 494/42182 · ULAN (EN500301264 · LCCN (ENn84013372 · GND (DE1221892-3 · BNF (FRcb13619029q (data) · J9U (ENHE987007604860305171 · WorldCat Identities (ENlccn-n84013372